SAN TOMAS
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Era un mondo semplice, dove tutto era collocato in un tempo preciso. Il mercato del mercoledì ad Agordo, i “sosin” e le “asie” ad agosto. Suoni e silenzi che scandivano l’andare apparentemente sempre uguale delle stagioni. Se non avessi avuto un calendario sarebbe bastato guardare il Pelsa per capire in quale mese stavo vivendo. Aprile mostrava il nuovo verde chiaro dei larici, maggio faceva risuonare il rombo della “levina”. Poi l’estate, con la neve sulle cime che scompariva del tutto solo dopo la metà di giugno. Ai primi di ottobre sarebbero arrivati i colori dei boschi a ravvivare quelle giornate che andavano accorciandosi. A novembre la prima neve e lo spogliarsi dei larici. Camini fumanti annunciavano l’arrivo della stagione dei silenzi. Ritmi antichi che scandivano le vite di quelle donne e di quegli uomini abituati al lavoro e ad un vivere dell’essenziale. Un vivere dove bastavano una nevicata ed una “lòdeta” per provare una gioia autentica e sincera. Quando non ci furono più la “vacia” ed il “porzel” i giorni parevano diventati più lunghi. La “pendola” scandiva quelle lunghe ore a “vardà fora par finestra” nei giorni di maltempo. Nuvole a nascondere i monti e picchiettare della pioggia sul tetto del tabià. Aldilà della valle, leggermente più in basso, Ghisel era immobile in un tempo remoto. Lo scorrere della storia pareva non riguardare quel pugno di case misteriose abbarbicate sul ripido costone del Pelsa. Silenzi che sapevano entrare nell’anima. E la giovane età era il solo limite che impediva a volte di apprezzarli fino in fondo. L’acqua della “brenta” era la voce perpetua di quel gruppo di poche case. In quelle sere d’estate profumate di fieno la si poteva ascoltare tenendo le finestre socchiuse. Un canto discreto, mai invadente, accompagnato dal frinire allegro dei grilli. Poi la notte rendeva appena accennati i profili delle montagne, con la luna che nel suo cammino sembrava sfiorarne le cime. Le prime luci del nuovo giorno portavano lo scricchiolare delle travi sotto i passi dei nonni che si svegliavano all’alba. Profumo di caffè e parole in dialetto salivano dalla cucina. Ed il giorno lentamente andava avviandosi mentre si camminava verso un prato da falciare o qualche nuovo sentiero da imparare. Il pomeriggio avrebbe portato il rumore della corriera delle cinque che scendeva lungo la provinciale accompagnata dal vento che muoveva i larici vicino all’orto. Giorni che andavano via uguali e diversi, ognuno con la sua piccola storia da ricordare. Giorni di assoluta libertà.