DA DANIELE RICEVIAMO E VOLENTIERI PUBBLICHIAMO
SOMOR , vuol dire SOM ( cima ) OR (orlo) quindi in cima all’orlo. E mai nome fu così azzeccato, infatti se ci si presenta a Somor per guardar giù , si vede come un vuoto, un salto di 300 metri ,sotto c’è la piana. Quell’autunno era stato particolarmente piovoso e tutta la settimana precedente quel 4 novembre le piogge si erano intensificate tanto da rendere molle il terreno in ogni dove. I torrenti si erano ingrossati e rumoreggiavano, per ogni dove nascevano rigagnoli,ruscelli,torrentelli mai visti prima a memoria d’uomo. Poi la notte tra il 3 ed il 4 novembre caderono 40 centimetri di neve bagnatissima e pesante. Al mattino del giorno fatidico, da Falcade Alto, vedevo la piana di Falcade colorata di bianco e la pioggia non cessava di caderci sopra ed un vento caldo avvolgeva il tutto e la neve si scioglieva rapidamente. La gente si chiedeva: cosa sta succedendo?? La gente era inquieta come pure gli animali. Poi verso mezzogiorno uno sguardo sulla piana e la vidi color verde scuro, il tipico colore dell’erba autunnale: La neve si era sciolta tutta!!! Noi ragazzi giravamo avanti indietro per la piazza, non eravamo tranquilli…poi alle 16.20 un boato.(non so se l’ora è giusta) Rapidamente corremmo verso l’arrivo della mulattiera “de San Bastian” all’inizio della piazza ,di fianco alla chiesa e vedemmo acqua, fango, legni, travi ,scendere , ruzzolare, precipitare verso il basso a poche decine di metri da noi. La visibilità era scarsa , il cielo sempre nero , pareva fossimo due ore più avanti ,quando scende la sera. Giù la piana oramai aveva il colore del fango , era un lago di acqua e fango!! Aveva cambiato colore 3 volte in 12 ore!!! Lampi ,tuoni,tuoni e lampi incessantemente, poi uno sguardo in su, verso Somor: Non vedevamo più il profilo abituale delle costruzioni ma dei vuoti.. Dei vuoti spaventosi che ci fecero capire che qualcosa di GRAVE era accaduto ,ma cosa??? Con un mio amico andammo subito in chiesa,una preghiera veloce ognuno per conto suo..ognuno pensando..che stavamo arrivando forse alla fine del mondo. Poi, con altri due amici, ci avviammo,quasi correndo su per la mulattiera che porta al Casélo e poi, riflettendo ,ci incamminammo su per i Ganz verso Costa. Arrivati sotto alla casa dei MORI, decidemmo di tagliare , di attraversare in direzione di Somòr, per i prati, qua e là coperti dalla neve che non si era ancora sciolta. Lampi,tuoni,saette, poi il buio Poi ancora lampi,tuoni,saette, poi ancora il buio. Si scivolava tantissimo. Folate di vento caldo ci sferzavano e gli ombrelli oramai rivoltati e rotti, inservibili,li abbandonammo alla prima occasione. Col fiato in gola, con l’incoscienza dell’età, procedevamo a fatica, quando, all’improvviso,comparve prima una voce disperata e poi un uomo, correva scivolando, si reggeva a fatica sulle braccia e sulle gambe,non stava in piedi e poi scomparve assieme alle sue grida disperate, veniva dalla direzione dove eravamo diretti. “ Mia cognata..mio nipote “disse piangendo disperato..”non ci sono più!!!!!” e gridava i loro nomi!!! Che noi conoscevamo!! Cosa ,cosa è successo?!!?? Chiedemmo. Non ci rispose scomparendo nel buio verso giù, verso Falcade Alto. Ci guardammo prima indecisi, poi ancor più motivati a proseguire verso..verso l’ignoto. Si sentiva solamente la violenza degli elementi. Vedevamo alberi interi spostarsi lungo il Biois ,che scendeva dalle Fratte ,che poi si inclinavano e stramazzavano al suolo senza rumore, perché era più assordante quello dei torrenti impazziti e dei tuoni. Non capivamo in che punto di Somor stavamo arrivando..stavamo vicinissimi, per aiutarci a vicenda..non si vedeva nulla.. Un poco alla volta ci avvicinammo alle prime case..e a quello che restava da questo disastro..i nostri piedi affondavano nel fango come nelle sabbie mobili..uno stivale restava intrappolato..poi l’altro..poi ci ritrovammo coi piedi bagnati , che schiacciavamo acqua e melma dentro di loro . Un forte odore mai sentito prima , di polvere ,di fieno, di qualcosa di indefinibile ci accolse, mentre si passava dal buio più intenso al chiarore intenso di lampi e saette che ci facevano vedere per attimi dove eravamo e la valle sotto ,laggiù lontano ,che si illuminava tutta. Ci trovammo davanti ad un torrente, e non capivamo perché. Perché li mai c’era stato un torrente, e perché