BELLUNO Settant’anni fa, il 23 agosto del 1949, l’allora presidente del consiglio italiano, Alcide De Gasperi, giunse a Belluno dove, fra l’altro, visitò la scuola elementare Aristide Gabelli, accolto dalla ispettrice Pierina Boranga e da autorità locali (l’Archivio storico del Comune di Belluno commenta così un rarissimo video: “Nel 1949, in occasione della manifestazione culturale “Settembre Bellunese”, si tennero presso le Scuole Elementari ‘A. Gabelli’ le mostre ‘Seconda mostra del sindacato artisti pittori-scultori della provincia di Belluno’, ‘Mostra di arte figurativa degli artisti bellunesi dell’Ottocento’ e ‘Mostra Provinciale dell’artigianato”.Testimonianza d’eccezione fu quella di Dino Buzzati in un articolo del Corriere della Sera intitolato ‘Vecchi onesti pittori tornano ai loro monti’. Illustre ospite fu l’allora Presidente del Consiglio Alcide De Gasperi come possiamo vedere in questo rarissimo filmato originale conservato presso l’Archivio Storico, Fondo L. Scremin”. Ma c’è di più – lo ha scritto su L’”Amico del Popolo” di qualche anno fa il prof. Paolo Conte, storico di vaglia e direttore del trimestrale Archivio storico Cadore Feltre Belluno –: De Gasperi ebbe nel convento dei frati di Mussoi un incontro, che doveva rimanere segreto, con il vescovo di Trieste e Capodistria monsignor Antonio Santin (Dopo la promulgazione delle leggi razziali fasciste, discusse delle stesse con Benito Mussolini, a difesa degli ebrei e di papa Pio XI, che era stato attaccato dal Duce per aver difeso il popolo ebraico. Il 19 giugno 1947, in occasione della festa di San Nazario, subì una violenta aggressione a Capodistria) per discutere della situazione di Trieste che era stata occupata dalle truppe del leader slavo Tito. Conte, che aveva ottenuto l’autorizzazione dei padri Mario Sartore ed Ettore Rebellato, ha pubblicato ampi stralci della “Cronaca del convento” stesa dal cappuccino padre Mario, e che registra l’”ora storica” vissuta dalla comunità religiosa con il summit tra il presidente De Gasperi e monsignor Santin. Lo statista trentino era giunto ufficialmente a Belluno il 23 agosto 1949 ed il protocollo contemplava una visita nel capoluogo e, l’indomani, a Feltre, “ai grandi lavori per le centrali elettriche del Piave”, a proposito dei quali ebbe a dire che “Gli uomini possono ben affaticarsi, ma se Iddio non manda la pioggia, tutto sarebbe inutile”. Il frate-cronista – scrive Paolo Conte – annotò l’arrivo del Padre provinciale in visita alla comunità religiosa e l’incontro nel convento di mons. Santin “con Sua Eccellenza l’On. Alcide De Gasperi, Presidente del Consiglio dei Ministri”, aggiungendo che “a nostra insaputa hanno scelto il nostro Convento per un incontro a due che desideravano rimanesse segreto”. Ed in effetti del vertice non si era mai saputo ufficialmente nulla, così come dell’oggetto dell’incontro al quale parteciparono nella fase preliminare mons. Rizzardini, vicario generale della diocesi di Belluno, il Padre guardiano, il Padre provinciale, il genero di De Gasperi, avv. Catti, il segretario particolare del presidente cioè il figlio dell’on. Cingolani. Nella biblioteca il presidente ed il presule rimasero soli a discutere per oltre un’ora mentre il Guardiano accompagnava gli altri ospiti per una visita al Convento.Terminato il colloquio De Gasperi-Santin, il Padre guardiano propose al presidente una visita alla chiesa e agli ossari e rivolse a De Gasperi la supplica di donare al tempio-ossario la campana dei Caduti: “Basterebbero circa venti quintali di bronzo, Eccellenza…”. La risposta: “Ne parlerò al ministro Corbellini, mi faccia un promemoria…”. Conte precisa ancora che il resoconto del cappuccino riferiva, sul finire: “Partito De Gasperi alla volta di Feltre, applaudito dai religiosi, poco dopo anche mons. Santin lascia il Convento salutato da tutti e tutti benedicendo compiacendosi delle bellezze del Convento, soggiungendo: potremo fissare qui un altro incontro…”. E quanto al contenuto del colloquio, sottolinea che non è difficile immaginare che i due avessero affrontato la delicata questione politica creatasi a seguito dell’occupazione di Trieste avvenuta il 30 maggio 1945 da parte dei partigiani di Tito. E aggiunge: “Quasi sicuramente i due ne parlarono, si scambiarono opinioni sulle condizioni delle comunità italiane e dell’Istria posta sotto il nuovo regime, sui profughi e, probabilmente, discussero del pericolo rappresentato dalla Jugoslavia comunista”. Non è dato sapere se il vertice di Mussoi incise sui rapporti politico-diplomatici col confinante Paese, sta di fatto che – lo ricorda ancora Conte – Trieste attese fino al 1954 prima di essere affidata all’Italia ed i rapporti politici con la Jugoslavia furono definiti e ratificati solo nel 1975 col trattato di Osimo. “Trst je nas!” (“Trieste è nostra!”). Questo il grido con il quale le truppe jugoslave guidate dal maresciallo Josip Broz detto Tito il 1. maggio del 1945, alla fine della seconda guerra mondiale, occuparono la città di Trieste rompendo una situazione confinaria ventennale che in base al Trattato di Roma del 27 gennaio 1924 riconosceva alla Jugoslavia la sovranità sul Delta e Porto Baross, all’Italia la sovranità su Fiume, di cui l’estremo territorio settentrionale doveva essere ceduto alla Jugoslavia, e si rimetteva la delineazione dei confini precisi al lavoro di una commissione mista. Le truppe “titine” adottarono nella circostanza la strategia usata nei territori occupati dell’Istria e della Dalmazia: il tentativo di cancellare ogni forma di italianità da quelle terre. E quindi si registrarono violenze e repressioni inaudite, al punto da costringere le truppe Alleate ad occupare Trieste e la Venezia Giulia e ad allontanare gli jugoslavi dopo soli quaranta giorni. Il 10 febbraio 1947 (oggi data celebrativa della “Giornata del Ricordo delle foibe e dell’esodo dei giuliano-dalmati”) il Trattato di pace di Parigi sanciva il definitivo passaggio di quasi tutta l’Istria, delle città di Zara, Fiume e Pola alla Jugoslavia, ed istituiva nell’Istria nord-occidentale il territorio libero di Trieste affidato agli anglo-americani.
NELLE FOTO (Wikipedia e Google): Alcide De Gasperi; il vescovo di Trieste e Capodistria mons. Santin; l’ispettrice scolastica Pierina Boranga; il convento dei frati a Mussoi; il presidente della Jugoslavia, Tito; lo storico bellunese Paolo Conte; partigiani di Tito; gente in festa per il ritorno di Trieste all’Italia.