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VENEZIA Aumentano i Comuni impegnati nel recupero dell’evasione – restando pur sempre un numero irrisorio – diminuiscono i soldi incassati. È questa la sintesi dei dati diffusi dal Ministero dell’Interno e relativi ai risultati raggiunti nel 2023 dalle amministrazioni locali venete nell’ambito degli strumenti di riscossione forniti dal decreto legge numero 203 del settembre 2005. La norma – che stabilisce anche le modalità di accesso alle banche dati e di trasmissione agli amministratori, pure in via telematica, di copia delle dichiarazioni relative ai contribuenti residenti – consente agli Enti locali di partecipare all’accertamento fiscale, individuando e segnalando attività in nero, opere abusive, evasione delle tasse locali, dichiarazioni dei redditi fasulle e molto altro ancora. Il 50% dei proventi così emersi (fino a due anni fa era il 100% ma nel 2005 si era partiti con il 33%) finisce nelle stesse casse comunali e può essere utilizzato, ad esempio, per il welfare e per le persone più fragili come gli anziani e le tante famiglie in povertà assoluta. Ebbene, come rileva ormai da anni con rammarico lo Spi Cgil del Veneto, questa opportunità continua a essere sfruttata con il contagocce, tanto da risultare a tutti gli effetti vana e infruttuosa. Ma vediamo cos’è successo nell’arco del 2023 nella nostra regione. I Comuni che sono riusciti a recuperare proventi attraverso gli accertamenti fiscali e le segnalazioni connesse al decreto legge 203 sono 31, 12 in più rispetto ai 19 dell’anno precedente ma comunque solo il 5,5% della totalità. In alcuni casi, però, i soldi recuperati ammontano a qualche decina di euro, davvero troppo pochi per parlare di una serrata lotta all’evasione. In totale, il contrasto alle irregolarità ha fruttato nel 2023 152 mila 874 euro (in media 3 centesimi a cittadino), con un calo del 17% rispetto ai 184.725 euro del 2022. Ma guardando indietro nel tempo emerge chiaramente quanto tale strumento non sia una priorità dei sindaci veneti. Tanto per intenderci, nel 2016 e nel 2017 i proventi illeciti recuperati ammontavano a circa 670 mila euro, nel 2018 si è sfiorata quota 1 milione e 100 mila euro per poi crollare ai 212 mila euro del 2019. A livello territoriale si registra l’attività nulla dei Comuni bellunesi e polesani, mentre al territorio veronese spetta il record sia per soldi recuperati (98 mila 152 euro, contro i 63 mila 172 euro del 2022) che per numero di amministrazioni coinvolte (12, contro le 5 dell’anno precedente). Seconda in questa particolare graduatoria si piazza invece la provincia di Venezia con 24 mila 245 euro. Rispetto all’anno prima, però, quando le risorse recuperate ammontavano a circa 70 mila e 500 euro, si palesa un vero e proprio crollo: -65,6%. «Proprio di recente – commenta Nicoletta Biancardi, segretaria generale dello Spi Cgil del Veneto – abbiamo manifestato a Padova contro la manovra e a favore di politiche adeguate per i nostri anziani, strozzati dal caro vita e alle prese con pensioni per lo più inadeguate. Per questo, al di là di molti altri provvedimenti, riterremmo utile se non indispensabile un maggior coinvolgimento e una maggiore risolutezza su questo fronte da parte delle amministrazioni locali. Anche ai tavoli sulla contrattazione sociale premiamo sempre affinché i sindaci utilizzino gli strumenti connessi al decreto legge 203 del 2005. Il fatto che nel 2023 solo il 5,5% dei 563 Comuni veneti l’abbia fatto lascia l’amaro in bocca. Quei soldi sarebbero utilissimi per aiutare le famiglie in difficoltà e i tanti anziani che non arrivano a fine mese o che sono costretti a rinunciare a curarsi perché non hanno i soldi per farlo».
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