PARLANO I LARICI
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È verso sera, quando tutto s’acquieta, che sembra di sentirli parlare i larici “dù in te la val”. Mossi dal tiepido vento di luglio raccontano piccole storie quasi perdute nel correre della Grande Storia. Hanno più di cent’anni gli alti e silenziosi guardiani della valle. Hanno visto nascere vivere e morire i miei antenati, ascoltato le loro voci e visto crescere me, che li guardavo ammirato quando d’autunno sfoggiavano le fronde colorate d’oro. E poi d’estate, quando il verde brillante inscuriva lentamente durante quei lunghi imbrunire. Snelli e robusti, silenziosi e dormienti solo d’inverno, quando ingrigiti apparivano quasi vecchi e stanchi. Ma era soltanto durante i mesi del grande freddo. In aprile un nuovo vigore appariva: era un orgoglioso mostrare rinnovate gemme.
-“…ne abbiamo viste tante nella nostra lunga vita. E siamo ancora qui, a raccontarti di com’era questo angolo di mondo tanti anni fa. Solo una volta abbiamo avuto veramente paura. Fu quando costruirono la strada nell’estate dell’84. Ti ricordi Paolo? Eri piccolo…
-“…certo che mi ricordo!! Ero arrivato sù appena terminata la prima elementare, orgoglioso del mio camion giocattolo regalatomi per la promozione. Ci eravamo fermati all’Emporio Fregona a Mas di Sedico e mamma e papà mi fecero scegliere il gioco che preferivo: e scelsi il bellissimo TIR. Poi, arrivati a San Tomaso, ecco la sorpesa: un grande escavatore ed un gruppetto di operai che operavano appena sotto la provinciale; “…i ha da fa inte la strada”, ci dissero i nonni. Fu una bella estate. Al mattino ero svegliato dal cigolare dei cingoli e dallo stridore dei denti della benna che strisciavano sui massi. Dopo la colazione seguivo attentamente i lavori dall’alto: e quando papà veniva a trovarci mi spiegava tecnicamente i lavori. “…chi là le sas da scogliera…chi tubi là le i drenaggi dei mur…chi legn impiantai par tera i se ciama pichet…”. Qualcosa capivo, ma a me piaceva veder lavorare l’escavatore. Foste voi larici a tenere sù il pendio quella notte che una piccola frana si staccò dietro casa: tutto tremò e ci svegliammo di colpo pensando al terremoto. Ed invece aveva ceduto un pezzo di scarpata. Poi l’escavatore avanzò inesorabile fino al giorno in cui si ritrovò la “brenta” di fronte: ero lì insieme alla mamma che era andata a curare i fagioli nel campo. E sopra un sasso vicino al tabià era appoggiata una “sesola” e mamma urlò “la bisa!!”. Ed io e gli operai ridemmo di gusto. Pochi minuti dopo, invece, non ridevamo più: la benna dell’escavatore artiglió la “brenta”. Due colpi ed un pezzo di storia era andato in frantumi per sempre. I lavori terminarono qualche settimana dopo e nel frattempo finì anche la nostra estate trascorsa all’ombra del Pelsa. Pareva dispiaciuta la grande montagna mentre osservava i preparativi che precedevano la nostra imminente partenza: calò un silenzio di quasi autunno mentre caricavamo la Ritmo prima di partire verso Belluno.”
“…non hai scordato niente Paolo. Era bello vederti concentrato mentre scavavi gallerie nel mucchio di sabbia fuori di casa. Quanto ci hai giocato con quella sabbia…!!
…eh sì, era il mio gioco preferito. Un’idea geniale del nonno quella di piazzare il mucchio di sabbia vicino al muro. Un gioco semplice e bello. Bastava un pò di sabbia e molta fantasia per essere felici. Anche voi ricordate tutto però!! ”
“…certo Paolo, ricordiamo tutto. Conserviamo in silenzio ricordi, voci, visi e storie. Basta che ti fermi un momento ad osservare i nostri rami mossi dal vento: e quelle storie le potrai ascoltare ancora …”…Magiche Dolomiti!!
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