LA RINUNCIA
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Era la fine di maggio dell’anno di grazia 2005 e quel giorno decidemmo di salire al bivacco Bedin, seguendo il classico itinerario che si inerpica lungo il versante cencenighese delle Pale di San Lucano. In verità qualche dubbio mi era sorto nei giorni precedenti, in quanto il lato nord delle Pale si presentava carico di neve nonostante la stagione avanzata. Però noi eravamo giovani, allenati e soprattutto pieni di entusiasmo; e poi io, d’estate, avevo già percorso altre volte quei milletrecento metri di dislivello e conoscevo il tracciato a memoria. Così partimmo molto presto da Pradimezzo e dopo circa un’ora e mezza fummo a Malga Ambrusogn. La giornata era un pò uggiosa ed una malinconica luce grigia illuminava le montagne circostanti. Qualche minuto di pausa e poi cominciammo a salire verso la forcella della Besausega. Dopo cento metri trovammo l’inverno. Un mondo di neve ci accolse e noi ci sentivamo un pò come gli alpinisti veri. Faceva pure freddo, giusto per aggiungere un pò di pathos all’avventura che stavamo per intraprendere. Il sentiero estivo ovviamente era sepolto dalla tanta neve, così optammo per la salita “dritta per dritta” puntando alla forcella. C’era vento, ma io avevo il pile comprato al mercato: teneva un caldo puramente psicologico ed eravamo entrambi pure senza guanti, perché a fine maggio, di solito, è praticamente estate. E ovviamente mancavano pure ramponi e bastoncini, che allora nemmeno li possedevo i bastoncini che “…a cosa vuoi che servano…”: e poi, poco tempo dopo, una volta provati, non li ho più abbandonati. Nonostante la totale mancanza di qualsivoglia mezzo tecnico utile alla progressione in sicurezza, raggiungemmo tranquillamente la forcella. La consueta e strepitosa visione dell’Agner ci accolse nonostante il cielo grigio sciagura. Mangiai una squisita cioccolata con il riso soffiato e poi la faccenda si fece più seria. Eravamo giovani ed entusiasti, ma non sprovveduti oltre il lecito. Il bellissimo sentiero che solitamente in poco meno di mezz’ora conduce agevolmente al magico bivacco, quel giorno era pericoloso da percorrere. Il versante sud delle Pale si trovava in pieno disgelo ed era un fischiare di sassi che precipitavano lungo le verticali pareti del boral. Oltre ai sassi, pure qualche “slavinot” che si staccava dai costoni sopra il sentiero, che in parecchi punti era interrotto da lingue di neve. Quelli bravi sarebbero passati senza particolari problemi, noi invece, che in quei momenti ci sentimmo meno bravi, non ce la sentimmo di prenderci dei rischi che ritenevamo inutile correre. Certo un pò dispiaceva fermarsi a venticinque minuti dalla mèta, ma, ci dicemmo con la massima tranquillità, che le montagne e i bivacchi sanno aspettare. Così, per rifarci della delusione, che poi delusione non era, decidemmo di divertirci in discesa: estratto il poncho dallo zaino, che il poncho almeno ce l’avevo, lo misi sotto il sedere a mò di slitta e poi partenza lungo la Besausega. In pochi e divertenti minuti compimmo il tragitto che in salita aveva richiesto più di un’ora, poi, arrivati al piano, la corsa finì ed inizió il calvario. Fino a poco prima della malga fu un camminare sprofondando fino all’inguine, e talvolta oltre, ogni cinque o sei passi. A volte dovevamo letteralmente estrarci l’un l’altro dalla buca formatasi sotto il nostri piedi. Era il giusto prezzo da pagare per il divertimento fin lì goduto senza alcun minimo inconveniente. Superata la malga fu facile discesa nonostante gli scarponi fradici e i piedi altrettanto fradici. Arrivammo a Pradimezzo bagnati ed entusiasti di ciò che avevamo visto e vissuto e pure della nostra prudenza. Terminava così un’altra giornata da ricordare; una giornata in cui la montagna mi insegnò che occorreva un po’ di coraggio per proseguire il cammino, e pure il coraggio di rinunciare; perché a volte, soltanto la rinuncia regala la possibilità di ritornare…Magiche Dolomiti!!
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