di Renato Bona
Si conclude qui l’impegnativa, ma appagante, lettura di “Cansiglio ‘Terra Cimbria’” il libro del compianto maestro Mario De Nale, edito in seconda edizione riveduta ed ampliata nel settembre 1984 (stampa tipografia Piave di Belluno) a cura del Centro sociale di educazione permanente di Tambre in coedizione con Pool industriale Chinol. E lo facciamo sintetizzando il capitolo “Risalendo ai padri cimbri” in cui l’autore presentava quello che definiva “fantasioso tracciato di come potrebbero essere andate le cose, così da risalire ai padri cimbri”. Intorno al sesto millennio a.C. – scriveva De Nale – le tribù dislocate sulle rive orientali del mar Nero, cominciarono ad essere disturbate dai più progrediti Medi. Allora i Cimbri e i Gomari-Ambroni, per evitare di essere sottomessi, salparono verso le rive opposte per unirsi ai consanguinei Teutoni e Galli. Dopo un millennio di vita dedita esclusivamente alla caccia e alla pesca, le tribù mossero verso il Nord e seguendo il corso del Danubio e di altri fiumi a nord dello stesso, raggiunsero le rive del Baltico. Lassù si divisero in stretto accordo le nuove terre, così i Cimbri si stabilirono in Danimarca, i Teutoni nel Meclenburgo ed Isole Frisone, i Gomari-Ambroni nella Sassonia e divennero Sassoni. I Galli occuparono la parte nord-occidentale d’Europa e la Westfalia. Ancora: “Intorno al 1000 a.C. l’Europa fu poi invasa dai Celti che, dopo una breve pausa nelle terre centrali, cioè a sud di quelle abitate dalle discendenze di Gomar e a nord dei Veneto-Illiri e Liguri, mossero verso sud, e, dopo aver assorbito facilmente i vari popoli fino ai confini del fortissimo caposaldo dei Latini, raggiunsero la Spagna degli Iberi, una popolazione mista di liguri, Berberi e Salassi. Là, l’azione d’assorbimento trovò un’accanita resistenza specialmente nei Berberi giunti dall’Africa, gli attuali Baschi che conservano ancor il loro idioma originario e le loro consuetudini; si fusero invece facilmente ai nuovi arrivati tutti gli altri dando origine al nuovo popolo dei Celtiberi”. L’autore dedicava quindi diverse pagine per ripercorrere la storia, non sempre pacifica, anzi, degli spostamenti per arrivare infine ai cimbri del Cansiglio che “come quelli di Roana vanterebbero come progenitori Noè e il suo nipote Gomar”. Ma – si poneva l’interrogativo – sarebbero pure essi, allora, anche i più diretti discendenti degli scampati dai Campi Raudii rifugiatisi sulle montagne vicentine? Per puntualizzare:”Da qualche secolo gli eruditi si battono in forza di carte e documenti per dimostrare la veridicità delle loro opposte teorie: a) i Cimbri delle isole prealpine discendenti dai Cimbri sconfitti da Mario, rifugiatisi colà subito dopo la grande disfatta; b) risulta favola e pure fantasia la storia dei cimbri sconfitti da Mario rifugiatisi poi sulle montagne veronesi o vicentine, ma furono invece i discendenti di altre tribù cimbre a stabilirsi lassù in tempi a noi più vicini, anche se, pur sempre, remoti”. E metteva in evidenza che dando pure per scontata “la sonora lezione” quella dei cimbri non avrebbe dovuto essere stata una comune ritirata, ma una fuga vera e propria, ed è ovvio che quando si fugge si cerca di allontanarsi il più possibile dal pericolo, per cui le montagne vicentine o veronesi non potevano affatto risultare una meta sicura da raggiungere. Mario De Nale a questo punto si chiedeva: “Ma, allora, perché sono chiamati e vogliono essere chiamati cimbri gli abitanti dei sette comuni vicentini, dei tredici comuni veronesi e del Cansiglio?” e riteneva indispensabile dare “ampio credito” alla tendenza essenzialmente migratoria delle tribù cimbre e teutoniche, partendo dall’esempio dell’emigrazione dei cimbri da Roana al Cansiglio; e a sostegno della sua ipotesi spiegava che dalle diverse documentate relazioni di studiosi riportate dalla rivista “Taucias Gareida” si apprende che “i Teutonici” o tedeschi emigrati dal nord appartenevano a tre categorie di lavoratori¬: “Zimbaraer-Zimbar-Tzimberer” cioè: “legnaiolo”, carpentiere o lavoratore del legno, minatore e scalpellino, pastore o colono dediti alla pastorizia. Con la sottolineatura che “Quelli del Cansiglio appartengono alla prima categoria e appunto per questo scelsero la foresta” anche se “come sia stato scelto proprio il Cansiglio non è dato ancora saperlo esattamente, ma non v’è dubbio che il fatto sia da ricercare in probabili disposizioni che verso le fine del XVIII secolo avrebbero limitato l’uso di legname scelto da lavoro nel cimbrico comune di Roana e, probabilmente anche nei comuni vicini, per cui nacque in qualcuno il desiderio di spingersi alla ricerca di altri luoghi boscosi più felici, suggerito magari da capitani, ispettori o dipendenti dell’Arsenale, che ben conoscevano il bosco bandito”. E concludeva: “La loro storia finisce qui, velata da una coltre arcana che non dà respiro: è troppo tardi ormai ed inutile far rivivere anche il loro mondo col loro dialetto, con le loro consuetudini ed i mille episodi della loro secolare indipendenza ed isolamento insieme”.
NELLE FOTO (riproduzioni dal libro “Cansiglio terra Cimbria’” e archivio Renato Bona):la copertina del volume; l’autore, il compianto maestro Mario De Nale; Cansiglio-Lion: la prima scuola costruita nella foresta; foresta del Cansiglio, località Crocetta; Il palazzo del capitano e la tettoria della pompa dell’acqua; Cansiglio-Crocetta del passato: l’Osservatorio bacologico; le “lame” del Cansiglio; Casoni di Vallorch in festa; cimbri del Cansiglio: si riconoscono i fratelli Igino e Artidoro Gandin; gruppetto di cimbri: Oreste Gandin, secondo da sinistra, nipote del capo tribù, Luigi, e alla sua sinistra Ferruccio, figlio di Serafino; il capitello di sant’Antonio Tiriton costruito nel XVIII secolo: nell’immagine scattata da don Gino il vescovo di Belluno-Feltre Maffeo Ducoli celebra la messa; lezioni per formare i nuovi boscaioli a cura dell’Azienda regionale veneta delle Foreste; Osteria cimbra in… Pian Osteria; attrezzi cimbri da lavoro.