Il 25 dicembre 1808, la domenica di duecentodieci anni fa, nasceva a Pescul di Selva di Cadore, in provincia di Belluno, da famiglia originaria di Zoppè di Cadore, Natale Talamini che sarebbe divenuto insegnante di scuole superiori, ecclesiastico, poeta, scrittore. Il 6 aprile 1876 nella casa natale di Pescul, tra il compianto del Cadore, cristianamente moriva ed il 10 aprile veniva tumulato nel camposanto dei padri là dove una lapide dice tuttora: “Qui riposa a fianco dei suoi cari Natale Talamini e l’ossa fremono amor di Patria” con l’ultima riga che era usata ai tempi di Napoleone dal poeta Ugo Foscolo nel carme “I Sepolcri”. Sulla scorta di “Selva di Cadore. Notizie storiche” il prezioso ed ormai quasi introvabile libro finito di stampare il 15 novembre 1943 (ristampato nel 1983) coi tipi della Tipografia editrice Trevigiana, autori G.M. Longiarù e L. Nicolai, annotiamo che Natale entra nel seminario di Udine nel 1824; nel 1832 celebra la prima messa nel villaggio nativo e nei due anni seguenti insegna lingue orientali nel seminario udinese. Licenziato dal seminario il 16 ottobre 1838, dopo tre anni di tirocinio e relativi esami, è nominato professore alla cattedra di umanità nell’I.R. Ginnasio di S. Procolo a Venezia dove insegnò fino al 1849. Ancora da Longiarù-Nicolai: “…Negli ultimi anni del suo insegnamento si maturavano in Italia grandi cose. Nel ’46 viene eletto papa Pio IX, il ’47 è l’anno delle riforme, il ’48 è l’anno della riscossa. A Venezia viene costituito il governo provvisorio, Don Natale non dimentica il suo Cadore e dallo stesso governo ottiene che a Pieve fossero inviate armi e, al 17 aprile, un capitano. Quel capitano fu P.F. Calvi”. Riferito delle vicende eroiche della lotta di liberazione e dell’atteggiamento del clero (“fu di moda per troppi anni incolpare il clero di servilismo allo straniero e di antipatriottismo. E i gonzi ci cedettero”) i due autori non trascurano di riferire che “Caduta Venezia, Don Natale tornò al paesello nativo e si chiuse in un silenzio che significava lutto. La polizia però non lo dimenticava e lo perseguitò per due anni; finalmente lo arrestò a Pescul l’agosto del 1851 … Dalle carceri di S. Severo di Venezia nel gennaio 1852 passò nella fortezza di Legnago e vi restò fino al maggio ’53, Poi fu condotto a Palmanova dove giacque altri nove mesi: in tutto trenta mesi di durissima prigionia che gli fiaccò il fisico e gli indebolì il vigore mentale. Nel’54 il poeta usciva dal carcere e si ritirava a Borca di Cadore a fare da padre ed educatore ai figli del fratello Santo, morto l’anno prima. Finalmente tempi migliori. Il 24 luglio 1866 mentre gli austriaci abbandonavano col Veneto anche il Cadore, il Municipio di Pieve inviava a tutti i Comuni del Cadore una circolare, nella quale si invitavano autorità e rappresentanze a un’adunata storica. Toccò proprio a don Natale “pronunciare un discorso pregno di amor patrio e di entusiasmo” nel quale fra l’altro sottolineava che “i figli del Cadore dall’epoca del 1796 al 1866 cioè dopo 70 anni di servaggio straniero salutano novellamente la bandiera della nazionale indipendenza e si raccolgono ancora fra queste mura per formare un corpo e una famiglia sola… Guardiamo il passato, misuriamo il presente e prepariamo l’avvenire. La fedeltà fu sempre la divisa del cadorino e piuttosto che mancare di fede, anteposero i padri nostri di abbandonare al saccheggio ed all’incendio le proprie case, ricoverandosi per anni fra le foreste ed i burroni e fu appunto per la eroica fedeltà loro che Venezia inscrisse nel libro d’oro i poveri