TAIBON Con questo ultimo contributo si chiude la settimana dedicata al ricordo di Peppino Impastato vittima innocente di mafia, giornalista radiofonico, editore radiofonico d’inizio era delle radio Libere. Con orgoglio abbiamo dedicato il nostro tempo e spazio a questa vicenda umana. Il grazie a Gianni Santomaso per coma ha saputo proporre la storia di Peppino coinvolgendo le nuove generazioni. Il palinsesto di Radio Più ne è uscito rafforzato dall’onda di storia, emozioni e ricordi.
GLI ARTICOLI DI GIANNI SANTOMASO
All’intitolazione di piazzale Tamonich il sindaco Da Roit invita i giovani a «scegliere la verità rifuggendo costumi mafiosi»
«Impastato sia esempio di vita per tutti»
AGORDO. «Portatevi dentro il nome di Peppino Impastato e di tutte le vittime innocenti delle mafie. Ricordatevi di loro quando dovrete fare delle scelte. Ne va della nostra vita, della nostra felicità e del nostro futuro». Con queste parole pronunciate ieri mattina in occasione della cerimonia di intitolazione del parcheggio di Tamonich al giornalista ucciso dalla mafia, il sindaco di Agordo, Sisto Da Roit, ha affidato ai ragazzi dell’Istituto Follador e della media Pertile di Agordo un compito: quello di perpetuare nei loro comportamenti quotidiani la memoria del giovane di Cinisi ammazzato da Cosa Nostra nella notte tra l’8 e il 9 maggio 1978, il suo impegno contro le mafie, in difesa della libertà, della conoscenza e della giustizia sociale. «Se la mamma di Peppino, Felicia Bartolotta», ha detto Da Roit, «diceva che la mafia si combatte con la cultura e la conoscenza, significa che la mafia è uno stile di vita, un modo di comportarsi che va oltre la violazione delle leggi e della libertà. Ma una cultura», ha continuato il sindaco, «si combatte con un’altra cultura. È lo studio che ci permette di diventare donne e uomini liberi. È la conoscenza che ci permette di capire quello che sta succedendo e quindi di scegliere di conseguenza. È lei lo strumento per esplicitare la nostra libertà che oggi abbiamo anche grazie ai sacrifici di persone come Peppino Impastato. Per queste ragioni abbiamo deciso di intitolare a lui questo posto di cultura in quanto vicino alle scuole superiori, medie ed elementari». Alla cerimonia sono intervenuti anche Michela Morini del Coordinamento provinciale di Libera e i dirigenti scolastici del Follador, Paolo Giovanni Zanin, e del comprensivo, Bernardino Chiocchetti. «Da una recente indagine dell’Istat», ha detto quest’ultimo, «risulta che il 25% degli italiani giudica la corruzione un fatto naturale e inevitabile, un terzo ritiene inutile la denuncia per corruzione. Nel Nord-Est il 66% parte dal presupposto che sia controproducente effettuare la denuncia. Una manifestazione che ricorda le vittime innocenti delle mafie e in particolare Peppino Impastato è dunque doverosa per cercare di arginare questo malcostume». Un malcostume che in Veneto c’è, come ha ricordato Michela Morini agli alunni delle classi quarte del Follador, citando il boss dei casalesi Mario Crisci che spiegava il perché della penetrazione delle mafie in regione (“qui il tessuto economico non è così onesto, il margine di guadagno era buono, perché la gente non ha voglia di pagare le tasse”). Un quadro che avvalora il pensiero del sindaco per cui quella contro la mafia è in primis una battaglia culturale e di comunità.«Nessuno di noi è immune dall’assumere comportamenti mafiosi», ha detto Da Roit, «qualche tempo fa ero a Marghera con altre persone e a un semaforo abbiamo visto delle donne vestite con i costumi nordafricani. Uno di quelli che erano con me ha detto: “Li brucerei”. Subito ho pensato come potesse dire quelle cose senza conoscere nulla, però ho taciuto perché non avevo voglia di intavolare discussioni. Ho sbagliato. Il silenzio e l’omertà sono comportamenti mafiosi. Dire “non mi interessa”, voltarsi dall’altra parte sono comportamenti mafiosi. Peppino Impastato è stato ucciso anche perché la sua comunità accettava questo tipo di comportamenti».
