ROBERTO PADRIN
Cari Superstiti, cari sopravvissuti, carissimi concittadini, Autorità civili, militari e religiose, on. Candiani
qui dal “portale” del cimitero monumentale delle vittime del Vajont di Fortogna, dove ogni 9 ottobre ci riuniamo per rendere omaggio alle persone innocenti perite in quella terribile notte del 1963, vi porgo il mio personale saluto, della mia e delle altre amministrazioni che ne rappresentano, istituzionalmente, con quella di Longarone, il Vajont, la memoria e le comunità, con i propri Sindaci di Erto e Casso, Antonio Carrara, di Vajont Lavinia Corona e Paolo Vendramini di Nuova Erto a Ponte nelle Alpi. Congiuntamente, ringraziamo quanti sono qui oggi e intervengono a questo momento di solenne commemorazione, civile e spirituale.
Siamo qui per ricordare, per fare memoria, per elaborare in comunità il dolore vissuto, e con l’auspicio che quello che accadde quella notte non debba più succedere…MAI PIU’! Quella notte di 55 anni fa, che portò via 1.910 vite umane, che non avevano colpa e che nulla potevano, rivive quotidianamente in tutti noi. Proprio a queste persone sacrificate per gli interessi di pochi e a tutti i superstiti e sopravvissuti va sempre il nostro primo pensiero in questa giornata. Perché nei nostri paesi nessuno ha dimenticato e continua a farsi portatore del messaggio di testimonianza per quanto l’uomo possa farsi del male, quando non rispetta gli equilibri nel rapporto con la natura e l’ambiente.
Due anni fa eravamo qua anche a ricordare le vittime e la distruzione provocate dal drammatico terremoto che aveva colpito il Centro Italia. Oggi quelle del tragico crollo del ponte Morandi a Genova. Un altro esempio di cattivo governo della “cosa pubblica”, dell’incapacità di comprendere il pericolo, di controllo, di prevenzione, ma soprattutto colmo di omissioni e di mancato rispetto delle regole. Qualcuno ha parlato di un altro Vajont. Le dinamiche gestionali, infatti, sono sempre le stesse, piene di “oscurità”. Noi siamo più che mai vicini alle famiglie colpite dalla perdita dei loro cari in quello sciagurato crollo che doveva essere evitato. Ora, ci chiedono di controllare i ponti delle nostre strade investendo risorse straordinarie. Ma dobbiamo sempre arrivare a questo dopo aver pianto la morte di vite umane innocenti?
Il messaggio che con tutte le mie forze cerco ogni anno di lanciare in questo momento di commemorazione a tutte le istituzioni è l’importanza di fare prevenzione, non solo a parole, ma nei fatti. Dobbiamo cogliere i segnali della natura, e non solo. Intervenire prima. Solo così potremo vivere in un Paese sicuro che dimostri, quotidianamente, di essere vicino ai propri cittadini. Non possiamo prevedere certo l’imponderabile, ma fare qualcosa di più, certamente, si. Anche stavolta un pensiero non può non andare a tutte quelle persone che sono giunte subito dopo il disastro, senza sapere che si sarebbero trovate davanti ai loro occhi qualcosa di disumano. Impossibile da affrontare. Quelle persone che seppero trovare la forza, nella disperazione, di sollevarci dall’inferno. Quelle persone che accorsero qui all’indomani della tragedia del Vajont a prestare soccorso e che poi sono diventate la “fiamma” della nostra rinascita. Tanti di loro sono qui oggi, come ogni anno, a condividere con la nostra comunità questo momento dedicato alla memoria, partecipando sempre con commozione ed emozione, ricordando, come se il tempo non fosse passato, quelle giornate strazianti a recuperare corpi mutilati e portare conforto a chi era stato risparmiato dall’onda assassina. Un pezzo del loro cuore è rimasto qui. A tutti loro, straordinaria ricchezza del nostro Paese, e a quanti si prodigano quotidianamente nella solidarietà, non finiremo mai di dire GRAZIE!!!
