di RENATO BONA
Ci siamo occupati in precedenti servizi di “Selva di Cadore come era” che è poi il titolo (“Selva da nosakàn” nell’idioma ladino) del libro che il selvese amico e collega prof. don Lorenzo Dell’Andrea ha dato alle stampe nel novembre 1993 con la bellunese tipografia Piave, ad iniziativa de l’Union de i ladiñ, de Selva – di scolaresche, coscritti, e soldati e in questa occasione completiamo il capitolo soffermandoci sugli emigranti. L’autore esordiva ricordando che “La cessazione di attività lavorative, la crescita della popolazione e il frequente andamento negativo dei raccolti costrinsero dunque molti compaesani ad emigrare” e puntualizzava: “Un’emigrazione divenuta massiccia già nel 1700, con meta prevalentemente Venezia, che continuò e si accrebbe, sviluppandosi in varie ondate: alla fine del secolo scorso, all’inizio di questo secolo, nel periodo tra la prima e la seconda guerra mondiale, e infine nel primo ventennio del dopoguerra, toccando tutti i paesi d’Europa e del mondo, dall’America all’Australia. In questi ultimi trent’anni, più o meno a partire dal 1960 si sono verificati tanti cambiamenti in ogni campo. Per prima cosa, grazie a Dio, non c’è più la fame. C’ è ancora l’emigrazione, ma prevalentemente oggi si tratta di ‘emigrazione volontaria’, non per bisogno ma per una scelta libera, per guadagnare di più o per poter svolgere un lavoro che soddisfa maggiormente. Di seguito, Dell’Andrea proponeva una serie di splendide immagini d’epoca (raccolta di: Maria Lorenzini, Pietro Lorenzini, Amelio Monico. Fedele Chizzolin, Milena Dell’Andrea, Filippo De Filippo, Union Ladiñ, de Selva, Remo Martini, Iole Lorenzini Monico, Maria Dell’Andrea Nicolai, Lorenzo Lorenzini, Marcello Martini) accostate a corpose diciture. La prima è quella di “Una famiglia di emigrati di Selva. Chi sono? Qualcuno dice che potrebbero essere ‘ki de Kamilo’. Non si sa chi sono. Ma certo sono dei ‘nostri’: persone con un portamento pieno di dignità e di fierezza. Dove sono? Nemmeno questo si sa, ma poco importa saperlo: con il loro cuore sono certamente sempre stati nella nostra valle, della quale hanno conservato il costume, i valori e, spesso, molto a lungo anche la parlata”. Nella stessa pagina 175 del libro, la seconda foto: “Celeste Lorenzini (da sinistra), Pietro Lorenzini e Ermenegildo Lorenzini emigrati negli Stati Uniti. Avevano acquistato un terreno e impiantato la loro attività in Florida, proprio al centro di Miami Beach. Eccoci alla terza foto, proposta con questa didascalia: “Assieme a qualche prezioso risparmio, gli emigrati inviavano a casa le loro fotografie; genitori, mogli, figli le custodivano come cosa carissima e sacra”.Tocca a quella di: “Rova Alvise ‘Gigo Zot’ uno dei tanti selvani emigrati in Italia” e quindi a quella di: “I fratelli Luciano, Loreto e Virginia Cazzetta ‘de i Peruia’: inviarono a casa i loro saluti da Cortina sul retro di una fotografia. Era il 27 novembre 1911 e naturalmente il francobollo era dell’Austria. Non erano lontani, ma… non erano a casa!”. Altra pagina che si apre con: “Fedele e il suo padrone, suo papà e il papà di Iola” è scritto dietro la foto spedita dall’America. Vi è dunque ritratto Fedele Chizzolin, l’autore di molte fotografie di questo libro. Fedele era andato in America, dove aveva appreso anche l’arte del fotografo. Ritornato, rimase a Selva per alcuni anni (sicuramente dal 1918 al 1924) poi ritornò negli Stati Uniti dove continuò l’attività di fotografo. Per l’immagine successiva viene spiegato che: “La vita dell’emigrante non era facile. Sul retro di questa foto, spedita dagli Usa da Fedele Chizzolin si legge: questo inverno non c’era lavoro nel nostro mestiere così per passare il tempo abbiamo fatto legna per conto nostro, però senza paura del guardiaboschi, sebbene eravamo senza permesso. Questa foto ci mostra occupati sul fianco della casa dove abitiamo. Fedele”. Andiamo avanti e ci imbattiamo nell’immagine di “Margherita e sua figlia, come dice la scritta sul retro; e poi un rimprovero, probabilmente ad un’altra figlia rimasta a Selva: cara figlia sono desideroso di avere un tuo scritto. Perché non scrivi mai? Saluti e baci. Tuoi genitori e fratello”, che precede quella, decisamente sbiadita di “Agostino e Angelo Zuliani ‘de Florindo da Franceschin’ emigrati negli Usa”. E’ invece dedicata ad un omonimo dell’autore del libro la foto accanto alla quale è scritto: “Lorenzo Dell’Andrea (1900-1970) con il suo cavallo nelle foreste dell’Australia”, che precede quella dei “Boscaioli di Selva che continuarono in Australia i lavori di casa, salvo che la foresta australiana aveva ben altre dimensioni e il trasporto dei grossi tronchi non costringeva alle fatiche della ‘risina’ o delle teleferiche: vi provvedeva la ferrovia”. C’è quindi una coppia: “Paolina De Filippo, con il marito: emigrarono in America nei primi decenni del secolo”, che precede la foto di “Rinaldo Nicolai ‘de ki de Kolò’ (1903-1990) verso gli anni ‘20. Per anni e anni ha fatto il ‘mistro’ nel ‘kaselo de Santa Fosca’. Il formaggio, il burro e la ricotta da lui prodotti erano sempre di ottima qualità. Era un mestiere duro il suo: doveva incominciare al mattino presto per preparare la caldaia per la ‘skota’ ed essere pronto per la pesa del latte che le famiglie portavano di primo mattino, appena munto; poi lavoro duro per tutta la mattinata e alla sera di nuovo al lavoro per la nuova pesa del latte. Un lavoro pesante anche per le condizioni ambientali: sempre nelle correnti, sempre in un ambiente molto umido. Ma anche se duro, era una fortuna avere un lavoro del genere, garantito per tutto l’anno salvo qualche breve periodo di chiusura della latteria quando non vi era latte sufficiente per la lavorazione. Rinaldo infatti a differenza dei suoi numerosi fratelli: Celso, Riccardo e Mario e diversamente da moltissimi altri compaesani non fu costretto a emigrare in Italia o all’estero per guadagnarsi il pane. In chiusura, la pagina 181 è dedicata a: “Attilio De Mattia, figlio del maestro De Mattia, disperso durante la guerra 1915-18, emigrato in America”, “Emigrante di Selva in America”, “Un De Filippo ‘de i Lela’, probabilmente emigrato in America, “Due compaesani di Selva, probabilmente emigrati in America”, “Lorenzo Marini davanti alla Basilica di San Marco a Venezia”, città dove emigrarono anche i selvesi: “Da sinistra Giuseppe Cadorin (morto nella guerra 1915-18), Giovanni Cadorin (1865-1943) che esercitava il mestiere del ‘luganegher’ e Davide Cadorin (1902-1948) che, come altri nostri giovani, lavorava nella bottega come garzone”. L’ultima immagine che proponiamo in questa occasione è quella delle “Quattro sorelle Tina, Ida, Emma e Clotilde Monico emigrate in Svizzera.