“A Renato Bona con un affettuoso pensiero”. Così il 14 marzo 1977 lo storico Giuseppe Sorge, mio apprezzato collaboratore a Il Gazzettino, mi dedicava una copia del libro “Caprile”, stampato dalla bellunese tipografia Piave nel dicembre del 1976 per Nuovi sentieri editore di Bepi Pellegrinon. In quasi 150 pagine Sorge – che in apertura ospita una lettera di Giuseppe Mazzotti – tracciava “una breve storia di Caprile con le vicende della famiglia Pra e dell’albergo Posta”. Nella lettera indirizzata all’autore Mazzotti scrive: “Lo studio che lei ha dedicato a Caprile mi fa ricordare, con una certa soddisfazione, che uno dei miei primi scritti sulla montagna (pubblicato poi su una rivista) è dedicato all’Agordino dove la bellezza – dicevo – non è catalogata, privilegio inestimabile dei luoghi sempre più rari che ai nostri tempi ci possono consentire ancora la gioia della scoperta… lei, caro Sorge, ci ha offerto un sacco di notizie se non inedite certo poco note della storia di Caprile, specie di quando era l’estrema punta d’Italia, sotto la sorveglianza diretta di Livinallongo e di Colle Santa Lucia, governate da stranieri che agevolmente potevano dall’alto guardare in casa nostra; ci ha rappresentato le contese a non finire fra confinanti, sostenute dal Vescovo di Bressanone da una parte e dalla Repubblica Veneta dall’altra; ci ha descritto le antiche costumanze paesane, principalmente della fiera di novembre, delle feste e dei balli di carnevale, che si svolgevano secondo una tradizione codificata, mai trasgredita (delicata e poetica la conclusione dei festeggiamenti, coi giovani che portavano alle ragazze fiori dai lunghi steli, fabbricati con foglie di granturco ripiegate, secondo l’usanza di Livinallongo); ci ha fatto conoscere qualche parte degli antichi statuti, di cui piace ricordare la prescrizione che si facesse il pane giustamente: ‘che sia però anco bianco, buono e ben fatto, a beneficio di tutti, e massime della povertà’ e la severità dell’obbligo morale di conservare usanze e leggi quali erano state ‘osservate da mille anni in qua e più’. Ci ha ricordato i villaggi di Caracoi (Cimai e Agoin) alti sulle montagne sopra Caprile, dove si dice che la Repubblica Veneta confinasse i prigionieri turchi. Ci ha ricordato le sciagure, le alluvioni, gli incendi che nei secoli hanno devastato Caprile; e ha dato ampio meritato spazio al diario che ricorda il tempo della prima guerra mondiale, combattuta sui ghiacciai della Marmolada, sul Col di Lana, su altre cime d’intorno…”. Sorge ha articolato il suo lavoro nei seguenti capitoli: “Caprile nella tradizione”: cenni introduttivi, il paese, la chiesa di san Bartolomeo, personaggi caprilesi, feste civili e religiose, il turismo; “Pagine di storia antica”: le origini, gli antichi statuti, contese di confine e situazione religiosa, Scipione Benzoni e la colonna di san Marco, attività artigianali e lavorazione del ferro, dalla fine della Serenissima alla annessione del Veneto all’Italia; “Dal 1866 al 1966”: la famiglia Pra e l’albergo Posta, cavalli e carrozze, le alluvioni del 1882 e del 1885 e la “boa” di Rucavà, un ospite illustre, primo ampliamento dell’albergo, la Grande guerra nel ricordo del caprilese Antonio Soia: il 24 maggio 1915, primo attacco, mobilitazione generale, verso il Col di Lana, bombardamento di Saviner e Alleghe, il cinema muto, una fucilazione sul Cordevole, la ritirata, la occupazione austriaca, il 4 novembre 1918; dalla prima alla seconda guerra mondiale, dopo il 1945, il centenario dell’albergo; “Ai nostri giorni”: la rinascita del paese, due fratelli nella gestione di un albergo, la conquista della Marmolada, iniziative della famiglia Pra, prospettive di Caprile e della zona; “Il turismo nell’Alto Agordino”: la stazione di soggiorno di Arabba, la funivia di Porta Vescovo, il nuovo albergo della famiglia Pra ad Arabba; “Gastronomia