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NOVEMBRE 2018
AUDIO
Io, di quel tempo successivo a quei tristi giorni di fuoco vento e pioggia di fine ottobre, rammento l’autunno improvvisamente sfiorito e il silenzio che avvolgeva le valli. Ricordo gli alvei sconvolti dei torrenti, la voce ancora cupa del Biois e del Cordevole, la lenta ritirata delle imponenti acque del Piave che avevano scavalcato argini possenti e più a sud allagato ampie aree di pianura. Rivedo il cielo perfettamente azzurro di quella domenica mite di metà novembre e le ghiaie, ancora umide, del lago di Cencenighe in quei giorni interamente svuotato. Ho negli occhi l’immagine delle paratoie completamente abbassate e dei faggi spogliati da quel vento che aveva piallato i versanti delle montagne, ho nelle narici quell’odore di terra fradicia e legna bagnata. Rammento le zolle rivoltate e l’affiorare delle ingarbugliate radici degli abeti schiantati che riposavano al suolo e poi i visi, affaticati e stanchi, delle persone che di lì a poco avrebbero vissuto un altro lungo inverno di montagna. Ricordo i racconti di chi c’era, le voci ancora scosse e quelle parole che narravano ore e accadimenti che sarebbero rimasti per sempre. C’erano le storie riguardanti la grande alluvione del 1966 che si intrecciavano con quelle della tempesta appena vissuta, c’erano interi boschi a terra e bulldozer ed escavatori che tentavano di ridare un letto a quei torrenti che avevano ululato con ferocia nel buio di quell’infinita notte di tregenda. Di quel tempo triste di novembre rammento i camini che fumavano all’alba e i larici che viravano verso l’arancione prima di abbandonarsi al lungo sonno invernale, ricordo certe nuvole che chiamavano altra pioggia e la prima spolverata di neve sulle cime. Ricordo il rombo monotono e severo dei gruppi elettrogeni ed il ronzio insistente provenienti dagli allacciamenti provvisori delle linee elettriche danneggiate, rammento i tralicci piegati, che in quei giorni avevano sembianze di inquietanti scheletri contorti che si innalzavano dai prati bagnati. Una quiete pesante come certe nuvole novembrine si era posata sui paesi che mostravano nitide le ferite inferte dall’acqua e dal vento di fine ottobre. Ricordo i tetti divelti, le travi spezzate, i grandi teli poggiati lì dove fino a quella sera c’erano tegole o lamiera. Rammento quelle case violate dall’acqua esondata con ferocia, i pianterreni ricolmi di ghiaia e il grattare di pale e badili che smuovevano a fatica quella terra pesante. Rammento un tempo mesto di novembre, carico di incognite e lavori da eseguire in fretta prima dell’arrivo dei freddi silenzi del nuovo lungo inverno.
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