Nel mese che ci siamo appena lasciati alle spalle, il fisco ha cominciato seriamente a presentare il “conto” anche ai veneti. Tra le ritenute Irpef dei dipendenti, l’Iva, l’Ires, l’Imu, l’Irap, l’Irpef dei lavoratori autonomi, le addizionali, etc., l’Ufficio studi della CGIA stima in 5,8 miliardi di euro l’ammontare complessivo delle tasse che, entro ieri, sono state versate dai contribuenti della nostra regione nelle casse dello Stato. Va comunque ricordato che giugno, assieme a novembre, è da sempre il mese dove si concentra il maggior numero di scadenze fiscali. C’è comunque dell’altro da segnalare. Non solo paghiamo molto – e questo lo possono affermare tutti coloro che sono “conosciuti” dall’Amministrazione finanziaria – ma, come ha ricordato recentemente anche il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, pure pagare le tasse è estremamente difficile.
La complessità e la farraginosità del nostro sistema tributario, purtroppo, stanno creando delle grandi difficoltà interpretative persino gli addetti ai lavori, come i commercialisti, gli esperti fiscali delle associazioni di categoria o dei Caf. Figuriamoci gli imprenditori, in particolar modo quelli di piccola dimensione che subiscono 80 scadenze tributarie e contributive all’anno. “Travolti” da questo dedalo fiscale, con il rallentamento dell’economia è diminuita la liquidità disponibile per onorare questi impegni, anche alla luce del fatto che i committenti hanno allungato i tempi di pagamento e le banche sono tornate a erogare il credito con il contagocce.
Da oggi busta paga più pesanti
Grazie al decreto lavoro approvato definitivamente l’altro ieri, il taglio del cuneo fiscale per i lavoratori dipendenti con redditi fino a 35 mila euro sale di 4 punti percentuali. La misura, però, sarà temporanea. Entra in vigore oggi e terminerà il prossimo 31 dicembre. Nel dettaglio:
per gli stipendi fino a 25 mila euro lordi, il taglio del cuneo passa dal 3 al 7 per cento. Questo comporterà un ipotetico aumento dello stipendio di circa 70 euro al mese;
per le retribuzioni da 25 a 35 mila euro lordi, invece, la riduzione sale dal 2 al 6 per cento. Si ipotizza un aumento in busta paga di circa 90 euro mensili.
Evasione: in Veneto ha dimensioni contenute
Se le tasse sono troppe, anche l’evasione, purtroppo, continua a rimanere molto elevata, anche se sussistono forti differenze tra le varie aree geografiche del Paese. Nel 2020, ultimo dato disponibile, il peso dell’economia non osservata sul valore aggiunto nazionale (Pil) era all’ 11,6 per cento, pari a 174,6 miliardi di euro. Il sommerso economico, comunque, presentava una diversa incidenza sulla ricchezza prodotta: il 9,2 per cento a Nordovest, il 9,8 per cento a Nordest, il 12 per cento al Centro e il 16,8 per cento nel Mezzogiorno. In altre parole è come se, a livello nazionale, a fronte di ogni 100 euro di gettito incassato ne fossero stati evasi 13,2. Nel Nordovest, l’Ufficio studi della CGIA ha stimato che l’ammontare totale del gettito evaso ammontasse a 23,4 miliardi di euro; pertanto, ogni 100 euro incassati se ne sono persi 10,3, nel Nordest 11,1 (17,6 miliardi di gettito eroso dagli evasori), al Centro 13,6 (19,8 miliardi di gettito perso) e nel Mezzogiorno 19 (29,1 miliardi di gettito perso).
A livello regionale, infine, la situazione più critica ha interessato il Sud: nella classifica di euro evasi ogni 100 euro incassati, in Puglia se ne sono “persi” 19,2 euro, in Campania 20 e in Calabria 21,3. Si tratta di cifre doppie rispetto a quelle che si sono registrate nelle regioni meno interessate dal fenomeno evasivo: Veneto (11,4 euro), Friuli Venezia Giulia (10,6 euro), Provincia di Trento (10,2 euro) e Lombardia (9,5 euro). Il territorio nazionale più fedele al fisco è stata la Provincia di Bolzano che presentava un’evasione di soli 9,3 euro ogni 100 incassati (vedi Tab. 1).
Schiacciati dall’ “oppressione” fiscale
Tornando al nostro sistema tributario, oltre ad avere un carico fiscale tra i più elevati d’Europa, l’Italia è il Paese, assieme al Portogallo, dove pagare le tasse è più difficile, in particolar modo per le imprese. Secondo le ultime statistiche elaborate dalla Banca Mondiale (Doing Business 2020), i nostri imprenditori “perdono” 30 giorni all’anno (pari a 238 ore) per raccogliere tutte le informazioni necessarie per calcolare le imposte dovute; per completare tutte le dichiarazioni dei redditi e per presentarle all’Amministrazione finanziaria; per effettuare il pagamento on line o presso le autorità preposte. In Francia per espletare le incombenze burocratiche derivanti dal pagamento delle tasse sono necessari solo 17 giorni (139 ore), in Spagna 18 (143 ore) e in Germania 27 (218 ore), mentre la media dell’Area dell’Euro è di 18 giorni (147 ore). I dati si riferiscono a una media impresa (società a responsabilità limitata), al secondo anno di vita e con circa 60 addetti. (vedi Tab. 2).
Solo Francia e Belgio pagano più di noi
In UE solo la Francia e il Belgio hanno registrato un peso fiscale superiore al nostro. Se a Parigi la pressione fiscale nel 2022 era al 47,7 per cento del Pil, a Bruxelles si è attestata al 45,1 per cento. Da noi, invece, ha toccato la soglia record del 43,5 per cento. Tra i 27 dell’UE, l’Italia si “colloca” al terzo posto. La Germania, invece, si è posizionata al 9° posto con una pressione fiscale del 41,9 per cento, mentre la Spagna la scorgiamo al 12° posto con il 38,5 per cento. La media dei Paesi dell’Area dell’Euro è stata del 41,9 per cento (vedi Tab. 3). Per una regione come la nostra che ha una grande vocazione all’export, doversi misurare con concorrenti stranieri che magari hanno 4-5 punti percentuali di tassazione in meno è un grosso handicap che molti imprenditori veneti, purtroppo, subiscono ogni giorno.