di Luisa Manfroi
CENCENIGHE Se si guarda, il Pelsa, sembra che tutto sia rimasto uguale in quarant’anni: il profilo che lo contraddistingue, le sue pareti, la roccia. Del resto, per la geologia, quattro decenni non sono neanche un battito di ciglia. Non lo è per gli esseri umani per i quali, quarant’anni assumono un ben altro valore. Lo è così per i famigliari e per quanti hanno conosciuto Romeo Rossi, Vladimiro Faè e Dino Giovanni Soppelsa che domenica 30 novembre 1980 persero la vita sul Pelsa. Sedici anni Romeo, figlio del professor Giobatta Rossi, studioso della lingua e delle tradizioni locali oltre che ex sindaco ed ex preside della locale Scuola Media, ventidue Flademiro, operaio e trenta “Gianni”, sposato e con un figlio di pochi anni. Faceva bel tempo quella domenica, giorno di Sant’Andrea che tradizionalmente a Cencenighe è il giorno della fiera “dei cavai e dei mus”. Una settimana prima l’Italia era stata funestata dal terremoto dell’Irpinia e in paese, a Veronetta, in cantiere si lavorava alla costruzione del Nof Filò. C’era della neve sulle cime, come è solito nel tardo autunno, era abbastanza freddo e l’aria preannunciava l’arrivo dell’inverno imminente che già aveva fatto il suo esordio alcune settimane prima con nevicate che avevano raggiunto la pianura. Con quelle condizioni meteo sarebbe stato un sogno arrivare sulla Palazza Alta lungo la ferrata realizzata pochi mesi prima, a cavallo dell’estate e l’autunno. Era stata la ragione determinante che li aveva motivati a spingersi fin lassù partendo la mattina presto. Quella della ferrata era stata un’iniziativa dell’allora sindaco Benito Orzes, che aveva trovato la collaborazione dalle Fiamme Gialle incaricate di definire il tracciato e della posa della corda fissa. Oltre seicento metri di cavo che si inerpica disegnando una sorta di immaginaria “S” rovesciata fino ai 2255 metri della Palazza Alta del Pelsa. Si sarebbe dovuta inaugurare in primavera e si prospettava pure l’idea di costruire un bivacco. Romeo Rossi, era un componente del Gruppo Amici della Montagna di Cencenighe nato un anno prima e che aveva da poco ripristinato il sentiero dei Sech. Quella domenica, equipaggiati e determinati a salire e a percorrere la ferrata, i tre raggiunsero la sommità della Palazza. Il tempo di scattare qualche foto per documentare l’arrivo con lo sfondo delle montagne vicine e del cielo azzurro segnato solo da qualche nuvola. Ma sulla via del ritorno accadde l’irreparabile. In serata, lanciato l’allarme, le squadre di soccorso entrarono in azione supportate la mattina di lunedì dagli elicotteri. Verso mezzogiorno i loro corpi furono trovati nella Val dele Taie. Romeo, Vladimiro e Gianni erano scivolati durante l’attraversamento del pendio ghiacciato e coperto di neve dei Sech. Oltre alle ultime foto che li ritraevano in cima al Pelsa, rimase sulla roccia la scritta rossa di vernice datata con i loro soprannomi “prima invernale – Gilera, Focass, Meo”. Un anno dopo, il 14 giugno 1981, i volontari del Gam ricordarono i tre amici con una lapide sulla parete del Pelsa.
DAL LIBRO “ODIO LA RADIO”
di Mirko Mezzacasa