LA PISSA
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Pareva attendermi quando, appena superato il ponte del Torner, mi voltavo verso destra e la osservavo dal finestrino. Severa guardiana della gola dei Castei, con la sua forma un po’ sinistra, quasi di viso scheletrico ingentilito dall’acqua lucente che scendeva sopra il suo naso di pietra. Era la “Pissa”, con la sua forma che, appena imboccata la “riva”, mi appariva come una sorta di volto umano visto di profilo. Con l’occhio infossato, un naso lungo e dritto ed una bocca distorta. Era l’acqua che scendeva perenne dalla verticale parete ad aver scavato quel volto severo. Una visione affascinante che catturava il mio sguardo ad ogni passaggio lungo la vecchia 203 Agordina. Soprattutto d’inverno, quando alla base si formava una sorta di cono di ghiaccio che saliva dal greto del Cordevole lungo la parete fino a lambire la cupa finestra della galleria del treno. Un’opera sublime di quell’acqua che, in migliaia di anni, aveva scolpito quel viso e che d’inverno si divertiva a creare una luccicante cascata di ghiaccio. Poi, all’inizio degli anni ’90, il prodigio improvvisamente terminò. Le mine sparate nel ventre della montagna per scavare la nuova galleria decretarono la morte della “Pissa”. Per almeno un paio d’anni, appena superato il ponte del Torner, in macchina si udiva sistematicamente quel “che pecà che la se ave sugà”. Fu così fino all’apertura della galleria. Poi la “Pissa” divenne un ricordo per pochi. Ora il ponte è il luogo dove parcheggio la macchina prima di inoltrarmi verso la Casa dei Silenzi. E, proprio come allora, lo sguardo volge verso destra fino ad incrociare l’enigmatico viso di roccia asciutta. Saluto il volto ossuto ed ancora pronuncio quel “che pecà” mentre cammino lungo la “riva dei Castei”. Ciao “Cascata della Pissa”, silenziosa sorvegliante della vecchia strada. Non ti ho dimenticata…Magiche Dolomiti!!