Dopo un 2022 da record, il rallentamento della crescita del Pil previsto per l’anno in corso in tutta Europa interesserà indistintamente anche le nostre regioni; la Lombardia e il Nordest, comunque, continueranno a trainare il Paese, rafforzando la leadership del nuovo triangolo industriale allargato (Milano-Bologna-Venezia) che da qualche decennio ha “scalzato” quello storico (Milano-Torino-Genova) che, ricordiamo, ha determinato il boom economico degli anni ’60 del secolo scorso. A dirlo è l’Ufficio studi della CGIA.
Veneto, Friuli Venezia Giulia, Lombardia ed Emilia Romagna guidano il Paese. Bene anche il Sud
Sebbene queste stime siano più prudenziali di quelle presentate nei giorni scorsi dal Governo, le previsioni economiche regionali per l’anno in corso ci dicono che a guidare la crescita dell’Italia dovrebbero essere la Lombardia e tutte le regioni del Nordest. Nei primi 5 posti della graduatoria nazionale, infatti, scorgiamo il Trentino Alto Adige (Pil regionale +0,77 per cento), l’Emilia Romagna (+0,79 per cento) e la Lombardia (+0,81 per cento). Il primo gradino del podio dovrebbe essere ad appannaggio del Friuli Venezia Giulia e del Veneto. Si stima che le due regioni più a est del Paese registreranno una crescita dello 0,82 per cento. Anche nel Sud, comunque, sono attesi dei risultati lusinghieri. Se in Campania si prevede una crescita dello 0,62 per cento, in Abruzzo dello 0,65, in Sicilia dello 0,66, in Basilicata dello 0,71 e in Puglia dello 0,73 per cento. Nel 2023 il Mezzogiorno potrebbe ottenere un incremento del Pil superiore alle regioni del Centro (vedi Tab. 1).
Quasi la metà del Pil nazionale si produce nel nuovo triangolo allargato
L’anno scorso la regione che è cresciuta maggiormente è stata la Lombardia che ha registrato un significativo +3,93 per cento. Subito dopo abbiamo potuto scorgere il Veneto (+3,87 per cento), la Valle d’Aosta (+3,85 per cento) e l’Emilia Romagna (+3,82 per cento). Bene anche la Campania (+3,72 per cento), la Calabria (+3,52 per cento) e la Sicilia (+3,51 per cento). La media italiana è stata del +3,67 per cento. E’ importante sottolineare che nel tempo è costantemente cresciuto il “contributo” della Lombardia e del Nordest al Pil nazionale. A fronte di un valore aggiunto complessivo ascrivibile a queste 5 regioni che nel 2022 ha toccato gli 883 miliardi di euro, l’incidenza sul Pil nazionale è pari al 46,3 per cento (vedi Graf. 1).
Tir: sulla Bs-Pd sono più del doppio che sulla To-Mi
Il nuovo triangolo industriale ha mantenuto fermo il vertice su Milano, ma, rispetto alla versione storica, è ruotato di 180 gradi, posizionando i due nuovi ipotetici vertici su Bologna e Venezia. Questa nuova collocazione geografica che, comunque, comprende tutto il Nordest, “emerge”, in maniera plastica, anche dal risultato del conteggio del numero dei veicoli pesanti che transitano lungo le autostrade del Nord. Se sull’A4 Torino-Milano il numero medio giornaliero dei Tir è pari a 13.432, sull’A4 Milano-Brescia è di 26.108 (quasi il doppio) e sul tratto dell’A4 Brescia-Padova è di 28.795 (più del doppio) (vedi Tab. 2). Insomma, lungo quest’ultimo pezzo di autostrada che unisce la Lombardia e il Veneto ogni giorno transitano oltre 15 mila veicoli pesanti in più rispetto a quelli che percorrono il “vecchio” asse Torino-Milano. In maniera empirica, pertanto, possiamo affermare come i flussi di merci e, conseguentemente, anche il peso economico del Paese mantengono al centro della scena Milano e la Lombardia che, nel frattempo, hanno orientato il proprio “interesse” commerciale soprattutto verso le regioni del Nordest.
Chi sostiene il Pil ?
Sebbene permangano ancora molti fattori di instabilità (guerra, costo del denaro, inflazione, caro energia, siccità, etc.), il settore produttivo del Veneto sta dimostrando livelli di resilienza impensabili fino a qualche tempo fa. Anche nel 2023 i consumi delle famiglie, gli investimenti e la produzione industriale si manterranno su soglie importanti. Le presenze turistiche sono destinate a toccare quelle registrate prima dell’avvento del Covid. Per contro, a soffrire saranno, in particolar modo, l’edilizia, che sconterà la progressiva riduzione dei bonus, e l’agricoltura che già in questi primi mesi dell’anno soffre tremendamente l’emergenza idrica e la difficoltà di reperire la manodopera.
Veneto: regione da record, ma senza TAV
Da sempre il Veneto è una regione che nonostante le performance presenta un deficit infrastrutturale particolarmente significativo. Va ricordato che è la terza regione d’Italia sia per Pil prodotto (pari a quasi 180 miliardi di euro) sia per export (82 miliardi di euro) e registra il più alto numero di presenze turistiche del Paese (circa 70 milioni all’anno), ma a differenza della gran parte delle aree geografiche del Centro-Nord, non è ancora servita dalla linea ferroviaria ad Alta Velocità e Alta Capacità (AV-AC). Ad oggi, l’unica tratta percorribile in questa regione dai treni veloci è la Mestre-Padova (lunga meno di 30 chilometri) e, secondo il commissario per l’alta velocità ferroviaria in Veneto, Vincenzo Macello, la Brescia-Verona verrà ultimata nel 2024 e la Verona-Vicenza nel 2026. Pertanto, prima dell’inizio dei Giochi invernali di Milano-Cortina 2026, lungo la linea ferroviaria Milano-Venezia mancherà ancora una tratta: quella tra Vicenza e Padova. Certo, la responsabilità non può sempre ricadere sugli altri. Se per risolvere i “nodi” di Verona e di Vicenza ci sono voluti decenni affinché la politica locale, i sindaci, i comitati e gli operatori economici trovassero la soluzione, è altrettanto vero che a livello nazionale la questione ha registrato un livello di attenzione molto basso. La linea Bologna-Padova, infine, dovrebbe essere interessata dai lavori dell’AV-AC solo nei prossimi anni. Purtroppo, siamo ancora ben lontani dall’apertura dei cantieri visto che, fino a questo momento, non è stato ancora avviato lo studio di fattibilità.