L’autore ha presentato il suo libro “Mafia come M” che parla delle infiltrazioni a Nord Est. Premiati i temi dei ragazzi delle scuole
In 300 all’incontro in sala Tamis con lo scrittore Francesco Trotta
AGORDO. La bussola dell’impegno ha portato circa 300 persone di tutta la provincia in sala “don Tamis” ad Agordo per la serata di giovedì dedicata alle vittime innocenti delle mafie e all’approfondimento della criminalità organizzata del Nord-Est. Approfondimento che è stato offerto ai tanti ragazzi presenti in sala da Francesco Trotta, giornalista e scrittore dell’Associazione Cosa Vostra che ha scritto il libro “Mafia come M. La criminalità organizzata nel nord-est spiegata ai ragazzi”. Con una grande capacità di variazione del registro, Trotta ha saputo catturare l’attenzione dei ragazzi ai quali ha cercato di far capire chi è oggi il mafioso. Non più quello della coppola e della lupara, ma il colletto bianco, il professionista che si presenta con fare suadente alla comunità proponendosi come risolutore di problemi. A piccoli e grandi lo scrittore ha ricordato i crimini orrendi contro i minori (108 le vittime innocenti) di cui si è macchiata la mafia e ha concluso ricordando la confisca dei beni all’ex presidente della Regione, Giancarlo Galan, coinvolto nello scandalo del Mose. «Peppino Impastato diceva che la mafia è una montagna di merda», ha chiuso Trotta, «e allora qui in Veneto la classe dirigente veneta, la società civile, gli imprenditori, gli avvocati che fanno affari con le mafie che odore hanno?». Dopo i libri sulle foibe, è quindi “Mafia come M” che l’assessore veneto all’istruzione, Elena Donazzan (che della giunta Galan faceva parte), potrebbe pensare di regalare alle scuole. Durante la serata sono stati premiati anche gli elaborati del concorso letterario sulle biografie di persone che si sono impegnate al servizio degli altri. Oltre 50 i testi che la giuria, formata da Gabriela De Dea e Antonio Bortoluzzi, ha esaminato e che sono arrivati dalle scuole medie di Domegge e Auronzo, di Castion, Sedico e Sospirolo, Agordo, Cencenighe e Canale d’Agordo. Don Pino Puglisi, Rita Atria, Giordano Coffen, Giancarlo Siani, Peppino Impastato, Tina Anselmi, Paolo Borsellino, Giovanni Falcone, Lea Garofalo, Peppino Impastato, Ilaria Alpi, Charles Sumner, Langhston Hughes sono alcuni dei nomi su cui si sono concentrati i ragazzi, ma anche don Bruno Soppelsa, sacerdote bellunese impegnato tutt’oggi in prima persona.
Al centro parrocchiale ieri sera
«Agordo grande capitale civile dell’educazione alla legalità»
AGORDO. «Oggi Agordo è una grande capitale civile dell’educazione alla legalità: grazie all’intitolazione Peppino Impastato vivrà in eterno». Lo ha detto ieri sera al centro parrocchiale di Agordo Beppe Giulietti, presidente della Federazione nazionale della stampa italiana, che, assieme a Monica Andolfatto e Ilario Tancon di Assostampa Bellunese, ha accolto l’invito del Comune, di Libera Belluno e delle scuole a ricordare Peppino Impastato e i giornalisti uccisi dalle mafie e a sostenere quelli che oggi sono sotto scorta (registrazione lunedì alle 20.10 su Radio Più). Impastato era infatti un giornalista che, attraverso la carta stampata e Radio Aut, denunciava e raccontava le attività mafiose a Cinisi e dintorni. È quello che già dieci anni fa in Veneto faceva Monica Andolfatto, cronista del Gazzettino e segretaria del Sindacato giornalisti del Veneto. Per questo è finita nel mirino dei casalesi di Eraclea. A distanza di tempo da quegli articoli in cui raccontava la strana presenza a Eraclea di una colonia di gente di Casal di Principe, Andolfatto ha scoperto che il boss aveva ordinato di spararle. «La mafia si radica nel silenzio», ha detto Andolfatto, «nel fatto che nessuno parla. Il nostro ruolo di giornalisti è quello di illuminare le periferie. Oggi dalle risultanze investigative emerge che si è passati dalle infiltrazioni mafiose al radicamento: 50 arresti metà dei quali di veneti doc che sapevano con chi avevano a che fare. Mai in Veneto si era arrivati a inquinare un voto amministrativo: dalle carte emerge che il sindaco di Eraclea è stato eletto con i voti della camorra». Tanti i nomi dei giornalisti citati ieri sera tra cui quello di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin per cui ancora si attende giustizia. «Avere intitolato un piazzale a Peppino Impastato», ha concluso Giulietti che ha anche chiesto a Mattarella di nominare senatore a vita don Luigi Ciotti, «vuol dire averne fatto un maestro di legalità, un modello per chi oggi ha 15 anni, un modello che ispira sentimenti positivi di rispetto della persona. Il fratello Giovanni mi ha detto di dirvi che è orgoglioso: vi ringrazia e vi invita a Cinisi».