caprilese”: il tempo rinnovato, rito gastronomico al ‘Posta’, virtù della buona tavola, dal ricettario di casa Pra. Nella conclusione l’autore scrive: “La storia di Caprile e dell’albergo ‘Posta’ non vuol essere una storia singolare perché essa, invece, simbolicamente riproduce la storia di tanti paesi ed alberghi della vallata agordina e della provincia di Belluno dove tenacia ed intraprendenza (unite ad estro e spirito di iniziativa) hanno dato vita ad altre valide attività. Il turismo caprilese, come quello agordino bellunese, cadorino o ampezzano, ha iniziato a muovere i suoi passi in questo modo, con gente del luogo che, malgrado la lontananza dai centri di vita, non ha mai avuto né subito il complesso dell’emarginazione. Quella di Caprile e dell’albergo ‘Posta’ resta quindi una storia emblematica che, nel sottolineare gli aspetti positivi e concreti della gente bellunese, insegna anche come si possano costruire in patria e altrove, le proprie e le altrui fortune. Sia nel turismo come negli altri campi dell’attività umana”. Fra i tanti capitoli ci soffermiamo in questa occasione su quello che si occupa di Scipione Benzoni e la colonna di san Marco. Ricordato con “Bepi” Sorge che “Caprile si trovò più volte al centro di scontri armati tanto che il Cadore dovette intervenire ripetutamente in sua difesa, unita alla Repubblica Veneta interessata a mantenere l’integrità del proprio territorio… e la più lunga contesa ebbe luogo fra Livinallongo e Caprile per ragioni di confine e nascondeva grossi interessi di carattere economico: durò oltre un secolo e mezzo e fu sostenuta dalla parte di Livinallongo dal Vescovo di Bressanone, mentre la Repubblica Veneta difendeva la propria terra di Caprile”! Va sottolineato che “La lunga controversia si conclude nel primo decennio del 1600 per opera del patrizio veneto Scipione Benzoni che… nell’adempimento dell’incarico ricevuto dalla Serenissima di ricercare una soluzione della controversia, si dimostra diplomatico di sperimentate capacità e riesce a destreggiarsi non soltanto su numerosi problemi di diversa natura, ma anche di fronte alla sottigliezza levantina della controparte e sulle continue riserve che la stessa veniva ponendo…”. Nel novembre 1608 annuncia soddisfatto al suo governo l’accordo che sarà firmato qualche mese dopo (nel frattempo era stata scoperta nella località Pian di Sala una miniera d’argento e di piombo ed il Vescovo di Bressanone aveva avanzato ulteriori pretese…), il 27 giugno 1609! In onore del patrizio veneto i caprilesi innalzarono la colonna con il leone di san Marco che si trova nella piazza interna del paese. Questo monumento testimonia – sottolinea Sorge – non solo la particolare gratitudine degli abitanti di Caprile per chi aveva finalmente posto termine alla lunga contesa e ridato serenità e tranquillità alla gente, ma anche l’influenza economica e la fedeltà che la popolazione di Caprile e della valle ebbe per Venezia, simbolo di civiltà e di italianità.
NELLE FOTO (Zanfron, Eddy, A. Simoni, Bortolon, Soia, Caprile nelle Dolomiti, riproduzioni dal libro “Caprile”): Giuseppe Sorge; la copertina del suo prezioso volume; Caprile e la Civetta (da The Dolomite Mountain di J. Gilbert e G.C. Churcill, Londra 1864); il Palazzo Pezzèun tempo sede dell’albergo “Alle Marmolade”; dall’album di disegni di Miss. L.Tuckett, 1870: Giovanna Pezzè la prima albergatrice; panoramica del paese della stessa autrice; la colonna dedicata al patrizio veneto Scipione Benzoni come era prima dell’alluvione del 1966; la targa che ne ricorda le benemerenze posta dai caprilesi nel 1609; ai tempi della Serenissima…; incendio del 2 settembre 1895: il parroco dirige le operazioni di abbattimento di edifici pericolanti; effetto del rovinoso incendio; abitazioni della via San Marco distrutte durante la Grande guerra; giovani con il fiore dal lungo stelo: è il 1925