TAIBON Tre anni fa, un cavo dell’energia elettrica che si spezza per il vento fortissimo, le fiamme in un attimo hanno divorato ettari di bosco e per giorni il patrimonio boschivo tra Listolade di Cencenighe e la Valle di San Lucano si è trasformato in cenere e le conseguenze sono ancora visibili. Giorni di fuoco e fumo (fino alla pianura veneta) con un sforzo immane dei Vigili del Fuoco, Volontari della Protezione Civile, Forze dell’Ordine per contenere le fiamme che sono arrivate a pochi metri dalle abitazioni.
Per non dimenticare una foto, di Mara Scola scattata il 24 ottobre 2018 al Parco Bologna di Belluno
24 OTTOBRE 2018 … L’INCENDIO
TAIBON Primo pomeriggio del 24 ottobre 2018, tirava forte il vento fino a rompere (probabilmente) un cavo dell’alta tensione anche se le cause di quell’incendio non sono mai state rivelate, forse valutate. Questa era però l’ipotesi di prima battuta. Le fiamme, al confine tra Listolade di Taibon (galleria) e Morbiach di Cencenighe hanno interessato il bosco, secco, perché non pioveva da giorni. In un attimo si sono diffuse lungo tutto il versante della Pale di San Lucano raggiungendo in serata Forno Val di Taibon Agordino e la chiesetta in Valle di San Lucano mettendo pericolosamente a rischio residenti e infrastrutture. Notevole il lavoro dei vigili del fuoco, impegnati per giorni nel bosco, a bordo strada. Elicotteri e Canadair hanno continuato a fare la spola in mezzo a dense colonne di fumo visibili fino dalla pianura veneta. La cenere, tipo nevicata la ricordiamo ancora, su gran parte della provincia. Giornate terribili, notti di fuoco con due ragazzi bloccati sulle Pale di San Lucano, in un bivacco in attesa dei soccorsi. Oggi ricordiamo quei giorni che precedettero il peggio: l’uragano Vaia. (mm)
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IL FUOCO E L’ACQUA CHE NON TI ASPETTI, di GIULIANA DA RONCH
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TAIBON Era martedì 23 ottobre e me ne stavo seduta sul crinale di una montagna a contemplare la bellezza della mia terra. Armonia ed equilibrio erano ovunque, dentro e fuori di me. Non avrei mai immaginato che nei giorni seguenti le nostre vite fossero travolte da fuoco, acqua e vento, che con violenza hanno completamente stravolto l’ambiente che ci circonda. Mercoledì 24 ottobre nel pomeriggio, nei boschi sopra Listolade, si è scatenato un incendio che, complice la forza del vento e il secco delle carenti piogge autunnali, si è propagato velocemente per molti km, arrivando fin sopra casa mia. Già dal pomeriggio un forte fumo ci impediva di respirare bene e al fumo si è aggiunta una sensazione di insicurezza e ansia. Con lo scendere della notte, è scesa in me anche una forte paura, perché con l’avvento del buio ho potuto rendermi conto della dimensione e della vicinanza delle fiamme che si vedevano alte e vicine alle case. Le Pale di San Lucano sembravano un vulcano in eruzione, di quelli che si vedono alla tv in posti lontani da noi. Quella notte è stata lunghissima, interminabile passata con la paura, il fumo, che era percettibile anche all’interno delle abitazioni, e la consapevolezza che fra l’avere tutto e l’avere niente il filo e davvero sottile. Poi è arrivata anche la tristezza e il magone nel pensare che non stava bruciando solo il versante di una montagna, ma anche una parte della nostra identità. Unica consolazione la presenza costante dei Vigli del Fuoco che sono diventati una presenza fissa sul territorio. Al mattino l’arrivo dei canadair e quando ho sentito il primo alle 7.30 del mattino ho pianto, un pianto liberatorio. Ho pensato che finalmente era finita. Il cielo dei giorni seguenti è stato trafficato da elicotteri e aerei che spegnevano il fuoco e il loro rumore era una consolazione e una sicurezza. Nei giorni seguenti abbiamo invocato la pioggia che scendesse lenta