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FINE AUTUNNO
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“…le stagioni, al loro terzo mese, mostrano le rughe e parlano con la saggezza dei vecchi; hanno dentro il vissuto dei boschi, degli uomini e delle montagne…”
L’autunno si presenta alle genti delle valli poco dopo la metà di settembre. A volte lo fa in modo gentile, dialogando affabilmente con l’ormai vecchia estate che, come gli ultimi villeggianti, ha già preparato le valigie ed è pronta a lasciare un’altra volta la valle. In altre occasioni, invece, si presenta in modo più rude, portando con sé nuvole gonfie di pioggia e un freddo improvviso che chiama il primo fuoco nelle stufe. Ai primi di ottobre l’autunno è già adulto e come un pittore capace e ispirato, inizia a dipingere i boschi con colori sempre più carichi. Dapprima sono solitari larici d’alta quota a tingersi d’oro, poi, giorno dopo giorno, anche i faggi a mezza costa iniziano a cambiarsi d’abito. Il pittore Autunno colora le loro foglie di un rosso cupo; di lì a tre settimane, quel fogliame un tempo verde brillante diverrà tappeto che ricoprirà prati e sentieri e ad ogni passo, quel delicato frusciare sarà musica lieve che accompagnerà gli uomini che si inoltrano nei boschi dove dimorano nuovi silenzi. Poi, terminato il mese del vino nuovo e delle mele, l’autunno inizia a mostrare le prime rughe. Accade al tempo severo dei Santi e dei Morti, quando la brina ricopre le lapidi rinnovate e la sera scende improvvisamente con un’ora di anticipo. In quei giorni è il silenzio a parlare, un silenzio che racconta di quiete profonda e talvolta di subbuglio d’acque di torrente e neve pesante sulle cime. Appena superata la metà del mese triste, la stagione dei colori fa intravedere i segni pesanti della vecchiaia. In questo periodo, l’autunno parla con voce di vento che racconta di faggi ormai spogli e larici che si abbandonano all’inverno che ora appare improvvisamente vicino. C’è una pacata rassegnazione in quel narrare, c’è la saggezza espressa da una stagione ormai morente. Il suo definitivo congedo è lì ad un passo, ancora pochi giorni e poi l’autunno sfinito saluterà gli uomini e le montagne. Accadrà dopo un paio di fredde giornate che porteranno la neve a ricoprire i paesi e i boschi oramai dormienti. Non ci sarà nemmeno il tempo per un breve dialogo o per un passaggio di consegne con il giovane inverno. Se ne andrà di notte, senza farsi sentire, voltandosi indietro una volta soltanto per salutare i boschi e i monti. In passato, questi erano i giorni degli emigranti rientrati al paese, delle famiglie riunite, dei lavori al minimo e del riposo nelle stue. Uomini e natura si abbandonavano ai freddi silenzi dell’inverno aspettando il Natale. Oggi invece, nelle valli accade l’esatto contrario, si spengono i silenzi dell’autunno e un fervore nuovo anima la montagna. A fine novembre è tempo di preparare la stagione turistica invernale, con le piste da sci che prendono vita e alberghi e locali che riaprono i battenti dopo la pausa autunnale. Lavoro febbrile degli uomini, ronzio dei cannoni da neve e i paesi che iniziano ad essere addobbati per il Natale improvvisamente vicino. Nasce così l’inverno, e la stagione dei colori appena passata è già struggente ricordo.
Ti piango già, autunno.
Come si piange un amore perduto,
un fiore appassito.
Come si piange il tempo andato.
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