di RENATO BONA
L’amica, poetessa in vernacolo bellunese, Luigina Tavi (vincitrice di numerosi meritati premi) purtroppo scomparsa, novantenne, nel settembre 2018, aveva profonda ammirazione per il conterraneo don Bruno Bersaglio, nato a Salce il 28 marzo 1914 (casello ferroviario numero 80, appena sotto la Chiesa di San Pietro) e mancato il 18 agosto 2010 dopo essere stato ospite di casa Kolbe di Pedavena. Per ribadirla, aveva scritto per la rubrica lettere del Gazzettino e sul mensile “de cultura e tradission vènete Quatro ciàcoe”, un toccante ricordo del sacerdote, esprimendogli fra l’altro gratitudine perché lei, figlia di ferroviere, apprezzava molto quello che definiva “lo storico libro sul treno” con una incredibile serie di precise notizie, idee, progetti, disegni, foto, descrizione dei vari lavori e le date, veramente storiche, relative all’arrivo della Ferrovia a Belluno il 10 novembre 1886 e a Calalzo il 18 maggio 1914. Nell’elenco dei libri prodotti dal sacerdote comprendeva sempre anche “I castelli e le ville di Cesio” che è quello del quale ci siamo occupati giorni or sono e sul quale torniamo volentieri oggi, partendo per una sorta di viaggio, dal “Castello di Cesio” di cui don Bruno così scriveva: “Parlando della via Claudia, come di tutte le vie militari di Roma imperiale, è ovvio pensare ai Castelli, o fortezze, posti di tappa in tappa, sui punti più elevati e strategici, a guardia della via sottostante e a protezione e difesa delle milizie romane”. Uno di tali Castelli era quello di Cesio che secondo Vecellio come quello di Cesana fu costruito dai romani e dalla famiglia “Coesia” che, stabilitasi a Feltre al tempo in cui vi giunse Giulio Cesare, era assai potente. Nel XIII secolo la famiglia prese il nome Muffona da uno dei suoi membri: Muffolino, e più tardi il Castello passò alla nobile famiglia Facino. La torre esisteva già nel 1623 e Cesii o Muffoni, padroni di un altro Castello a Cesio Minore “seppur tra lotte e contese, specie negli anni delle invasioni barbariche, ne ebbero per secoli sicuro possesso presso l’attuale palazzo Buzzatti”, e fu “baluardo di sicura difesa e ne uscirono eroi, che resero grande il nome di Cesio”. C’è quindi la Villa Muffoni che non è una costruzione elevata presso i ruderi dell’antica fortezza o Castello Muffoni, ma una villa costruita nel secolo XVIII a nord della parrocchiale per quella stessa famiglia i cui primi antenati erano la “gens Coesia”, che apparteneva alla cittadinanza romana. Era a tre piani, con corpo centrale sporgente e due trifore sovrapposte con relativi poggioli. All’interno aveva una cappella e lateralmente una loggia aggiunta nel secolo XIX. Nel 1945 venne incendiata dai tedeschi e semidistrutta quindi riedificata in forme gotiche con cappella al centro. Accanto alla chiesa di Cesio sorge la Villa Corrà; eretta nel secolo XVIII, appartiene ai Corrà. Mirabile – secondo A. Alpago Novello – l’effetto compositivo ottenuto. Bersaglio ci porta quindi in Val Canzoi dove ai tempi di Roma pagana dominava un Castello e, più in alto ancora, una torre di guardia. Il Castello, deformato, esiste ancora a Cullogne, poco lontano dalla sottostante chiesetta di San Salvatore e dalla ex Villa Zanettini, oggi alquanto mutata con, fra l’altro, una rustica scala a pietre e un’apertura ad arco romanico. Secondo tradizione si trattava di un posto di “muta” per i soldati. Ed eccoci al Castello di “Toco”, realmente esistito “negli anni turbolenti ed oscuri del Medio Evo”, come documenta una bolla di Papa Lucio III del 1184 che “conferma le possessioni che il Vescovo di Feltre godeva oltre il fiume Cautano, probabilmente il Caorame, e tra queste specifica il Castello di Toco”. Andiamo avanti e “Tra Cavallea e il torrente Salmenega s’adagia su luogo elevato il paese di Anzaven o Anzàveno come era anticamente chiamato. Un tempo era importante “a motivo di un Castello medievale di cui al tempo di Daniello Tomitano – dopo la distruzione dei castelli avvenuta nel secolo XV – sussistevano i ruderi e che dominò per secoli sulla valle della Salmenega in vicinanza della chiesetta di Sant’Andrea. Lo possedeva una delle nobili famiglie di Feltre, gli Anzaveno che ebbero qui la loro antichissima origine. Tocca alla Villa delle Centenere che sorge in luogo