Proprio la solidarietà è stata al centro di diversi momenti in queste giornate celebrative. Ieri, in particolare, abbiamo vissuto con i ragazzi delle nostre scuole, emozioni fortissime nell’ascoltare e rivivere eventi drammatici che hanno segnato la storia dolorosa del nostro Paese. Dalle vittime della Casa dello Studente durante il terremoto devastante, terrificante, de L’Aquila, e qui ci tengo a salutare l’amica Antonietta, presidente del Comitato della Casa dello Studente, con la quale ho partecipato il 6 aprile scorso alla fiaccolata lungo le vie della città abruzzese a noi legata da un Patto di amicizia per ricordare le 358 vittime del sisma del 2009. Una partecipazione straordinaria, silenziosa, di un’intera comunità colpita, ma capace di resistere e rinascere. E poi gli amici di Viareggio con il tragico incendio che provocò la morte nel sonno di tante persone, per lo più giovanissime, e di Tesero con lo smottamento dei bacini di decantazione minerari della Val di Stava, legati a noi da un patto di amicizia. Le loro testimonianze, le loro esperienze, drammaticamente vissute, devono farci riflettere, come deve farci riflettere lo stato dei procedimenti processuali, stantii, ancora in corso tra carteggi ammuffiti, colpevoli ancora non individuati…anche qui il Vajont non è riuscito a insegnare nulla se dopo così tanto tempo il Paese non riesce a dare giustizia.
Tuttavia, Longarone continua a credere ancora, anzitutto, nel valore della solidarietà; dopo averla ricevuta da tutto il mondo, oggi, i longaronesi provano a restituire la sensibilità ottenuta 55 anni fa e negli anni successivi, rimarcando la virtuosità di questo sostantivo. Non ce ne siamo dimenticati e continueremo ad essere in prima fila se ancora ce ne fosse bisogno.
Il 2018 è stato anche un anno molto importante per l’attività della Fondazione Vajont che ha concentrato il proprio impegno nella formazione e nell’informazione, concretizzando un progetto teso a coinvolgere le nuove generazioni nella perorazione della memoria. Abbiamo infatti completato i corsi per creare i nuovi “Informatori della memoria” con l’obiettivo di non disperdere quel bagaglio di conoscenze e storia che continuano a portare avanti coloro i quali hanno vissuto il Vajont sulla loro pelle. Entrando in questo ruolo gli Informatori potranno cullare questa storia e raccontandola ad altri la memoria non si dissolverà. Così da quest’anno la Fondazione Vajont s’è assunta la responsabilità del coordinamento del presidio al coronamento della Diga, favorendo l’accesso di oltre 40.000 persone poste a contatto con le dinamiche del disastro, dai nostri “informatori”. Un esercizio indispensabile da quando Marco Paolini, dalla Diga del Vajont mise in rete un monologo che entrò nelle case di tutti gli italiani e dal giorno in cui uscì nelle sale il film “Vajont” di Renzo Martinelli, ai quali saremo sempre grati per aver sdoganato, passatemi il termine, il “Vajont tabù”, per aver permesso che la memoria ridestata diventasse un patrimonio universale.
In corso di realizzazione anche un progetto volto ad arricchire l’offerta informativa con utilizzo di strumentazioni informatiche qui al “portale” e sulla Diga, rivolto, in particolare, alle comitive studentesche. Siamo pronti, altresì, a sostenere l’Archivio di Stato di Belluno nell’attività di inserimento online della documentazione digitalizzata, realizzata dallo stesso Archivio, con il sostegno della nostra Fondazione.
Nell’avvicinarmi alla conclusione di questo mio intervento desidero ringraziare tutti i presenti, gli amici arrivati da Bagni di Lucca, città a noi gemellata, con il suo vicesindaco, Caerano San Marco, Tesero, paesi con i quali abbiamo stretto dei Patti di amicizia, ma anche coloro che non hanno potuto esserci perché impossibilitati, abbracciandoli, idealmente, a nome di tutti noi, che oggi siamo qui a vivere questa commemorazione.
Lasciatemi chiudere questo intervento affrontando il tema così delicato del collocamento delle lapidi rimosse in occasione della riqualificazione del cimitero che raccoglie le vittime del Vajont. L’impegno ad intraprendere un percorso di conservazione e di tutela di questi cippi si è completato nel corso di quest’anno. Un percorso che ha coinvolto le componenti della nostra amministrazione comunale, i sopravvissuti e i superstiti, alla ricerca di una soluzione condivisa. Non è stato certo facile, ma siamo arrivati ad una soluzione che permetterà di dare una sistemazione e renderle elemento di memoria. Oltre ad un’esposizione fotografica, è stata individuata l’area a sinistra del portale dove realizzare una struttura in grado di rappresentare anche l’evoluzione del “sacrario” delle vittime dopo la sua riqualificazione, per la quale ha assunto la qualifica di “monumentale” per Decreto dell’allora Presidente della Repubblica, Azeglio Ciampi, presente il 9 ottobre 2003 alla nostra commemorazione in questo luogo.
Questa soluzione potrà racchiudere in sé i significati di una comunità che non intende cancellare un dolore al quale si deve rispetto e profonda attenzione. Perché, come sappiamo, se il dolore può essere elaborato, la memoria è qualcosa che non potrà, né dovrà, mai essere rimossa!
Grazie a tutti
Longarone, 9 ottobre 2018