Le distanze retributive tra i lavoratori dipendenti privati presenti in Veneto che prendono di più e quelli che ricevono meno sono importanti: nonostante la distanza tra Vicenza e Rovigo sia pari a poco più di 85 chilometri, gli occupati berici percepiscono una busta paga di 1.973 euro lordi al mese, i polesani, invece, di 1.633 euro. In buona sostanza in provincia di Vicenza si guadagna mediamente 340 euro lordi in più al mese (pari a 4.420 euro su base annua), ovvero il +21 per cento. Per questo mese di dicembre, ovviamente, lo spread riguarda anche la tredicesima mensilità che sta per essere pagata proprio in questi giorni. E sebbene le gabbie salariali siano state abolite nel 1972, oltre 50 anni di applicazione dei Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro (CCNL) non ha mitigato le marcate differenze retributive presenti tra alcune province venete, anche se l’obbiettivo, in linea di massima, è stato raggiunto solo a livello intra-settoriale. È chiaro che queste disuguaglianze salariali molto marcate sono legate al caro-vita e alla produttività che sono nettamente superiori in alcune realtà rispetto ad altre; al fatto che i valori retributivi medi sono condizionati negativamente in alcuni territori dalla presenza diffusa dei contratti a termine (part time involontario, stagionali, intermittenti, etc.) e alla concentrazione di grandi gruppi industriali, medie imprese, multiutility, istituti di credito/finanziari/assicurativi che, rispetto alle piccolissime imprese, erogano stipendi più pesanti, ma non sono distribuiti uniformemente in tutta la nostra regione. La presenza di queste realtà, infatti, si raccoglie, in particolar modo, a ridosso delle grandi aree industriali del nostro territorio. L’analisi è stata condotta dall’Ufficio studi della CGIA.
Nel 2023 monte salari da 41,9 miliardi: le buste paga sono aumentate del 3,3%, ma l’inflazione del +5,6%
Nel 2023 il monte salari lordo erogato a 1.711.000 lavoratori dipendenti privati presenti in Veneto ha toccato i 41,9 miliardi di euro: equivalenti ad una retribuzione media mensile lorda di 1.884 euro, il 3,3 per cento in più rispetto al 2022, anche se l’inflazione, sempre l’anno scorso, nella nostra regione è cresciuta molto di più, per l’esattezza il 5,5 per cento. (vedi Tab. 1).
Stipendi top a Vicenza, Padova e Treviso
L’area geografica del Veneto con gli stipendi medi più alti è Vicenza: nel capoluogo berico la retribuzione mensile media nel 2023 è stata di 1.973 euro. Seguono i dipendenti privati di Padova con 1.960 euro e i lavoratori della provincia di Treviso con 1.951 euro. Dopodichè scorgiamo quelli di Verona con 1.865 euro, Belluno con 1.829 euro, Venezia con 1.728 euro e Rovigo con 1.633 euro. Il nostro dato medio regionale è pari a 1.884: in Italia solo la Lombardia (2.254 euro), l’Emila Romagna (1.960), e il Piemonte (1.957 euro) presentano un importo superiore al nostro. Il dato medio nazionale, invece, si è attestato a 1.820 euro (vedi Tab. 1, Tab. 2 e Graf. 1).
A dicembre è previsto il doppio stipendio
A seguito del Decreto emanato dal Presidente della Repubblica, Giovanni Gronchi, a partire dal 1960 tutti i lavoratori dipendenti italiani ricevono nel mese di dicembre un doppio stipendio. Pertanto, alla consueta mensilità si aggiunge la tredicesima, la quale consente ai beneficiari di concludere l’anno con una maggiore stabilità economica. In relazione all’importo netto erogato mensilmente, la gratifica natalizia risulta leggermente inferiore, poiché il livello di tassazione applicabile su quest’ultima è superiore rispetto a quello in capo allo stipendio ordinario. Inoltre, quest’anno si registra una novità molto positiva: circa 370mila lavoratori subordinati veneti con un reddito lordo inferiore a 28.000 euro e almeno un figlio a carico, percepiranno un bonus (una tantum) di 100 euro netti.
Quest’anno tredicesime pagate regolarmente
Durante le crisi del 2008/2009 e del 2012/2013, anche numerose piccole e micro imprese venete a causa della mancanza di liquidità erogarono la gratifica natalizia ai propri dipendenti con grave ritardo, talvolta ben oltre i primi mesi dell’anno successivo. Quest’anno, invece, non sembrano esserci problemi e fino ad ora, al netto di alcune situazioni di crisi conclamata, non sono state segnalate criticità particolari nella corresponsione della tredicesima, anche nei settori che hanno subito un significativo rallentamento produttivo; come la filiera automobilistica, il comparto della moda, il legno-arredo e la meccanica.
Per molte Pmi tra Natale ed Epifania scattano le ferie “forzate”
Se in questi giorni la tredicesima viene pagata regolarmente e comunque non oltre la vigilia di Natale, anche in Veneto molte piccole e medie imprese manifatturiere dei settori più in affanno hanno deciso di sospendere l’attività da martedì prossimo fino all’Epifania. L’assenza di ordinativi ha infatti indotto molti imprenditori a chiudere i cancelli delle proprie fabbriche per circa quindici giorni, consentendo così ai propri collaboratori di usufruire delle ferie accumulate nei mesi precedenti, ma non ancora godute. Fiduciosi che con il nuovo anno i venti di crisi che hanno soffiato negli ultimi mesi lascino il posto al bel tempo.
Va incentivato il contratto di secondo livello
Come accennavamo più sopra, l’applicazione dei CCNL ha prodotto solo in parte gli effetti sperati. Le disuguaglianze salariali tra le ripartizioni geografiche sono rimaste e in molti casi sono addirittura aumentate, perché nel settore privato le multinazionali, le utilities, le imprese medio-grandi, le società finanziarie/assicurative/bancarie che – oltre a riconoscere stipendi molto più elevati della media dispongono anche di una quota di personale con qualifiche professionali sul totale molto elevata (manager, dirigenti, quadri, tecnici, etc.), con livelli di istruzione alti a cui va corrisposto uno stipendio importante.
Pertanto, possiamo dire che in Veneto e ancor più in Italia le disuguaglianze salariali a livello geografico sono importanti, ma, grazie a un preponderante ricorso alla contrattazione centralizzata, abbiamo differenziali intra-settoriali più contenuti rispetto agli altri Paesi. Per contro, la scarsa diffusione in Italia della contrattazione decentrata – istituto, ad esempio, molto diffuso in Germania – non consente ai salari reali di rimanere agganciati all’andamento dell’inflazione, al costo delle abitazioni e ai livelli di produttività locale, facendoci scontare dei gap retributivi medi con gli altri paesi molto importanti. Una situazione che ha penalizzato in particolar modo i lavoratori del Nordest.
Contratti di lavoro di secondo livello: coinvolti 5,5 milioni di lavoratori
Entro il 17 giugno di quest’anno erano presenti presso il Ministero del Lavoro 13.597 contratti attivi di secondo livello, di cui 11.261 di natura aziendale e 2.336 territoriali. Lombardia (3.695), Emilia Romagna (2.484) e Veneto (1.442) sono le regioni che presentano il numero più elevato. Di questi 1.442 attivi nella nostra regione, 1.270 sono aziendali e 172 territoriali. I dati del Ministero del Lavoro, purtroppo, non ci consentono di misurare il numero di lavoratori coinvolti a livello regionale, anche se l’ISTAT stima in almeno 5,5 milioni i lavoratori italiani che sarebbero coperti da questa misura (il 34 per cento circa del totale dei dipendenti del settore privato).