di RENATO BONA
Paolo Fontanella, Aduo Vio, Romeo Saviane, Fortunato Calvi, Sergio Tormen, Sandro Pol, Silvano Casol, Silvano Zallot, Remo Dal Farra, Giuliano Dal Farra, Soffiro Fontana, Giuseppe Fontana, Elio Fontanella, Carlo Pavan, Ivo Speranza, Gilberto Vittoria, Franco De Fanti, Beniamino De Pellegrin, Maurizio Costa, Piero Zandegiacomo De Lugan, Franco Paris, Mario Sechi, Giuseppe Renon, Angelo Cero, Sergio De Mas, Roberto Pampanin, Giovanni Sachet, Alfredo Cercenà. Sono i 28 benemeriti esponenti della “Famiglia bellunese” del Nord Reno Westfalia in Germania che sottoscrissero l’impegno finanziario per la realizzazione del “Monumento all’emigrazione bellunese” che, opera dell’affermato artista Franco Fiabane, venne inaugurato nella Piazzetta Cavour di Belluno – proprio davanti alla nuova sede dell’Associazione all’epoca presieduta da Maurizio Paniz – con una solenne e partecipata cerimonia domenica 17 novembre 1991. Veniva così coronata dal meritato successo la proposta-iniziativa lanciata nell’ambito della stessa “Famiglia bellunese del Nord Reno Westfalia”. Era toccato al vice presidente della “Famiglia” Aduo Vio dare lettura della formula di donazione dove si precisava che “A nome dei bellunesi in Germania, che hanno decisamente voluto e concretamente attuato l’idea di un monumento all’emigrazione, viene donata questa stele, opera di Franco Fiabane, alla associazione Bellunesi nel mondo, alla città capoluogo, alla provincia di Belluno. A loro l’impegno di custodirla nel tempo, a testimonianza e ricordo del lavoro e dei sacrifici di tutti i conterranei, passati… presenti… futuri… lontani dal verde delle nostre valli, dalla propria Patria. Possa questo simbolo diventare punto di riferimento e incontro di tutti i bellunesi migranti cittadini nel mondo”. All’iniziativa e alla cerimonia è dedicato un capitolo del pregevole libro “Piccole grandi storie di emigranti” che Media diffusion editrice stampò con l’Agenzia Polaris di Santa Giustina nel dicembre 1991, con testi di Ivano Pocchiesa Cno, Mario Fornaro ed Aduo Vio, ma già dal retrocopertina, sotto il titolo “Lavoro e umiltà simboli veri” si può leggere che: “Nel mese di novembre1991, sabato e domenica 16 e17, il mondo dell’emigrazione bellunese ha celebrato il significativo momento del 25. di fondazione dell’Associazione emigranti. Le manifestazioni sono coincise con la ‘Giornata nazionale dell’emigrazione’ che l’Abm è riuscita quest’anno, eccezionalmente, a portare a Belluno. Nell’occasione sono confluiti nel capoluogo tutti i presidenti delle Famiglie bellunesi in Italia e all’estero, loro delegati e soci con i relativi gonfaloni. Inserita nel denso programma di iniziative predisposto per l’occasione, è emersa, per i significati simbolici assunti, l’inaugurazione ufficiale del monumento all’Emigrazione bellunese”. Ancora: “Collocato nella piazzetta Cavour, nei pressi della stazione ferroviaria di Belluno davanti alla nuova sede dell’Associazione bellunesi nel mondo, in fase di ultimazione (che ospiterà tra l’altro il museo e la biblioteca della migrazione) il monumento verrà a costituire con il tempo un punto fisso di riferimento e ‘pellegrinaggio’ al quale confluiranno visitatori e studiosi del fenomeno migratorio da tutto il mondo”. Ed è proprio sulla base di questi presupposti che i bellunesi che operano in Germania decisero e concretizzarono l’idea dell’opera da erigere, assumendosene l’impegno ed affidando il compito della realizzazione ad uno scultore, Franco Fiabane, appunto, noto per la sua arte e per la sua disponibilità, il quale “ha trasfigurato nella pietra lo spunto di una stele che, ora, svetterà nell’azzurro del cielo, a tre metri d’altezza: sembra quasi un obelisco, un monumento di stile esotico, egizianeggiante anche nella forma della decorazione scelta: una sequenza di bassorilievi. E sui quattro lati, per i posteri: la storia!”. Dunque “l’epopea dell’emigrazione bellunese in immagini, simboli e scritte che emergono da un basamento raffiguranti i cinque continenti, dove sono chiaramente identificati i lavori tradizionali dell’emigrante: il minatore, il muratore, il carpentiere, il gelatiere e altri, risolti in raffigurazioni simboliche, e quindi: tralicci, miniere, baracche, fino ai pozzi di petrolio dell’emigrazione cantieristica degli ultimi anni, in un’opera da interpretare ma anche da leggere, visto che tre lati del quadrilatero di pietra grigia portano ben visibile un nome, una data ciascuno, che hanno marchiato a fuoco il lavoro bellunese per sempre: Marcinelle 1956, Mattmark 1965, Robiei 1966. Mentre sul quarto lato campeggia la scritta “Humilitas” che è il motto scelto dal “Papa bellunese del sorriso” (Albino Luciani, asceso al soglio di Pietro il 26 agosto 1978 col nome di Giovanni Paolo I e la cui beatificazione è fissata per il prossimo settembre – ndr.). La conclusione: “Lavoro e umiltà: simboli migliori l’Emigrazione bellunese non poteva trovare”. E mentre la cerimonia inaugurale di allora volgeva al termine, la dedica scritta alla base del monumento: “Vicini e lontani, mai soli. Bellunesi nel mondo” sembrava ingigantirsi, espandersi e far breccia nei cuori…
NELLE FOTO (riproduzioni dal libro “Piccole e grandi storie di emigranti” di Pocchiesa, Fornaro e Vio): la copertina del volume; Colonia, settembre 1990, Aduo Vio e signora presentano una litografia di Fiabane; dicembre dello stesso anno: cena sociale dei bellunesi della “Famiglia” Nord Reno Westfalia a Puos d’Alpago, con annuncio che il monumento è quasi pronto; Franco Fiabane (sulla destra) al lavoro nel suo studio; 17 novembre 1991: rappresentanti delle 105 “Famiglie” di emigranti bellunesi nel mondo attorno al monumento; la stele dopo lo scoprimento; Vio legge il documento di donazione dell’opera; l’autore, Franco Fiabane, ne illustra i significati; l’allora sindaco di Belluno, Gianclaudio Bressa, porge un dono della Città a Vincenzo Barcelloni per lungo tempo presidente dell’Aeb; corteo conclusivo della cerimonia; illustrazione alla base del monumento.