BELLUNO Centocinquantatre anni fa, il 3 marzo del 1867, era di domenica, giunse a Belluno (lo ricorda il pregevole libro “Belluno” dello scomparso Piero Rossi, stampato dalla tipografia Piave nel dicembre 1977 per conto di Tarantola libraio editore) il generale Giuseppe Garibaldi. Ecco cosa scriveva Rossi: “Il famoso condottiero, il cui mito era assai vivo, anche presso le classi popolari moderate, giunse a Belluno nel 1867, in occasione della campagna per le elezioni politiche (venne eletto deputato a Mantova). Per comprendere l’esasperata nota anticlericale, non dimentichiamo che siamo a tre anni dall’emanazione del ‘sillabo’ di Pio IX (in cui si fulmina l’anatema contro chi affermi che ‘il romano Pontefice può e deve riconciliarsi e venire a composizione col progresso, col liberalismo e con la moderna civiltà”) ed alla vigilia della sfortunata spedizione di Mentana, stroncata dal solito intervento straniero”. Pubblicava quindi, Rossi, con la Tipografia Deliberali Belluno, un manifesto contenente “Parole dette dal generale Garibaldi ai bellunesi il giorno della sua venuta a Belluno, 3 marzo1867”. Eccole: “Avevo desiderio di vedervi e di porgervi un saluto. Sono veramente contento oggi di aver soddisfatto quel desiderio, di salutare questa forte popolazione delle Alpi. Voi siete certamente un baluardo dell’Italia, i suoi guardiani: voglio dire guardiani delle Alpi ossia guardiani delle porte d’Italia. L’Italia conta su di voi. Sa essa di contare su forti figli e valorosi ed addestrati alle armi. I giovani che non lo sono ancora si addestrino; ben sapete quanto è necessario per un popolo indipendente essere addestrati alle armi. Io sono oggi veramente fortunato di trovarmi fra voi! Quando vi dico forti figli delle Alpi, ve lo dico con un tantino d’orgoglio, perché sono figlio delle Alpi anch’io (vivi applausi). Veggo tra voi tanti valorosi volontari e certo sarete un dì tanti quanti il paese ne avrà bisogno (sì, sì prolungati). Al fianco del nostro prode esercito faremo valere i diritti del nostro paese. Oggi finalmente siete raccolti nella grande famiglia da cui foste da tento tempo indebitamente staccati voi che ne siete la parte sì degna. (una voce: è Roma?). Roma! Sì andremo a Roma! Roma è roba nostra (vive acclamazioni. Un’altra voce: Ma i preti?). Dei preti ne discorreremo poi. Vi ripeto Roma è roba nostra. Con uomini come voi la roba nostra ce la faremo restituire dai ladri che ce l’hanno tenuta da tanto tempo (applausi). Circa i preti poi vi dovrete regolare mandando dei buoni deputati al parlamento i quali lasciando da parte gli interessi individuali propugnino interamente quelli nazionali. (una voce: ma i paolotti?), I paolotti? Il diavolo se li porterà via (ilarità). Dirò a quei Signori che vogliono dare degli inutili milioni ai Monsignori e Cardinali che quei milioni li destinino alla povera gente che ha bisogno di pane. Chi vuole Monsignori e Cardinali che se li pigli, noi gli saremo molto grati. I milioni dell’Italia fanno bisogno agli interessi del paese e non si devono dare a quella gente oziosa. Adunque al parlamento nazionale mandate uomini che vogliano gli interessi nostri e della nazione nostra. Con quelli si scioglieranno tutte le questioni dalle quali dipendono le sorti e l’avvenire della nazione. Ve lo ripeto, sono fortunato di trovarmi con voi, e vi saluto”. Va ricordato inoltre che l’indomani dell’incontro con i simpatizzanti bellunesi, Garibaldi si trasferì a Feltre per un partecipato comizio in favore del candidato Filippo De Boni che peraltro non risultò eletto. A corredo di questi scritti, Piero Rossi affiancava una fotografia dell’“eroe dei due mondi”con questa dicitura che comprendeva un fatto curioso: “Piazza Vittorio Emanuele. Il Garibaldi dell’insegna della farmacia Perale. Nei momenti più tetri dell’occupazione nazista, una notte mano ignota tracciò, sotto, la patetica invocazione: ‘Bepi salta fora!’, a riprova del significato che la leggenda del popolare Eroe ancora aveva tra gli umili e gli oppressi”. Dal canto nostro riportiamo, in chiusura, il testo scritto nella lapide di Palazzo de Bertoldi, nella piazza del Duomo, che ricorda la visita fatta da Garibaldi a Belluno: “Giuseppe Garibaldi/ festeggiato dai bellunesi il dì 3 marzo 1867/ nel sindaco Jacopo de Bertoldi/ la città onorando/ questa casa ospitò”. Non dimentichiamo, infine, che, poco lontano, su Palazzo Piloni, dal 1960, con una lapide “La Provincia di Belluno fra i mille di Giuseppe Garibaldi che il 5 maggio 1860, fidenti incontro alla vittoria salparono da Quarto ricorda con orgoglio e amore Castellaz Antonio da Gosaldo, Corona Marchi Marco da Forno di Zoldo, Curtolo Giovanni da Feltre, De Bon Giacomo da Feltre, De Col Giuseppe Francesco da Feltre, Miotti Giacomo da Feltre, Piva Luigi Isidoro da Gosaldo, Pezzè Giovanni Battista da Alleghe, nel primo centenario dell’impresa gloriosa a tener vivo nelle generazioni col ricordo di epiche gesta il culto della libertà”.
NELLE FOTO (sito liberliber.it e Renato Bona): Garibaldi a Mentana dal libro “Memorie” di Ernesto Nathan; dipinto murale dell’”eroe dei due mondi”; l’edificio della famiglia Perale con il volto di Giuseppe Garibaldi; Casa de Bertoldi in Piazza Duomo dove il nostro fu ospitato; la lapide che ricorda la storica visita; quella che a Palazzo Piloni rende omaggio ai “garibaldini” bellunesi nel centenario della partenza dei Mille da Quarto.