su di noi, sulla nostra terra spegnendo gli ultimi focolai rimasti, lavando l’aria e rigenerando il nostro paese, i nostri pensieri e i nostri corpi. Di sicuro non ci aspettavamo così tanta acqua. Una pioggia prima leggera, poi sempre più forte ha ingrossato torrenti, poi i fiumi fino a farli diventare minacciosi e aggressivi. Non dimenticherò mai l’odore acre di terra mossa che c’era nell’aria la sera del 29 ottobre. L’urlo dell’acqua si è presto unito all’urlo del vento che soffiava fortissimo, come non lo avevamo mai sentito. Dalle finestre si vedeva passare di tutto e le strade comunali sono ben presto diventate torrenti di ghiaia. Dall’interno delle abitazioni abbiamo capito che la situazione era grave, ma la misura di quello che stava succedendo l’avremmo capita solo nei giorni successivi. Poi è sparita la luce e con essa i contatti telefonici e internet. Questa mancanza ci ha reso più vulnerabili e più insicuri e paura e inquietudine sono aumentate rendendoci ancora più fragili. Dopo alcuni giorni di ansia e trepidazione, siamo usciti e ci siamo guardati attorno, attoniti e scoraggiati abbiamo fatto la conta dei danni personali e comunitari. Sono stati giorni di silenzio, di tristezza e della consapevolezza che niente sarebbe mai stato più come prima. Il fuoco, l’acqua e il vento che non mi aspettavo hanno devastato e cambiato la morfologia dei nostri territori e delle nostre anime. La valle di San Lucano che mi si è presentata davanti i primi giorni di novembre non sembrava più la valle che conoscevo. Alberi a tappeto, strade interrotte, ponti e briglie spazzati via dalla furia dell’acqua, disordine e un silenzio tombale mi hanno fatto capire quanto piccolo è l’uomo di fronte alla forza della Natura. Ci sarà molto da lavorare per sistemare la nostra terra e sarà il lavoro di un’intera comunità che in questi tristi eventi si è unita più che mai. Credo che presto salirò sul crinale di qualche montagna, come ho fatto il giorno prima del fuoco. Salirò per trovare l’armonia e l’equilibrio che si trovano solo lassù e dal crinale guarderò la mia terra, la guarderò con occhi nuovi, con gli occhi della speranza e cercherò di vedere tutta la bellezza e le emozioni che ancora sa donarmi. Riportarla al suo splendore è un compito che spetta anche a tutti noi che dobbiamo essere responsabili verso l’ambiente che ci ospita.
GIORNALE RADIOPIU 25 OTTOBRE 2018 DIRETTORE MIRKO MEZZACASA
ESCURSIONISTI BLOCCATI SULLE PALE DI SAN LUCANO
INTERVENTO CONCLUSO, IN SALVO I DUE RAGAZZI
Taibon Agordino (BL), 25 – 10 – 18
Ieri stavano scendeno dal sentiero del Canale della Besausega quando hanno sentito un rombo e in un istante le fiamme erano a 50 metri di distanza. Per mettersi in salvo si sono spostati al centro del canalone roccioso e hanno dato l’allarme. È iniziata così la corsa contro il tempo per portare in salvo Michel e Andrea, i due ragazzi agordini rimasti bloccati nel pomeriggio dall’incendio divampato sulle Pale di San Lucano. Alle 21.30 circa una squadra del Soccorso alpino di Agordo e dei Vigili del fuoco, con un carico di attrezzatura e respiratori, è partita dalla parte di Cencenighe da Pradimezzo ed è salita fino a Malga Ambrosogn per poi arrivare al Bivacco Bedin alle 6, dopo 1.400 metri di dislivello. I due ragazzi dovevano trovarsi 500 metri più in basso, non più raggiungibili al cellulare, sotto la cengia della Seconda Pala. Non appena ha albeggiato 4 soccorritori con le corde e altro materiale si sono preparati per essere elitrasportati in quota in supporto alla squadra. Quando l’elicottero è passato nel tratto del canale dove i due escursionisti potevano trovarsi, i ragazzi hanno fatto segnali con le frontali, poco prima delle 8. In velocità, col timore che le fiamme e il fumo potessero ricomparire all’improvviso, i soccorritori li hanno imbarcati in hovering e portati a valle.