PRIMO MAGGIO
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Primo maggio, un lunedì che sembra domenica di tempo incerto e nuvole che abbracciano le cime. Dopo cena la consueta camminata intorno al lago del Ghirlo di Cencenighe e poi la solita routine; bagagli in macchina e chiusura casa prima di fare rotta verso la piccola città. Metto in moto venti minuti prima che la campana grande annunci la sera e poi parto con molta flemma; mi tiro in giù con calma, mi dico, non ho alcun motivo di avere fretta. La vettura scorre tranquilla lungo la Strada Madre deserta mentre Dalla e De Gregori cantano Anna e Marco; Taibon, Agordo e poi una pioggia sottile appena superata la galleria dei Castei. A Candaten trovo l’imbrunire e il verde primaverile dei prati; una ventina di minuti e sarò arrivato a casa, chissà se a Belluno piove, penso mentre De Gregori canta “Non dirle che non è così”. Tre rettilinei ed ecco il curvone a sinistra di Case Viezzer, la porta della Valbelluna; non si vedono le prealpi all’orizzonte ma si inizia come sempre a percepire quell’aria diversa da quella agordina. Ora non piove e sono sui settanta all’ora quando imbocco la prima delle due semicurve che precedono l’abitato di Peron; mentre la canzone inizia a sfumare ecco che a sinistra appare una sagoma che si fionda in strada a grandi balzi. D’istinto inchiodo, entra l’ABS e il pedale del freno vibra deciso, la cintura si blocca e un secondo più tardi sento quel rumore sordo che purtroppo già conosco. Ora sono fermo, tiro il freno a mano e accendo le quattro frecce mentre tre o quattro metri più avanti l’animale steso sull’asfalto è in preda alle convulsioni. La scena è simile a quella vissuta due anni prima, pure allora era di maggio ma era una domenica mattina in cui viaggiavo in direzione Cencenighe; l’altra volta un capriolo era saltato da un muro e nemmeno avevo potuto vederlo, in questa occasione, invece, un altro selvatico mi ha lasciato forse due secondi scarsi per tentare una manovra d’emergenza. Afferro lo smartphone e chiamo immediatamente il 113, questa volta, rispetto a due anni fa, sono molto più freddo nel gestire le operazioni e dialogo senza impaccio con l’operatore di Polizia; chilometro 8 della S.R. 203 Agordina in prossimità dell’abitato di Peron. Slaccio la cintura e scendo dalla vettura, l’animale è un bell’esemplare di capriolo maschio a cui stanno crescendo le nuove corna. Ora respira affannosamente e nel frattempo mi raggiungono due automobilisti che si sono fermati poco più avanti; ringrazio del pensiero e poi sposto con delicatezza l’animale adagiandolo sull’erba a bordo strada. Un paio di minuti più tardi smette di respirare mentre le due persone mi rivolgono domande a cui non ho granché voglia di rispondere. Parcheggio la macchina in una piazzola e mentre la pioggia si infittisce preparo i documenti da esibire alle Forze dell’Ordine. Rifletto sul come a volte bastano appena due secondi per cambiare il corso di una vita; era una sera tranquilla come tante, e poi un attimo dopo era già tutto cambiato; un capriolo appena morto a bordo strada e pensieri insistenti che trattavano il tema del “…se potevo fare qualcosa di più per evitare l’incidente…”. Lampeggianti blu all’orizzonte mi fanno riemergere da questi pensieri; l’auto dei Carabinieri va a parcheggiarsi in una piazzola e subito dopo i militari mi raggiungono accompagnati dall’addetto al recupero dell’animale. Due parole, poi l’uomo carica il capriolo nel bagagliaio e se ne va; rimango solo con i Carabinieri che sono molto cordiali e disponibili come lo furono due anni fa i colleghi della caserma di Agordo. Non ho nemmeno controllato i danni subiti dall’Alfa, tanto so già cosa troverò; l’importante è non essermi fatto male, anche se mi dispiace per il capriolo. Poi, dopo la rapida stesura del verbale per l’assicurazione, mi rimetto al volante e un quarto d’ora più tardi parcheggio sotto casa; è terminato un altro primo maggio.
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