BELLUNO Allo scomparso (nel 1983) Piero Rossi si deve il pregevole volume “Belluno”, stampato nel dicembre 1977 dalla tipografia Piave a cura di Tarantola editore. La sua figura in sintesi: nato a Roma il 4 febbraio 1930 da madre bellunese a padre friulano, all’età di 13 anni la famiglia si trasferisce a Belluno a seguito della morte del padre. Laureato in giurisprudenza a Padova, esperto in materia sindacale ed economica, è stato a lungo direttore dell’Ascom l’associazione provinciale commercianti di Belluno. Appassionato promotore del territorio montano ed in particolare di quello bellunese ed alpinista di buon livello, è stato attivo nella “Rivista Mensile” del Cai, del quale è stato presidente della sezione bellunese, e di “Le Alpi Venete”; fu tra i primi nel 1963 a teorizzare la creazione di un parco a tutela della specificità delle Dolomiti bellunesi, per il quale si impegnò per quattro lustri. L’istituzione ufficiale del Parco nazionale delle Dolomiti Bellunesi verrà concretizzata solo nel 1990 dopo la sua morte. Riconducibili a lui anche l’ideazione di itinerari escursionistici a tappe lungo le dolomiti quali l’Alta via numero 1 e 2. Ha realizzato la guida Cai-Tci dedicata al gruppo della Schiara nell’ambito della collana “Guida dei Monti d’Italia” che raccoglie, classifica e descrive itinerari escursionistici, vie di roccia, toponomastica, aspetti storici e morfologici del gruppo in modo sistematico e meticoloso rappresentando ancora oggi un riferimento prezioso e per certi aspetti unico). Nel capitolo intitolato “Oltrardo e Pedemonte” Piero Rossi si è occupato anche di attrezzi ed utensili da lavoro del tempo andato, ricordando che a Bolzano Bellunese per la popolare “Sagra de San Piero” viene organizzata una interessante esposizione di tradizionali attrezzi rustici, ed aveva inserito alle pagine 262 e 263 alcune interessanti immagini di oggetti proposti da Genio Pol: la “brénzia” per il trasporto del fieno, lo “sgarnapanòce” per sgranare le pannocchie, il “lambìch per la ninéta nota anche come “sgnapa da tròi” cioè l’alambicco per la grappa casalinga, nella prima; la “dèrla”, gerla, le “dàlmede”: zoccoli o grosse scarpe da lavoro; ancora: la “caldiéra” cioé il paiolo ed altri caratteristici utensili e strumenti di lavoro,nella seconda. La rassegna – si può leggere – offre preziose testimoniane sulla vita e l’ingegnosità dei nostri contadini e montanari, in un recente passato ed anche su di una terminologia dialettale, quindi patrimonio culturale che tende scomparire”.
NELLE FOTO (riproduzioni dal libro “Belluno”, edito da Tarantola e Google): la “brénzia”, la “sgarnapanòce”, il “lambìch”, la “dérla”, le “dàlmede”, la “caldiéra”; lo scomparso Piero Rossi alla cui memoria è intitolato il Centro culturale di Piazzale Piloni a Belluno.