DIETRO CASA
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…plink, messaggio su WhatsApp; “…dai vieni fuori, facciamo alle 18.10 dietro casa…”. Ma sì dai, facciamola questa mini-rimpatriata di un’oretta. In fondo sono anni che non ci vediamo; eh, anni mica settimane o mesi. Sono davvero volati questi ultimi lustri, penso mentre mi allaccio le scarpe. Poi esco e faccio il giro di un tempo per raggiungere il “dietro casa”. Che strano però, tutto è rimasto pressoché uguale ad allora. E intanto il tempo corre all’indietro rumoreggiando come la vecchie cassette da “90” quando venivano riavvolte per riascoltare ancora una volta la canzone preferita. Scorre il nastro dei ricordi mentre lentamente mi avvicino al “dietro casa”. Plink, altro messaggio; “…tre minuti e arrivo…”. Ah tranquillo, penso; nel frattempo osservo un po’ questo angolo di mondo, che è da un po’ che non passo “dietro casa”. Mi guardo intorno per vedere che non ci sia nessuno e poi fischio come un tempo; ma ovviamente nessuno apre la finestra e risponde “arrivo”. Dietro a quei vetri illuminati abitano altre persone che non conosco e dietro il cancello di ferro non c’è nemmeno più il pastore tedesco di nome Laika con il muso di fuori. Il teatro c’è, mancano gli attori, mi dico. Poi un’ombra e finalmente eccoci qua, proprio come negli allegri anni ’90; una pacca sulla spalla e un sonoro “…e allora??…” Qua, rispondo. Parliamo un attimo del racconto andato in onda alla radio che in fondo ci ha fatto re-incontrare; e poi l’argomento diventa “gli amici comuni”. Parliamo senza sparlare perché l’età ci ha resi maturi; “…hai visto Tizio di recente…? Sì, cinque anni e mezzo fa in centro…” Ah però, proprio di recente!! Avevo proprio ragione che il tempo è volato, nel frattempo!! “…e Caio, che fine ha fatto?…”. Ah boh, l’ho visto nel 2007 l’ultima volta, forse ha un figlio o due…”; che ormai saranno quasi maggiorenni. Discorsi così, e intanto da due reduci dei tempi d’oro diventiamo tre. Che saggezza che abbiamo acquisito però; dialoghiamo con una pacatezza inaudita, ci raccontiamo un po’ le nostre vite over quaranta; “eravamo quattro amici al bar, che volevano cambiare il mondo”, cantava tanti anni fa Gino Paoli. Ora il bar è chiuso da un bel po’ di tempo e le sue vetrate sono rivestite di cartoni, noi siamo in tre e mica l’abbiamo cambiato il mondo; però siamo ancora qua, eh già, come canta Vasco; ed esserci ancora è una gran bella cosa in fondo. Parliamo un po’ del passato, e pure del presente e del futuro; per la verità non siamo molto entusiasti di questo presente e del futuro che ci attende, però abbiamo i ricordi di tanti anni vissuti bene che ci tirano un po’ su’ il morale. Poi, dopo una quindicina di minuti, perdiamo la nostra nuova saggezza e ci mettiamo a parlare di macchine, proprio come allora. Ed ora sembra proprio di essere ritornati ai tempi in cui Max Pezzali cantava “stessa storia stesso posto stesso bar” e noi pensavamo che in fondo il tempo di certe nostalgie si trovava a distanze siderali; e invece quel tempo è implacabilmente arrivato. I nostri sono dialoghi forbiti, infarciti di imprecazioni di vario tenore e genere che talvolta arricchiscono le frasi ma un po’ meno di allora, che magari ci sentono e non è bello; noi maschi siamo fatti così, però siamo genuini. Alle diciannove e quindici i saluti perché uno dei tre ha detto “vado, devo andare a vedere Hazzard!!”. Ah sì, è vero!! Così ho fatto una corsa anch’io fino a casa per sintonizzarmi immediatamente su Iris canale 22. È andata così la nostra mini-rimpatriata d’inizio gennaio; divertente e un po’ malinconica per certi versi, ma è stato un vero piacere ritrovarci. Poi, la sera successiva, niente bilanci inerenti al tempo andato; abbiamo parlato solamente di macchine, proprio come allora.
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