ora si?? Decidemmo di passarlo..oramai più bagnati di così!!!! E ci trovammo sopra alte macerie e più per istinto che per conoscenza di dove eravamo ci siamo spinti ancora più verso il paese. Poi capimmo che stavamo scendendo sulla piazza..ma la piazza non c’era più, era tutta coperta da sassi, il piano naturale era molto più in basso sotto ai nostri piedi. Buio, silenzio, non una anima viva,solo le nostre voci. Non sapevamo ancora che stavamo camminando vicino a dei corpi esanimi e vicino a dove qualche minuto prima c’erano delle persone vive. Ci voltammo verso la strada che arriva sulla piazza da sotto. Tra i due fienili sentimmo sui visi che i fili della luce dondolanti ci venivano contro e con un certo rispetto ci tenevamo distanti, ma erano innocui oramai, purtroppo. Scendemmo più giù e ci rendemmo conto che mancavano della case, terribile ,e mentre col fiato sospeso pensavamo sul da farsi, sentimmo delle grida di aiuto venire da una abitazione di fronte a noi. Uno stretto sentiero, o almeno così ci pareva, in quanto i detriti lo vevano praticamente coperto, portava verso una casa, arrampicata sul pendio, da dove provenivano stanche e confuse grida di aiuto. Ma la casa era al di là del torrente che noi avevamo precedentemente e faticosamente attraversato!!! Ci avviammo con prudenza tenendoci con le mani su tutto quello che ci pareva di solido e sicuro. Passammo sotto la casa di Scola Celeste, di cui oramai rimanevano solo le fondamenta e con un enorme masso appoggiato sopra, in bilico che si illuminava minaccioso ad ogni lampo. Quell’enorme masso, che era uscito dal cuore della frana,era forse stato il peso in più che ha fatto staccare quell’enorme quantità di materiali che hanno dato origine a quel disastro. Da quella casa erano stati spazzati via, poco prima, il giovane Luca con sua mamma. Attraversato il torrente ci siamo trovati in equilibrio precario sulla soglia della casa di Ganz Giorgio (pitor). Orazio e Giovanni entrarono . Io con Fabio restai in attesa sulla soglia, lambita dall’acqua che scendeva fragorosamente, la stessa soglia dalla quale da pochissimo , la frana aveva strappato la giovane Silvana, che stava cercando di non far entrare l’acqua in casa, pulendo con la scopa,e gettandola 200 metri più in basso. Aperta la porta ci accolse il profumo della cena che stavano preparando,e mi si appannarono gli occhiali dal calore che ne uscì. Lunghi ed interminabili minuti ci tennero bloccati li, tra casa e torrente, senza proferire parola, con un turbinio di pensieri che ci passavano per la mente. I lampi, l’enorme masso che sembrava muoversi ad ogni tuono, eravamo in un mondo terribile e sconosciuto. Da dentro la casa ,pervasa da paura e dolore,dopo lunghi ed interminabili minuti, uscirono le sorelle di Silvana (Giorgia e Daniela , costrette a letto dalla tosse canina, e forse è questo che le ha salvate),portate a spalla da Giovanni e Orazio ed a piedi la loro mamma che prendemmo ,Fabio ed Io ,sottobraccio ,per andare verso la salvezza, verso la zona ad est del paese. Al passaggio del torrente, in tre abbracciati, non so che successe ,ma trattenni a lungo il respiro: l’equilibrio ci stava abbandonando!! E sotto c’era il vuoto. Poi ,non so come ,ci siamo ripresi e con l’ultimo sforzo siamo arrivati li, sotto i fili della luce pendenti, tra i due fienili intatti, eravamo salvi. Ci spostammo verso la casa ed il fienile dei Fasan, che apparve subito un luogo sicuro e fuori dalla portata di altre possibili frane. Entrati tutti e cinque con la Bettina e Giorgia e Daniela nella stalla, li vi trovammo altre persone con superba fierezza di fronte alle avversità e una gran confusione di argomenti tutti imperniati sulla disperazione, il dolore, sula ricerca di informazioni di chi c’era e di chi mancava all’appello. El Giorgio Pitor, in visibile stato di sgomento annunciò: MANCANO ALL’APPELLO 12 PERSONE!!!! Sua cognata venne sottratta viva il giorno seguente dalle macerie della sua abitazione, aveva passato quella notte da incubo, da sola bloccata nella casa distrutta. Noi, consci che altro non potevamo fare, decidemmo di incamminarci verso casa e ritornare a Falcade Alto. Assolutamente non dovevamo ritornare sul percorso fatto ora che sapevamo come era la situazione, e quindi ci incamminammo in su dritti verso i prati a campi che stavano sul retro dei fienili , per aggirare