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TRAMONTO DI NOVEMBRE
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Li aveva attesi per mesi, con pazienza, quegli attimi d’autunno d’inizio novembre. Sentiva forte quel desiderio di quiete e silenzi propri della stagione dei colori, ed ora, al tempo dei nuovi lumini che rischiaravano le lapidi rinnovate, quei momenti erano finalmente arrivati. Era stata domenica tranquilla e mite, erano montagne vestite a festa per celebrare il culmine dell’autunno, era una sera che sarebbe scesa sulla valle poco dopo i cinque rintocchi di campana. Fu al calare delle prime ombre che lasciò morire il fuoco. Ascoltò per lungo tempo quel sempre più debole crepitare di legna, e poi guardò spegnersi le braci; moriva il fuoco ed anche il giorno si sarebbe spento di lì a poco. Chiuse a chiave la baita e si caricò lo zaino sulle spalle e poi si recò sull’orlo dello strapiombo. Si appoggiò al grande masso e si mise in attesa di quell’ormai prossimo tramonto d’inizio novembre. Nel mondo di sotto le auto circolavano già con i fari accesi e i camini iniziavano a fumare decisi mentre nasceva una nuova e silenziosa sera. Guardò in alto, lassù sulle banche del Pelsa, dove i larici si erano vestiti di arancione. Era questo il segnale dell’autunno ora maturo che iniziava a mostrare i primi segni della vecchiaia. Le previsioni indicavano freddo e forse neve in arrivo, e quando le cime si sarebbero vestite di bianco, anche questo autunno avrebbe iniziato il suo congedo; se ne sarebbe andato in silenzio, lasciando la valle e salutando gli uomini in un giorno di neve che imbiancava i paesi. In quegli attimi di notte incombente, mentre si accendevano le stelle e le luci di Cencenighe, pensava alla sua vita a tratti nomade, a quella costante ricerca della libertà fra i monti. Guardava le auto che scendevano verso sud, osservava le finestre illuminate, dietro alle quali ci saranno stati uomini e donne abbracciati sul divano davanti alla televisione accesa. Magari c’erano pure dei bambini che giocavano sul pavimento e un bel fuoco acceso nella stufa. Lui invece era lassù, ad ascoltare il canto d’acqua dei due torrenti e ad osservare il cimitero, che in quel tardo pomeriggio, appariva come una sorta di quadrato reso rosso dalla luce decisa dei nuovi lumini che lo facevano risaltare nel bosco ormai scuro. Un debole vento di inizio novembre lo accarezzava mentre era in compagnia di una solitudine di quelle potenti. Era una solitudine buona, cercata e necessaria, che in quegli istanti gli permetteva di vivere appieno quel desiderato tramonto. Chissà quante persone avrebbero voluto ammirare un tramonto simile da quel luogo in cui si trovava, pensava mentre osservava il chiarore delle finestre illuminate e i fanali delle auto che percorrevano la Strada Madre. Sentì dentro di sè una serenità nuova e pensò alla fortuna di poter vivere certi momenti così intensi che lo facevano sentire vivo, e nel frattempo era sceso il buio di una notte senza luna ed era tempo di accendere la frontale e di scendere con un po’ di prudenza. Salutò e ringraziò le montagne, a voce alta, come faceva sempre, e poi partì.
S’accende il tramonto e si infuoca il cielo. Arde come viso di donna al sentirsi dire Ti Amo.
Vibra di vita infiammando le valli e i cuori,
e poi in un attimo tutto sfuma, come l’amore.
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