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BELLUNO Si è svolta sabato 9 e domenica 10 novembre scorsa sulla Schiara, un’esercitazione congiunta tra le Stazioni del Soccorso alpino di Belluno e di Agordo, con la presenza di un volontario di Longarone e un tecnico di Cortina, sui versanti settentrionali del Gruppo della Schiara. L’attività esercitativa, che si è protratta dalla notte di sabato fino al tardo pomeriggio di domenica, è stata suddivisa in due importanti simulati, il primo lungo la storica Via Polacca al Diedro Nord della Schiara e il secondo lungo Via Santina al Nasòn. Dopo l’esercitazione dello scorso anno sulla Via Italo-polacca al Burèl, dunque, si rinnova in seno al Soccorso alpino la formula culturale di “un soccorso nella storia”, ovvero di simulati addestrativi, contestualizzati lungo vie particolarmente significative sotto il profilo storico-alpinistico. Alpinisti incrodati sul Diedro Nord. Questo è il simulato iniziato alle 2.30 del mattino, che ha visto la partenza di una prima squadra, in autonomia di mezzi e di materiale, alla volta del Rifugio Bianchet, raggiunto il quale, ha proseguito nel cuore della notte alla volta della cima della Schiara attraverso la Forcella del Marmol e lo Spallone Est. A questo punto i volontari hanno provveduto ad attrezzare una serie di cenge esposte fino all’imbocco del Grande Diedro che precipita con uno sbalzo di quattrocento metri nel Van de la S’ciara. Ulteriori otto volontari, con i materiali più pesanti, sono sopraggiunti più tardi con il supporto aereo dell’elicottero dell’Air service center. Due grappoli, per un totale di cinque tecnici, misti delle Stazioni di Belluno e di Agordo, hanno quindi effettuato una delicata manovra di calata nel vuoto fino alle ghiaie basali. Dei quattro polacchi, che nell’agosto del 1965 salirono questa imponente direttrice, in quei giorni flagellata dal maltempo, rimane testimonianza visiva nella sequela di chiodi ormai arrugginiti, se non quasi scalzati dalla parete, che segnano una linea di elevatissima difficoltà ed esposizione, degna di essere citata da Alessandro Gogna nel suo “Sentieri Verticali”. Gli alpinisti dell’est uscirono in vetta in una sera di agosto tra scrosci di grandine e vento, dopo due bivacchi durissimi. Tra i chiodi polacchi è stato notato un eccentrico, ovvero un dado ad incastro, verosimilmente lasciato da Riccardo Bee nel corso dell’unica ripetizione nota, nel suo caso invernale e solitaria. Lo stesso Bee ricorderà il disagio provato durante l’intera ascensione, per la presenza di roccia friabile e blocchi semoventi, di quella che, probabilmente, va annoverata tra le vie più impegnative del gruppo e non solo. Alpinista infortunato lungo la Via Santina. Questo è il tema del secondo simulato, tra alcuni volontari scesi a valle ed altri saliti in supporto, per un totale prossimo alla ventina. Sulle orme dello storico soccorso a Gabriele Franceschini, si è proceduto ad una prima corda doppia presso la base della Gusèla e a successive riprese di calata fino alle banche ghiaiose a nord del Nasòn. Questa fase addestrativa, tecnicamente meno complessa, ha permesso la movimentazione anche degli aspiranti volontari presenti. Nella seconda parte, invece, si è provveduto all’allestimento di una calata complessa di circa trecento metri con barella orizzontale e con ripresa di calata dopo i primi duecento metri, nel dislivello compreso tra la cuspide del Pilastro Santina e le lande del Van de la S’ciara; così omaggiando, crediamo, Franco Miotto, Riccardo Bee (entrambi ex membri del Cnsas) e Amerigio Azzalini che nel 1976 scoprirono, a loro dire, “una delle vie più belle del gruppo”! E, forse, non avevano torto a giudicare dalla qualità della roccia e dall’eleganza della via! Chi era Santina? La moglie di Amerigio, che allora gestiva col marito il Rifugio Bianchét e che con il proprio nome (su proposta di Riccardo) avrebbe denominato un pilastro del Nasòn! Tra manovre tecniche nella storia di una montagna, le ombre della sera hanno ormai invaso l’intera Val Vescovà e gli ultimi raggi si sono appoggiati alle pareti della Schiara quando tutti i volontari finalmente si riuniscono nella radura del Pian dei Gat, dove, di lì a breve, sarebbe ripiombato il silenzio. Si ringrazia per la buona riuscita dell’evento la collaborazione dell’Ente Parco e dei Carabinieri Forestali di stanza a Candaten.
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