Fare rete non è solo uno slogan. Il 20 e 21 novembre 40 rifugisti delle Dolomiti Patrimonio Mondiale si incontrano a Bressanone per un’esperienza di studio e confronto organizzata dalla Rete della Formazione e della Ricerca Scientifica della Fondazione Dolomiti UNESCO. Sono molte le sfide che caratterizzano l’attività presente e futura dei gestori di rifugio, tanto più se operano all’interno dell’area “core” delle Dolomiti Patrimonio Mondiale UNESCO. Il riconoscimento ha internazionalizzato le presenze turistiche in quota e posto i gestori di rifugio davanti all’esigenza di accrescere la propria formazione.
L’OBIETTIVO DEL CORSO
Tra coloro che operano all’interno dell’area riconosciuta dall’UNESCO come Patrimonio Mondiale, i gestori di rifugio svolgono un ruolo fondamentale di accoglienza e di informazione: di qui l’esigenza, manifestata negli anni scorsi dagli stessi gestori, di approfondire i caratteri distintivi e i valori paesaggistici e geologici del Patrimonio Dolomiti UNESCO, oltre ai metodi e ai modelli di comunicazione con i loro clienti e alle modalità di collaborazione e di lavoro in rete.
CONDIVIDERE BUONE PRATICHE, ANCHE DAVANTI ALLE AVVERSITÀ
Lo spirito che ha animato l’incontro formativo è stato orientato soprattutto alla necessità di lavorare in rete e di condividere buone pratiche, cercando il modo di sviluppare anche prodotti congiunti. Alcuni dei presenti alla due giorni gestiscono rifugi che hanno subito danni dall’alluvione del 29 ottobre, soprattutto in ordine all’accessibilità e alla percorribilità dei sentieri, che si punta comunque a ripristinare in tempo utile per la prossima stagione estiva.
I RELATORI
Nella Sala Adrian Egger del Comune di Bressanone, dopo i saluti della responsabile dell’area UNESCO della Trentino School of Management Gabriella De Fino e del direttore della Fondazione Dolomiti UNESCO Marcella Morandini, si sono alternati diversi tecnici ed esperti, a cominciare dall’antropologo Annibale Salsa, membro del Comitato Scientifico della Fondazione Dolomiti UNESCO. E poi Ugo Morelli, dell’Università degli Studi di Napoli, Elisabeth Berger, dell’Ufficio Parchi della Provincia autonoma di Bolzano, Georg Simeoni, Presidente AVS – Alpenverein Südtirol, Claudio Sartori, Presidente del CAI dell’Alto Adige, Roberta Silva, gestrice del rifugio Roda di Vael, Corrado Morelli, geologo della Provincia autonoma di Bolzano, Marco Aime, dell’Università degli Studi di Genova, Giuseppe Ferrandi, della Fondazione Museo storico del Trentino.
I COMMENTI
“Il senso di vivere in un Patrimonio Mondiale è anche questo: vivere in modo consapevole l’ambiente che ci circonda e il rapporto con gli altri” sottolinea il direttore della Fondazione Dolomiti UNESCO Marcella Morandini. “Troppo spesso sentiamo parlare di atteggiamenti arroganti da parte di chi arriva in rifugio e pretende tutto e subito. Occorre invece pensare a un tipo di offerta che faccia comprendere al turista l’eccezionalità e l’unicità dell’esperienza che sta vivendo”.
“Ciò che deve caratterizzare l’attività di noi gestori è soprattutto l’autenticità” aggiunge Stefanie Rogger, gestrice del Rifugio Pian di Cengia (Bz). Un riferimento alla situazione che stanno vivendo le popolazioni colpite dall’alluvione da parte del gestore del rifugio A. Berti al Vallon Popera (Bl), Bruno Martini: “Dopo la tempesta ci sono problemi importanti soprattutto alla sentieristica e alcuni rifugi hanno avuto danni anche alle strutture, ma l’aiuto e la collaborazione di tutti, ci consentiranno di superare queste difficoltà”. “La cooperazione tra rifugi, anche di province diverse è fondamentale” sottolinea Sandra Donini, gestrice del rifugio Tosa Pedrotti, sulle Dolomiti di Brenta (Tn). “Fare rete è indispensabile e occorre sfruttare al meglio la considerazione che ci viene data dall’UNESCO”.
Secondo Roberta Corona, gestrice del rifugio Cava Buscada, sulle Dolomiti Friulane (Pn), “il corso ci mette a contatto con chi ha le nostre stesse difficoltà; anche così ci possiamo sentire un gruppo”. “Ci son rifugi che sono quasi dei piccoli alberghi” evidenzia Elena Zamberlan, gestrice del rifugio Pian de Fontana (Bl), “altri che sono molto più spartani: occorre far capire alla gente che ciò che non trova in una struttura magari è compensato da altro. Ma non serve molto: basta comunicare in modo corretto e aprire le porte in modo accogliente”.
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