Con il contributo dell’allora Cassa di risparmio di Verona, Vicenza, Belluno ed Ancona, e la sensibilità di Ottavio Dal Farra, la coppia Aldo Collazuol Davide Da Vià ha dato alle stampe nel febbraio 1994 con la bellunese Artistudio, il libro “Puos d’Alpago. Aspetti di storia minore”. Si tratta di sessanta pagine che – lo premettono gli autori – “proponiamo sperando di trasmettervi, insieme alle notizie che abbiamo trovato sulla nostra comunità che ci sono sembrate interessanti, anche quello che abbiamo provato nel leggere documenti di storia minore che parlano del nostro passato”. Nella stringatissima presentazione, l’allora sindaco Davide Bortoluzzi e l’assessore alla cultura Vittorio Mares scrivevano: “Ritornare indietro nel tempo attraverso notizie anche semplici, frutto di ricerche d’archivio, contribuisce ad arricchire il nostro patrimonio culturale e storico. In tal senso riveste indubbia importanza, e ne siamo grati agli autori, la pubblicazione di questo primo Quaderno propostoci da Aldo Collazuol e Davide Da Vià”. Il libro, per la cui realizzazione hanno collaborato Comune e associazione Pro Loco di Puos d’Alpago, propone nella copertina lo Stemma della Regola di Puos, da una mappa del 1686, conservata nell’Archivio di Stato di Venezia, e si articola in venti capitoli ed una “chicca” finale, intitolata Congedo, della quale riferiamo subito, riportando quanto scritto da Aldo e Davide: “…A Puos, vicino alla località Castello, c’è un posto che viene chiamato ‘Diamante’. Ci siamo più volte chiesti il perché: forse che nelle giornate terse il verde dei prati è così brillante da dare l’idea di una pietra preziosa?Ma il diamante non è verde! Forse che da lì si vedono potenti rocce, dall’aspetto tagliente? Niente di tutto ciò. Ebbene, cosa ci salta fuori dall’atto notarile di Emilio Grapinelli (prot. XI f. 365 dell’anno 1703)? La vedova di Giovanni Sandi era donna Diamante. I Sandi (e forse anche Antonio, celebre incisore e Alessandro, botanico illustre), abitavano nella schiera di case che cinge la piazza della chiesa verso Castello. Il cortile di pertinenza dell’edificio confinava proprio con la zona ricordata”. Ed eccoli i capitoli del lavoro a quattro mani di Collazuol-Da Vià: Lo stemma del comune di Puos d’Alpago (raffigura un pozzo con aquila sul bordo, su campo blu e tre stelle; sopra una corona turrita, con le tre stelle che potrebbero indicare le Regole di Puos, Sitran e Valzella, oppure i tre censuari di Puos, Cornei e Sitran); l’aquila è simbolo delle vette; il pozzo: Puos in dialetto pos, significa anche… pozzo! Ma in proposito si fanno altre supposizioni dato che anticamente Puos si chiamava Poiso, oppure fare riferimento ad una persona che si era insediata nella zona; va aggiunto, a proposito dello stemma, che il vecchio simbolo era rappresentato da un portone, un cane, tre stelle e la luna, il tutto dominato da un’aquila bicefala incoronata); Centri abitati; Viabilità; Solennità religiose; Sagre (a Bastia e Cornei quella del SS. Redentore, la terza domenica di luglio; a Puos la festa di San Valentino il 14 febbraio e la sagra di S. Bartolomeo il 24 agosto; a Sitran la sagra della SS. Trinità, la prima domenica di giugno e la sagra di Sant’Andrea il 30 novembre; a Sommacosta la Festa della Madonna del Carmine; infine a Valzella la Festa di San Paolo il 25 gennaio e la Sagra di San Pietro il 29 giugno). Altri capitoli: La chiesa di S. Bartolomeo; La chiesa di S. Andrea a Sitran; I portici di Sitran; La chiesa del SS. Redentore a Bastia; Le chiese di Valzella tra leggenda e realtà; Il colera; La Roggia degli Edifizi; Beni feudali; Il Mas dei Nova; Il terremoto del 1873; Uffici comunali e scuole; L’esposizione agricola del 1887; Il Forno antipellagroso. E proprio su quest’ultimo ci soffermiamo in conclusione della carrellata su Puos d’Alpago. I due autori rammentano che “… Nel Bellunese, in periodi di carestia, l’alimentazione era quasi completamente a base di polenta. Il granoturco ha uno scarso contenuto di vitamina PP (che si trova nel latte, verdure, legumi, carne e in molti cereali – ndr.) e quindi, in tempi difficili, la pellagra si è manifestata. Dopo il terremoto del 1873 e fino all’inizio del XX secolo molte famiglie si trovavano in uno stato di estrema povertà ed ecco che quindi ci furono casi di malattia. Purtroppo, tardivamente si associò la serie dei sintomi (quali l’arrossamento della lingua, gli eritemi sulle parti scoperte favoriti dall’esposizione alla luce solare e accompagnati da intenso prurito, seguito di pigmentazione brunastra e desquamazioni cutanee, lesioni gastrointestinali e disordini mentali e nervosi) alla malattia e, inoltre, solo ai primi del ‘900 la medicina ufficiale scoprì che la causa della pellagra era dovuta aduna carenza nutrizionale”. E aggiungono: “E’ interessante, però, vedere come l’intraprendenza della popolazione riuscì a trovare un rimedio efficace. Nel 1898 si formò a Puos un comitato che si premurò di trovare soluzioni per porre rimedio alla triste piaga. Si propose di fare in modo di favorire l’uso di altri alimenti in alternativa alla polenta… Il rimedio adottato fu efficace: si decise di istituire un forno popolare. La distribuzione del pane, ad un prezzo calmierato, cominciò il primo novembre 1899 in locali presi in affitto della casa Funes Nova, sita all’inizio dell’attuale via Marconi, di fronte al Municipio. Il forno funzionò grazie al sostegno economico assicurato dal comune e dalla parrocchia e, dopo il 1902, beneficiò anche di un prestito per l’edificazione di un nuovo forno e cedette l’area di proprietà del comune, un tempo occupata dalla canonica della ex Mansioneria Bianchini (si trovava nel piazzale dove oggi c’è un parcheggio). Il primo giugno 1910 il forno cominciò a funzionar e fu anche grazie a questa iniziativa che non ci furono, a Puos, altre morti di pellagra”. Nota di cronaca: oggi il forno popolare non esiste più: è stato demolito alcuni anni fa per rendere l’attiguo incrocio stradale più sicuro. NELLE FOTO (riproduzioni dal libro di Collazuol-Da Vià): la copertina della pubblicazione con lo stemma del Comune di Puos d’Alpago; Piazza della chiesa verso Castello; Cornei in un disegno di Osvaldo Monti del XIX secolo, dall’Archivio del Museo civico di Belluno; disegno del Monti dedicato a Valzella; Roggia degli Edifizi, mappa del 1792 conservata a Venezia nell’Archivio di Stato; lavorazione della canapa al Mas; disegno sul terremoto del 1873, da “Le Monde Illustré”, conservato dalla Biblioteca civica di Belluno; posa della prima pietra del Municipio; altro disegno del Monti sul Palazzo dell’esposizione; i locali provvisori per la vendita del pane nella casa Funes Nova.