Se il 2022 si chiude con un aumento del valore aggiunto regionale del 3,8 per cento, 0,5 punti in più rispetto alla media nazionale, nel 2023, invece, il Veneto, come buona parte del Paese, scivolerà verso la recessione: il tasso di crescita, infatti, è previsto dello zero per cento (vedi Tab. 1).
A livello provinciale, fa sapere l’Ufficio studi CGIA, la crisi si abbatterà, in particolar modo, su Treviso e Rovigo. Se nella Marca il valore aggiunto è previsto del -0,4 per cento, in Polesine addirittura del -0,9 per cento. Le situazioni meno “critiche”, invece, si verificheranno a Belluno (+0,3 per cento), Venezia (+0,4 per cento) e Verona (+0,5 per cento). Realtà, queste ultime, che potranno contare, in particolar modo, sulla tenuta del settore turistico che anche nel 2023 dovrebbe registrare numeri importanti.
Insomma, caro bollette, materie prime alle stelle e inflazione a due cifre freneranno anche l’economia Veneto che, molto probabilmente, potrà contare, oltre alle presenze dei vacanzieri, anche sul buon risultato delle costruzioni e dell’export.
Sebbene ad oggi in termini di Pil il Veneto abbia recuperato la situazione pre-Covid (+ 0,5 per cento), tre province su sette non l’hanno ancora fatto. Esse sono: Padova (-0,1 per cento), Rovigo (-1,6 per cento) e Belluno (-2,2 per cento).
Entro fine anno il nuovo esecutivo deve trovare 45 miliardi
Per salvare i bilanci delle famiglie e delle imprese italiane sarà necessario impiegare entro la fine dell’anno almeno 70 miliardi di euro. Di questi, 35 per dimezzare il caro bollette e altrettanti, con la legge di Bilancio 2023, per non far decadere dal prossimo gennaio alcune misure introdotte dal governo uscente. La situazione è critica: chi nei prossimi giorni prenderà la guida del Paese dovrà fare l’impossibile per recuperare tutte queste risorse senza ricorrere ad un aumento del deficit, visto che, al massimo, potrà beneficiare su un “tesoretto” che, al massimo, potrebbe toccare i 25 miliardi di euro. Se il nuovo esecutivo non riuscirà a recuperarne altri 45, rischiamo un 2023 molto complicato. Secondo le ultime previsioni, infatti, ben 6 province su 10 registreranno una crescita negativa.
Per dimezzare il caro energia servono almeno 35 miliardi
Secondo una stima dell’Ufficio studi della CGIA, per mitigare il caro energia il nuovo Governo dovrebbe trovare entro il prossimo 31 dicembre almeno 35 miliardi di euro per dimezzare gli aumenti di costo in capo a famiglie e imprese previsti nel 2022. Aumenti che, al netto dei 58 miliardi di aiuti erogati quest’anno contro il caro bollette, ammontano complessivamente a 70 miliardi di euro. Ecco perché, secondo la CGIA, sono necessari altri 30 miliardi di euro, a cui si devono aggiungere 5 miliardi per estendere anche al prossimo mese di dicembre gli effetti contro il rincaro delle bollette introdotti con il decreto Aiuti ter.
Una legge di Bilancio 2023 come minimo da 35 miliardi
Visti i tempi risicatissimi, anche approvare in tempo la prossima legge di Bilancio non sarà semplicissimo: per legge il voto definitivo dovrà avvenire entro il 31 dicembre, altrimenti potrebbe farsi strada l’esercizio provvisorio. Pertanto, i tempi a disposizione sono strettissimi e non sarà facile trovare le tutte le risorse per confermare, anche per l’anno venturo, molti provvedimenti introdotti dal governo Draghi che, si stima, quantificabili in 35 miliardi di euro, così suddivisi:
quasi 15 miliardi di euro per rinnovare nel primo trimestre le misure contro il caro energia previste dal decreto Aiuti ter;
almeno 8,5 miliardi di euro per indicizzare le pensioni;
almeno 5 miliardi per il rinnovo del contratto del pubblico impiego;
4,5 miliardi di euro per lo sconto contributivo del 2 per cento a carico dei lavoratori dipendenti con reddito fino a 35 mila euro;
2 miliardi di euro di spese indifferibili.
Sono risorse, quelle appena elencate, che non includono nessun altra misura; tanto meno quelle che sono state al centro della recentissima campagna elettorale. Come l’estensione della flat tax, le pensioni minime a 1.000 euro, il taglio del cuneo fiscale, etc.
Il nuovo esecutivo può contare su un “tesoretto” da 25 miliardi
Il “tesoretto”, che il nuovo governo “erediterà” dal premier uscente Draghi, potrebbe essere di 20 miliardi di euro: 10 da usare subito e altri 10 da impiegare nella manovra 2023. Risorse che sono state “recuperate” senza fare nuovo deficit, grazie al fatto che in quest’ultimo anno l’esecutivo uscente è riuscito a mantenere i conti ordine. Un ulteriore aiuto potrebbe arrivare anche da Bruxelles che sta per mettere a punto una misura che consentirà di recuperare i fondi strutturali europei 2014-2020 non ancora spesi o non impegnati in modo vincolante. Il nostro Paese potrebbe avere a disposizione tra i 4-5 miliardi di euro. Pertanto, a fronte di 70 miliardi di spese da impegnare nel giro di poco più di 2 mesi, il nuovo governo può contare su una copertura di circa 25 miliardi. Nel caso non si volesse fare nessun altro scostamento di bilancio, non sarà certo facile trovare in poco tempo ben 45 miliardi di euro (vedi Tab. 3).