isolato e baciato dal sole. L’autore scriveva: “Si direbbe un luogo di fate per quella vasta e verde spianata delimitata a sera dalla profonda incisione del torrente Caorame, per quei filari di piante ben disposti tra il piano e la valle e su pel viale d’ingresso, per la vaghezza delle statue e dei fiori dai più svariati colori, e più ancora per l’aspetto della Villa col suo magnifico timpano e della cappella posta in fondo al vialetto”. Proseguendo l’ipotetico viaggio approdiamo alla Villa di Menin, ora ridotta a semplice abitazione rurale ed in completo abbandono. Un edificio di aspetto ottocentesco che risale ad epoca antecedente, forse anche prima del secolo XVIII quando era proprietà dei nobili Cumano, oriundi di Padova ma cittadini di Feltre; nel XIX secolo passò alla nobile famiglia de’ Mezzan che la trasformò sia curando le sue adiacenze come ponendo sulla facciata una decorazione neogotica che “era pienamente conforme ai gusti del tempo”. Il poeta Vecellio non ebbe dubbi nel definirla “un pittoresco e delizioso giardino”. Restiamo a Menin “terra distintamente gioconda perché oltre ad essere bella per la sua posizione geografica era tutta ridente di fiori e ricca di messi e vigneti”. Pare proprio, per dirla ancora col Vecellio, che “La terra di Menin fu la prima nel Feltrino a coltivare la vite americana, o canadese, e che largo ne era il vantaggio se si pensa ad esempio che nell’anno 1887 si riusciva a raccogliere ben 275libre d’uva” pari a circa 140 quintali. Di qui si spiega come fossero sorte in Menin varie distillerie “pel ricavato della vinaccia, di cui certune esistono ancora”. Ad est del recinto della vecchia Villa sorge la chiesetta di San Biagio martire, sormontata da un piccolo campanile. Un gruppetto di case sul “colle altero” perché arditamente si eleva sulle circostanti alture, dà il nome a Cossalter la cui gente, religiosa come è, “s’affidò sempre e ancora si affida alle protezione di San Vindemiano o Geminiano per la fecondità delle messi e accede ogni anno al sottostante sacello per la “festa del titolare”. Arriviamo a “Sovranceno”, oggi Soranzen, che “si stende su ridente declivi quasi a sentinella della Val Canzoi… posto a cavallo di amene vallette e di splendidi poggi. Possedeva già nel secolo XII un magnifico e forte Castello che probabilmente si ergeva nei pressi dell’edificio scolastico o “Villa Martini” nella località La Madonnetta dove sono state rinvenute ossa umane. Ci spostiamo ad Arson dove i Facino o Facini nobili che militavano tra i Ghibellini erano padroni del Castello uno fra i molti che furono rasi al suolo nel XV secolo per ordine della Serenissima. Più tardi, nel secolo XVII ebbero la proprietà anche dell’edificio “che in Sornzen passa tuttora sotto il nome di Villa “Facino Pasole”: sorge tra i prati un po’ fuori dell’abitato e dopo i passaggi di proprietà compreso quello ai nobili Bovio, divenne una semplice casa rurale che “desta ancora un certo interesse per la facciata a trifora ora parzialmente chiusa, che ci presenta un ricco motivo ornamentale in stucco con lo stemma nobiliare dei Facini. Concludiamo con “Flàmina e il Castello ‘de’ Rambaldoni’”. “Nei torbidi anni del Medio Evo la villa di Flàmina o Fianema come ora si chiama, poggiava attorno a un Castello di cui non rimane traccia alcuna che ne precisi l’ubicazione”. Don Bersaglio scrive che: “Sappiamo che questo Castello era in possesso della nobile famiglia feltrina de’ Rambaldoni, che discendeva dai longobardi, e precisamente da un certo Rambaldone, capitano e parente del re Alboino ed anche uomo di gigantesca statura, per cui si spiega la provenienza dello stesso nome: de’ Rambaldoni”.
NELLE FOTO (riproduzioni dal libro “I Castelli e le Ville” di Cesio”): l’autore, don Bruno Bersaglio; Luigina Tavi; il “canevon” di Menin, forse antica residenza padronale;l’Oratorio di San Biagio a Menin; e quello di san Geminiano nelle vicinanze di Cossalter; l’altura di Cossalter o “Colle altero”; chiesa della Madonnetta,ora dissacrata, a Soranzen, dove secondo tradizione si ergeva nel Medio Evo il Castello del Grino; la Villa “Facino-Pasole”; villa “Martini” ora scuola elementare a Soranzen; panoramica di Fianema dove sorgeva l’antico castello de’ Rambaldoni; tipico camino della villa Facino-Pasole.