di RENATO BONA
“Ricordando. Storia e immagini del comune di Sedico” nel primo capitolo il libro (edito dall’Istituto bellunese di ricerche sociali e culturali ad iniziativa di Comune e biblioteca civica, stampa del marzo 1986, tipografia Piave, in copertina disegno di Villa Rudio a Landris, opera di Sandra Rossa Argenti) ha proposto con Carla Conz la breve storia di Sedico, nella quale non poteva certo mancare lo spazio per la pieve. Partendo dal fatto che nel territorio bellunese le pievi erano sorte intorno al 1000 e forse anche prima, viene precisato che per quanto riguarda la realtà di Sedico la prima notizia certa dell’esistenza della pieve viene da una bolla di Papa Lucio III del 1185 “in cui si fa chiaro riferimento alla Pieve di Sedico ‘cum cappellis suis’ cioè alla chiesa pievanale e alle altre cappelle minori, distribuite nella zona; il che ci fa supporre che la pieve fosse ben anteriore a questa data”. E, sostiene la Conz, come comunità religiosa si è formata probabilmente quando la comunità pagana, convertita al cristianesimo, viene governata da un sacerdote che risiede stabilmente presso di essa, costruendo nella parte centrale del villaggio la chiesa battesimale. L’autrice richiama il fatto che “la pieve, generalmente aveva la sua scuola in cui si formavano i futuri diaconi e i chierici che si preparavano al sacerdozio, ma si formavano anche medici, giudici, notai” per poi sottolineare: “che tale scuola esistesse può essere confermato da un atto notarile del 15 gennaio 1240, firmato da Marescotto di Villiago – ante Calonice – cioè davanti alla residenza del parroco, chiaramente indicata al plurale, il che lascia intendere che non si trattava di un solo edificio, ma di un complesso più vasto, del quale faceva parte la scuola stessa, come scriveva don Ferdinando Tamis nel numero 1 della Rivista Bellunese. E veniamo alla chiesa, completamente ricostruita nel 1762 per volere del conte Miaro Miari e demolita nel 1955 perché pericolante e in luogo poco adatto alle esigenze del traffico in aumento. Mentre molte altre chiesette frazionali, alcune ormai scomparse, sorgevano nel territorio di Sedico a testimonianza della fede che sorreggeva gli abitanti in ogni occasione, lieta o triste, della vita. Secondo la Conz, merita un cenno la chiesetta di San Pietro che sorge sull’omonimo colle e che la tradizione indica come la più vecchia della parrocchia, antecedente anche alla principale, dedicata a Santa Maria Annunziata. E aggiunge: “Se consideriamo che parecchie di queste chiesette furono costruite nel XV e XVI secolo, se teniamo conto dell’esiguità della popolazione di allora (una curiosa tabella, tra le note in appendice al testo precisa: 1564 Sedego: anime utili: homeni 289, donne 244; inutili: putti 616, vecchi 107; preti 2 – ndr.) e delle precarie condizioni economiche della quasi totalità dei villici, possiamo anche immaginare quali sacrifici costasse la erezione di tante cappelle (quella di Santa Margherita, ora di santa Lucia, di Longano; di San Giorgio a Libano; quella di San Giacomo a Bribano e di san Nicolò a Bribanet; di San Pietro in Corona; quella di San Lorenzo di Pasa; quella di Villiago dedicata a San Girolamo ed ora a Sant’Antonio Abate come quella di Carmegn, l’unica quest’ultima ad avere il privilegio nella Pieve di Sedico, delle indulgenze per cui i fedeli vi si recavano in penitenza, a piedi, quattro volte l’anno: il 30 settembre e nelle feste di Santa Croce, dei Santissimi Innocenti e di San Biagio). Il contributo di Carla Conz a “Ricordando” sull’argomento si conclude con un cenno alle varie confraternite “costituitesi nella pieve, lungo i secoli, da quella più antica dei Battuti, detta anche ‘scuola della Beata Vergine dalle cape bianche’ a quella del Santissimo Sacramento, del Rosario, delle Anime Purganti; confraternite che provvedevano tutte, oltre che al decoro della chiesa, al soccorso dei poveri, degli infermi, alle spese dei funerali dei più indigenti ma che talvolta, forse, non impiegavano nel modo migliore le risorse disponibili, se nel 1661 i confratelli della ‘scuola della Beata Vergine’ vengono rimproverati di spendere troppo ‘in pasti e simili magnarie’”. Di religione si è occupato anche Gianni De Vecchi che in base alle testimonianze orali esistenti scrive che: “La chiesa era l’unico luogo di ritrovo, cui potevano accedere tutti. Attorno ad essa, costruita coi sacrifici di tutti, sorgevano poi le altre casa fino a formare il paese. Era molto frequentata nei giorni. Il parroco rappresentava quindi, in genere, l’unico aiuto sia spirituale che materiale per una popolazione analfabeta (o quasi) e molto povera… Il sentimento religioso era molto radicato nella gente (in genere contadini, operai o emigranti) ed aiutava ad affrontare con serenità le privazioni che la vita difficile imponeva e ad accettare le malattie con cristiana rassegnazione. A testimonianza della loro profonda fede in Dio e della devozione alla Madonna e ai Santi (le cui ricorrenze scandivano i lavori agricoli), i nostri avi eressero chiesette, tarioi (cappellette), capitei (capitelli) anche nei luoghi più impervi come la chiesetta di San Giorgio sopra Barp.
NELLE FOTO (riproduzioni dal libro “Ricordando” e Pinterest): la parrocchiale di Sedico: vecchia di oltre 200 anni venne demolita nel 1955; monsignor Luigi Fiori ed il fratello monsignor Angelo, maestranze e operai posano per la foto ricordo del “colmo” della nuova chiesa; la vecchia Canonica; processione, la prima domenica di ottobre, in onore della Beata vergine del Rosario, sullo sfondo la vecchia parrocchiale poi demolita; prima messa di don Giacomo Viezzer nella parrocchiale di Libano il 2 luglio 1933; ricordo della cresima del 1913; prima comunione del 1930; la chiesetta di San Pietro sul colle omonimo.