abitanti del Cadore; la fedeltà dunque patrimonio dei padri nostri, sia la nostra divisa per meritarci un nome e sorti migliori. Sul vertice pertanto delle Alpi innalziamo la bandiera nazionale, scriviamo sulla medesima: Fedeltà ed Unione…”. In questa rivisitazione della figura di don Natale Talamini non possiamo non richiamare l’articolo, decisamente controtendenza, di don Floriano Pellegrini che il 2 agosto 2014 scriveva: Come poeta aveva quelle particolari doti che attirano le simpatie del popolo minuto e spiccio di parole; come patriota italico, sbandierava il sogno della libertà sotto la corona dei Savoia, senza accorgersi di coltivare il peggior fungo velenoso alle libertà e alle indipendenze dei Popoli italici, che fosse mai sorto sulla penisola; come sacerdote (che per lui doveva essere il più) lo si ricorda solo perché, tracciandone un profilo biografico, non si può farne a meno. Quale altoparlante in Cadore degli slogan di Casa Savoja & C., Don Natale venne eletto deputato. Allora, dal sogno passò alla realtà. E si trovò ad essere espulso dalla Camera dei deputati che aveva sognato. La goccia che fece perdere la pazienza al Talamini fu il dover ammettere (forse prima a sé stesso che agli altri) ch’era stato gabbato ben bene, sicché, al termine d’un suo discorso alla Camera, novello Savonarola, parlò chiaro e tondo: «Questo devo dirvi: date al popolo più pane e a lor signori meno puttane». E la Massoneria italiana lo espulse da quel suo tempio laico, talmente laico da non essere dichiarato a suo tempio! Sia quel che sia, il suo discorso del pane rubato dallo Stato alla mensa dei poveri e di certe, dubbie intimità con salvacondotto parlamentare, potrebbe essere ripetuto oggi”. Concludiamo con una citazione dello storico Antonio Ronzon che di Talamini ha scritto: “… Lottò e vinse sempre per il bene di tutti, per il grande principio dell’unità, colla fede d’un martire, colla virtù di un giusto, coll’onestà e col disinteresse del più grande gentiluomo che abbia mai visto l’Antelao”. Ed una di Piero Cocconi che richiama il testo della targa che Borca di Cadore ha dedicato a Talamini: “Don Natale Talamini intemerato sacerdote di Dio, della Patria, storico sagace della Comunità Cadorina, estremo difensore, poeta, maestro insigne, per affrettare i destini d’Italia patì persecuzione e carcere 1808-1876. Il Comune di Borca vuole che nell’Italia vittoriosa duri con le memorie l’esempio”, NELLE FOTO (riproduzioni da “Breve storia del Cadore” di Giovanni Fabbiani, tipografia Piave Belluno 1977, e da “Selva di Cadore. Notizie storiche” di G.M. Longiarù e L. Nicolai, disegni S. Delneri, Tipografia Editrice trevigiana 1943): il prof. don Natale Talamini; il primo deputato eletto per il Cadore in un dipinto della metà dell’800; copertina e pagine del libro su Selva. Al centro della panoramica la casa natale di Talamini; lavori di Ronzon; la targa di Borca e dalla personale raccolta di Elio Monico la foto-ricordo del cinquantenario della morte di don Natale Talamini nel 1926. In prima fila seduti, da sinistra, si riconoscono Costantino Chizzolin (Tino Monek), Ettore Buogo Ziger, Amedeo Lorenzini. Fra gli altri si notano Attilio Cazzetta, Vittorio Lorenzini, Romolo Del Zenero. Le celebrazioni furono solenni in tutto il Cadore: nelle chiese cadorine si ricordò Don Talamini il 6 aprile, mentre il 6 luglio successivo si tenne a Santa Fosca, con discorsi e rappresentanze, la solenne cerimonia civile. La Magnifica Comunità di Cadore provvide anche a collocare un busto di don Natale nel Palazzo della Comunità a Pieve di Cadore.