di RENATO BONA
Nel capitolo “Avvenimenti” del libro “Selva di Cadore come era” (in ladino_ “Selva da nosakàn”), realizzato dal selvese prof. don Lorenzo Dell’Andrea (oggi, nella foto a colori) per l’Union de i ladiñ de Selva vi è un’immagine “storica” per l’autore dello splendido volume stampato dalla tipografia Piave di Belluno nel novembre 1993. E’ quella cui è associata questa dicitura: “Prima messa di d. Lorenzo Dell’Andrea il 4 luglio 1954. Selva ebbe un’altra messa novella nel 1971, quando fu ordinato sacerdote don Paolino Rossini. A quanto consta, era dalla prima metà del secolo scorso che Selva non aveva più sacerdoti locali; l’ultimo sacerdote originario di Selva sembra sia stato don Pietro Marini, che trascorse proprio a Selva gli ultimi anni della sua vita, conclusasi nel 1843. E’ a don Pietro che si deve l’acquisto, nel 1840, dell’organo di San Lorenzo che era stato costruito per la chiesa di Agordo nel 1790”. Restiamo in materia di Chiesa con la seconda immagine qui proposta, che spiega: “Cresime e Prime Comunioni, anche se erano avvenimenti religiosi ricorrenti, creavano grande interesse nelle famiglie e in paese. All’inizio del secolo il vescovo Mons. Cherubin venne a Selva il 21 giugno 1901 ed il 21 luglio 1907. La foto scattata attorno agli anni ‘20 con tre bambine e quattro donne tutte biancovestite in che occasione fu fatta? Peccato che di tanti fatti si sia perduta la memoria”. (foto Fedele Chizzolin, raccolta Union Ladiñ de Selva). E siamo alla terza immagine (raccolta Elide Cadorin) a proposito della quale Dell’Andrea ha scritto: “La posa della prima pietra delle nuove Scuole Elementari “Don Natale Talamini” a Santa Fosca verso il 1960. Alla presenza delle scolaresche, il parroco don Mario Vallata benedice la pietra, che Sandro Lorenzini (sulla destra) provvederà poi a murare nelle fondamenta”. Tocca ad “Un avvenimento provvidenziale erano le nevicate: la neve una volta era fondamentale per la vita del paese perché permetteva il trasporto della legna, del fieno, del letame, del legname. Ma talvolta le nevicate erano eccessive, con difficoltà e molti pericoli. Nella foto l’eccezionale nevicata della fine gennaio 1976 a Toffol (foto e raccolta Lorenzo Dell’Andrea). La conferma drammatica dalla foto seguente: “Gabriele Zuliani (a destra) e Lorenzo Dell’Andrea, assieme ad altri due volontari del paese, tutti con le ‘ciaspe’ ai piedi, a Mondeval durante il ricupero della salma di una persona travolta dalla slavina”. Viene a questo punto ricordato dall’autore, a commento della foto di Chizzolin, raccolta Union Ladiñ de Selva: “D’inverno, sulla strada di Marzeluch le slavine erano frequentissime. Per riaprire la strada si organizzava il ‘piodek’: per giorni e giorni squadre di paesani lavoravano per ripristinare il passaggio Nella foto: la ‘levina de Lagaraz’ presso Sant’Antonio, circa l’anno 1920. Tra gli altri si riconoscono Milio de la Cenca, Giuseppe Buogo (primo a sinistra), Raimondo Buogo Mondi e Davide Nicolai. “Un avvenimento eccezionale e disastroso per Selva di Cadore – ricorda a questo punto l’autore – si verificò il 4 novembre 1966: una devastante alluvione isolò per parecchie settimane il paese, provocò frane e smottamenti, travolse la strada di Marzeluch, che rimase interrotta per oltre venti anni, con grave disagio per la popolazione”. L’immagine mostra la vecchia strada tra l’Aiva e Pezzagù prima dei lunghi lavori di ripristino (foto e raccolta Lorenzo Dell’Andrea). Conclusione del servizio con due suggestive foto di gruppo. La prima (raccolta Elio Monico) fu scattata nel cinquantenario della morte di don Natale Talamini nel 1926. In prima fila, seduti, da sinistra, si riconoscono: Costantino Chizzolin (Tino Monek), Ettore Buogo (Ziger), Amedeo Lorenzini. Fra gli altri si notano: Attilio Cazzetta Vittorio Lorenzini, Romolo Del Zenero. Le celebrazioni furono solenni in tutto il Cadore: nelle chiese cadorine si ricordò don Talamini il 6 aprile mentre il 6 luglio successivo si tenne a Santa Fosca, con discorsi e rappresentanze, la solenne cerimonia civile. La Magnifica comunità di Cadore provvide anche a collocare un busto di don Natale nel palazzo della Comunità a Pieve di Cadore”. La seconda (raccolta Elsa Nicolai) è riservata a: “Un gruppo di selvani difensori della ‘Patria del Cadore’ nel novembre 1925 a Santa Fosca sulla scala del deposito davanti al ‘kaselo’. Essi chiedevano il mantenimento della denominazione Selva di Cadore, che qualcuno voleva cambiare in Selva Bellunese. Per l’occasione vi furono manifestazioni, articoli, polemiche. Il giornale Il Gazzettino Illustrato del 15 novembre 1925 pubblicando la fotografia scriveva: ‘Gli abitanti di Selva cantano in coro la millenaria unione del Cadore. Questa bellissima fotografia dà la misura dell’entusiasmo patriottico degli Unionisti di Selva di Cadore, i quali, nella loro grandissima maggioranza, vogliono restare uniti al Cadore, a cui sempre appartennero da secoli e secoli. Altri due tentativi di staccare Selva dal Cadore erano stati fatti nel 1875 e nel 1898, senza successo. Nonostante i tempi mutati e le nuove circoscrizioni territoriali (scolastiche, sanitarie, religiose eccetera) che hanno mutato parecchi punti di riferimento sul piano pratico, Selva rimane, oggi come nel passato, sempre attaccata alle sue origini e alla sua Patria del Cadore, come fa fede, oltre al sentimento popolare, anche, con molta autorevolezza, il recente statuto del Comune di Selva di Cadore’”.