Le vicende tragiche della pandemia di Coronavirus che sta ancora imperversando nel mondo, hanno fatto riscoprire l’importante ruolo svolto da quanti, per ufficio o volontariato, prestano la loro preziosa, spesso insostituibile opera in favore dei meno fortunati. E’ il caso, nel suo piccolo, di una realtà come Casa Emmaus di Belluno, poco oltre la Piazza San Giovanni Bosco, che – ce lo ricorda il direttore della Caritas diocesana, il diacono Francesco D’Alfonso – “è stata inaugurata come casa di accoglienza Caritas il 1. luglio del 1991. Di proprietà della Parrocchia di San Giovanni Bosco è stata gestita come dormitorio, cioè struttura di accoglienza notturna per uomini, per permanenze di periodi relativamente brevi. L’idea era stata di don Claudio Sacco, allora direttore della Caritas diocesana”. Ancora D’Alfonso spiega che “la struttura comprende otto posti letto oltre ai locali utilizzati come abitazione del custode che vi abita e presta servizio di volontariato dal 1992, esercita vigilanza e assistenza per le persone ospitate, le quali vengono accolte normalmente, all’interno di un progetto di accompagnamento predisposto dal Centro di ascolto Caritas”. E veniamo all’attualità con Francesco D’Alfonso che sottolinea come dall’inizio di quest’anno 2020 Casa Emmaus è stata data formalmente in comodato gratuito dalla parrocchia di San Giovanni Bosco alla Caritas diocesana. A seguito delle disposizioni relative alla pandemia di Covid 19, le modalità dell’accoglienza sono state adeguate alla normativa nazionale e regionale. Pertanto si è trasformata da dormitorio notturno a struttura residenziale e ha dovuto ridurre i posti letto in ragione della distanza fisica richiesta dalla normativa di prevenzione sanitaria. Dal mese di marzo i posti letto sono diventati 4; inoltre si è ritenuto necessario provvedere alla copertura del pasto serale mentre quello di mezzogiorno veniva garantito dalla mensa dei frati Cappuccini di Mussoi. Al momento, vista l’incertezza sul prolungamento dell’emergenza sanitaria, non è dato prevedere se e quando la struttura tornerà ad essere dormitorio notturno. Opportunamente, in chiusura, il diacono D’Alfonso tiene a sottolineare che “L’accoglienza di persone in difficoltà è nel Dna della Caritas, cioè della comunità cristiana; ma Casa Emmaus non intende essere soltanto un servizio, bensì un’opera ‘segno’: un’opera che ha il compito di educare la comunità cristiana a farsi carico delle persone più fragili e bisognose. In questo senso si vorrebbe che attorno alla Casa nascesse una rete fatta di persone, associazioni e rappresentanza di istituzioni in grado di supportare e accompagnare le persone accolte”. A questo punto non possiamo non ricordare che nello scorso aprile è stato avviato a Belluno un altro prezioso servizio Caritas: la “Casa Prade” che è struttura di accoglienza che opera nell’ambito delle persone senza fissa dimora. Di proprietà del Comune di Belluno, la casa, che era in passato abitazione del custode del cimitero urbano,è passata alla Caritas con contratto di comodato gratuito, al fine di consentire a persone senza dimora, nel tempo dell’emergenza conseguente alla pandemia, di poter contare su un luogo ove vivere senza situazioni di pericolo per sé e gli altri. In questo caso sono sei le persone che potranno usufruire di questa preziosa opportunità. Viene precisato che l’esperienza proseguirà anche dopo l’attuale periodo, non perdendo di vista che nella realtà bellunese vi sono non da ora situazioni di disagio per persone che, per varie ragioni, non dispongono di un tetto e di un letto. Viene dunque ribadito il fatto che Casa Prade non intende essere semplice struttura di accoglienza per l’attuale emergenza ma concreto progetto di accompagnamento per persone in difficoltà abitativa in vista di una autonomia cui puntare col sostegno collaborativo garantito dai servizi sociali comunali e dalla Caritas diocesana. Con queste premesse, il Comune guidato da Jacopo Massaro ha deciso con apposita delibera di continuare per altri tre anni la collaborazione con la Caritas proprio per la gestione di Casa Prade, anche con contributo alle spese di gestione di poco superiore ai 10 mila euro, per recuperare la condizione di difficoltà di persone senza fissa dimora in un clima familiare e di partecipazione di comunità nell’ambito di un progetto che interessa i 4t6 comuni della ex Ulss 1 vale a dire le aree del Bellunese, Agordino e Cadore.
NELLE FOTO (Renato Bona, Caritas diocesana di Belluno, sito chiesabellunofeltre): il simbolo della Caritas diocesana bellunese; il direttore, diacono Francesco D’Alfonso; vedute della Casa Emmaus; la targa che ricorda il benemerito benefattore Luigi Faena; esterno ed interno della Casa Prade.