LIVINALLONGO Michela Lezuo, presidente di Arabba Fodom Turismo, con una lettera aperta reclama le richieste di pagamento di acqua e rifiuti per quanto concerne la stagione invernale, stagione che è stata completamente persa a causa del Covid-19
di Michela Lezuo, Presidente Arabba Fodom Turismo
Un proverbio della tradizione linguistica italiana cita: “a caval donato non si guarda in bocca”, questo diviene difficile purtroppo oggi applicarlo. Negli ultimi giorni si sono susseguiti articoli che parlano di grande sensibilità e disponibilità verso le partite iva del comparto turistico, che con la perdita della stagione invernale faticano a far fronte ai costi fissi, nello specifico alle utenze di Valpe per i rifiuti e di Gsp per l’acqua. Il nostro consorzio turistico, già nel mese di marzo, quando definitivamente era per noi chiaro che la stagione sarebbe stata completamente persa, si è confrontato con gli enti in questione affinché questi costi venissero rivisti e ricalibrati. Un triste risultato, le nostre aziende hanno ricevuto una comunicazione da GSP la quale menzionava che in seguito alle limitazioni dovute alla pandemia, il loro collaboratore era impossibilitato alla consueta lettura del contatore e pertanto il conteggio si basa su dati storici puntuali. Che dire, per fortuna la sede si trova a Belluno, si trovasse a Canicattì? Chiaramente nessuna struttura ha avuto tali consumi e quindi ci siamo attivati singolarmente inviando la lettura del contatore e richiedendo il ricalcolo sul consumo avuto. Valpe, dal canto suo dimostra attenzione con una dilazione dei pagamenti, questo può unicamente dare un sollievo momentaneo alla cassa, purtroppo rimane sempre un costo a cui prima o poi dobbiamo far fronte. Più importante e grave è che tale costo non è congruo o pertinente al servizio effettivamente ricevuto. Dobbiamo precisare che, Valpe ha sì effettuato e garantito il servizio di raccolta settimanale e noi ne abbiamo usufruito ma con le strutture chiuse, lo scarico è a tutti gli effetti una utenza domestica e come tale utenza ritemiamo corretto un eventuale calcolo, il cosiddetto “conto “. Non risulta né etico né corretto pagare per un potenziale servizio, di cui nessuno ha usufruito, solamente per la motivazione che le nostre aziende hanno in giacenza in magazzino un numero di contenitori calibrati sulla produzione stagionale, ahimè, mai svuotati. Confidiamo in una vera revisione del criterio di calcolo, contrariamente, sarà palese dedurre che siamo considerati come utenti che devono semplicemente contribuire in maniera maggiore a far quadrare i conti di enti e società pubbliche, che cercano di minimizzare gli effetti del Covid. Ahimè questa pandemia sta delineando due mondi, quello delle imprese fatto di divieti, regole e rischi di impresa, e quello delle aziende pubbliche, che presentano comunque il conto cercando di fare finta che nulla sia cambiato.