la frana in quanto avevamo capito che si era staccata poco a monte del villaggio stesso. Attraversando un campo di patate gli stivali affondavano nella terra diventata poltiglia, e bloccava il passo, obbligandoci a deviare e salire ancora fino dove il terreno diventava meno ripido. Attraversammo in direzione di Costa, scivolando sul terreno bagnato e coperto qua le là da neve, ruzzolavamo nel buio aspettando i lampi per orientarci e vedere la direzione da seguire. Poi giungemmo a Costa di mezzo. Li trovammo Don Igino Serafini, che si era arrampicato appena dietro di noi a Somor, seguendo un altro percorso e giungendo più a monte, giusto di fronte alla casa di Antonio Giaier (Tone Giaier), che era stato scaraventato lontano dalla furia della frana che gli aveva fratturato una gamba. Lui lo aveva caricato in spalla e trasportato fino li, e si stava riposando su una panca davanti alla casa, chiesi ad Antonio, come va? Lui molto sereno , senza dimostrare sofferenza , mi rispose da sotto i suoi baffoni: Va come Dio vuole, ho un poco male ad una gamba ma non preoccupatevi. Giovanni ed Orazio se lo caricarono in spalla e partirono verso giù lungo la mulattiera verso Falcade Alto. Io restai li solo con Don Igino. Mi sentivo imbarazzato, sai lui il prete del paese, io un ragazzino .. Ci incamminammo verso giù e mi disse: Questa sera Somor verrà spazzato via, neanche finita la frase, un boato e delle vibrazioni seguirono le sue parole. Praticamente pensammo ad altre distruzioni…ad altre morti.. e con questo tristissimo pensiero ci avviammo alle rispettive abitazioni. Giunto in casa , dopo aver assorbito una buona dose di rimproveri, dove si erano rifugiati dei parenti che avevano abbandonato le abitazioni dei Falcade Alto, che più erano esposte ,informai dell’accaduto: Un Rosario malinconico Incominciò ad invadete l’ambiente…e Giunse il mattino. La temperatura era scesa durante la notte sotto lo zero ed erano caduti 10 cm di neve fredda. Ecco questo, per me era il segnale che , da questo momento il pericolo era passato definitivamente. Salii a Somor. Tutto era coperto da una coltre bianca, come per lenire la sofferenza e per abbracciare quello che c’era rimasto sotto di essa: Macerie, cadaveri olore. C’era un gran andirivieni , per cercare i vivi, i morti ,i dispersi. Mi venne incontro Bruno,pallidissimo , disse venite venite ,faceva fatica proferire le parole. Appena sotto ai due fienili coi fili della luce penzolanti, giusto dove finiva l’asfalto e cominciavano i detriti della frana, mischiata a sassi e terriccio e con la neve caduta, spuntava un berretto che copriva dei corti capelli biondi. Era Stefano , che scappando era stato colpito da un sasso su una gamba che lo aveva intrappolato li,coperto di detriti, con solo una parte del capo rivolto verso il basso fuori ,alla luce, alla vita che gli era scivolata via per pochi centimetri. Ci vollero pochi minuti per liberarne in corpo esamine e consegnarlo alla nonna che da ore girava disperata in ogni dove chiamandolo e chiedendo se lo avevano visto: un vero strazio. Il giorno stesso venne fatto evacuare Somor,decisione presa dall’ansia di quei momenti in cui non sai mai bene quale sia la cosa più giusta da fare decisione che ha aggiunto dolore a chi ne aveva già troppo. Chi a piedi, chi portati in spalla , chi sulle ridole, quelli che avevano problemi a camminare, una lunga fila indiana si incamminò verso le Coste di Canes. Il ponte del Rif de Valfredda non c’era più, immaginate come fu avventuroso ed anche pericoloso passare da una sponda all’altra, tra autorità in divisa e non , chi diceva una cosa e chi il contrario.. Giungemmo finalmente alle Coste. E li chi trovammo? Una altra processione di persone che saliva da Falcade Basso , spaventata perché avevano messo in giro la voce che la diga del Cavia sarebbe crollata spazzando via Falcade… Una grande fossa comune fu preparata nel cimitero di Falcade,per 10 bare, mancava la undicesima, non si trovava il corpo del (Tinoto ) Ganz Valentino. Nemmeno coi cani si era riuscito a trovarlo. Cercarono ovunque e finalmente a primavera lo trovarono suo fratello Giorgio e il figlio Gianpietro, e dove? Coperto da uno strato di fango, nella “era” del suo fienile proprio li, a
Somor, a pochissimi metri da casa sua, solo il dito mignolo era visibile e venne sepolto nei giorni di Pasqua dell’anno dopo