“Stamattina se ne è andato Elio Daurù, Sindaco di Rocca Pietore negli anni 70, Presidente della Comunità Montana e della Provincia, nonché mio Professore alle Scuole Medie. Ho un buon ricordo di lui…”
Poche parole, significative, del sindaco di Rocca Pietore Andrea De Bernardin. Ci ha lasciato uno degli uomini importanti per la vita politico-amministrativa dell’Agordino. Un passato da amministratore a più livelli, negli anni della Democrazia Cristiana che imperava nell’Agordino e che ha dato alla vallata uomini importanti, di prestigio, dal Senatore Colleselli a Floriano Pra, per ricordare solo alcuni degli amici del prof. Dauru’.
Alla famiglia, alla moglie, al figlio, giunga l’abbraccio della redazione di RADIO PIU
mirko
IL SINDACO DI ROCCA PIETORE ANDREA DE BERNARDIN
IL PRESIDENTE DELL’ASSOCIAZIONE BELLUNESI NEL MONDO, OSCAR DE BONA GIA’ PRESIDENTE DELLA PROVINCIA E VICE DI ELIO DAURU’ “Il fratello maggiore, affezionato e cordiale ed è stato un onore lavorare con lui”
IL PRESIDENTE DELLA PROVINCIA ROBERTO PADRIN
«Il nostro territorio perde un’altra figura di spicco, un amministratore attento e lungimirante. Soprattutto un uomo buono». Così il presidente della Provincia Roberto Padrin in una nota di cordoglio per la scomparsa di Elio Daurù, già sindaco di Rocca Pietore e presidente a Palazzo Piloni dal 1985 al 1990. «Daurù è stato figlio di quella generazione di amministratori che hanno dedicato passione e competenza alla loro terra, seminando germi che ancora oggi portano frutti. L’esempio di chi si impegna per il territorio rimarrà vivo, mentre ci mancherà la figura umana, di grande spessore. A nome dell’amministrazione provinciale, le condoglianze ai famigliari e agli amici».
MAURIZIO BUSATTA, AMMINISTRATORE E GIORNALISTA
“Dobbiamo a Dauru’ e al suo assessore Baratto quello che ancor oggi rimane l’unico volume ragionato sull’identità di questo territorio: Viaggio intorno a una provincia. Tre edizioni, la prima marzo 1989. Ricordo la sua (di lui) emozione a sfogliarlo. Fu quella la prima provincia in Italia ad interrogarsi sulla sua storia, sulla sua identità e sulla visione del futuro. Tutto ciò prima ancora di De Rita e del Censis”.
ARCHIVIO RADIO PIU. OTTOBRE 2017
ROCCA PIETORE
Elio Daurù, classe 1937, domani soffierà sulle prime 80 candeline e festeggerà con la moglie Iole e il figlio Ugo. Daurù è stato presidente della Provincia (1985-1990) e della Comunità montana Agordina (1990-1999), sindaco di Rocca Pietore (1970-1975) nonché, per più legislature, assessore in Provincia e consigliere comunale a Rocca Pietore. Trent’anni di vita politico-amministrativa senza mai cambiare bandiera, fedelissimo alla sua Democrazia Cristiana in anni in cui la politica si faceva nel partito. Erano i tempi del post senatore Arnaldo Colleselli, del giovane Floriano Pra e dell’avversario di sempre: il senatore Dino Riva. Prima altri 30 anni al servizio della collettività come insegnante alle scuole medie di Caprile.
Allora presidente, come si sente da bellunese e veneto autonomo?
«L’autonomia è tutta da mettere in piedi, il presidente della Regione avrà più forza sui tavoli del Governo romano. La Provincia l’hanno ridotta in condizioni pietose con il meccanismo di nominare consiglieri i sindaci. La nostra è una provincia tutta montana, con problemi diversi dalla pianura: era da trattare a parte già da prima».
Per una carriera così importante, Daurù, che mentore ha avuto?
«Veramente facevo l’insegnante e avevo molto tempo libero. Per riempirlo ho provato a fare il consigliere comunale e mi sono messo a disposizione del partito, questo è stato l’inizio».
Democristiano convinto fino al termine del mandato di fine millennio?
«Non mi piacciono i volta gabbana. Sono rimasto nella Dc anche quando molti mi tiravano per la giacchetta chiedendomi di andare altrove».
Era altra politica?
«Oggi c’è così tanta confusione, centinaia di parlamentari che vanno da un gruppo all’altro, scandaloso. Ai miei tempi c’era più coerenza politica. A livello locale non ci sono più i paesi di una volta, non ci si aiuta, non si collabora e questo complica la vita. Ho comunque sempre molta stima dei sindaci, sono da ammirare perché si assumono responsabilità importanti e non sempre è facile far collimare leggi e buon senso».
Come ricorda la sua esperienza di sindaco?
«Non mi è piaciuta per niente, troppo vincolata a determinate idee vivendo a contatto di gomito con gli amministrati. Diversamente in Provincia, dove sono rimasto 15 anni, ho avuto spazi importanti proponendo e a volte imponendo le mie idee».
In Comunità montana nel dopo Floriano Pra?
«Ricordo un ambiente numeroso ma cordiale. Mi sono trovato bene tanto nella prima giunta politica che nella seconda, dove il programma era stato svolto quasi interamente: non capita spesso, una bella soddisfazione».
Dino Riva è stato il più grande rivale?
«Politicamente era molto aggressivo, con lui ho condiviso da nemico molte battaglie».
Floriano Pra, oltre che amico, era un collega importante quando sedeva in Regione e lei a Palazzo Bianco?
«Ho sempre avuto ottimi rapporti, grande uomo e grande amministratore, incisivo e categorico, una grande perdita».
Perché non si è mai candidato parlamentare?
«Il partito non mi ha mai dato questa possibilità, mi era stata proposta una candidatura in Regione, ma la politica di professione non mi è mai piaciuta, tanto meno il dover rispondere agli ordini della Segreteria».
Ricorda l’Agordino d’oro premio i discreti?
«Ho cercato di rianimarlo negli ultimi anni, ma purtroppo rimane un ricordo».
Perché Rocca Pietore ha perso la Marmolada?
«Perché l’allora presidente della Repubblica Sandro Pertini ci ha messi in ginocchio. Ho provato grande amarezza nel constatare i limiti della provincia di Belluno».
La potenza delle Regioni autonome?
«Hanno idee ma anche soldi. Ai miei tempi il bilancio della Provincia per le spese ordinarie era di 350 milioni di lire; di là avevano 7 miliardi che non sapevano nemmeno come spendere. Un altro mondo…».
Mirko Mezzacasa