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DI TIZIANO DE COL
Per una corretta lettura di quest’articolo, consigliamo di anteporre la lettura delle precedenti due parti: PARTE 1 PARTE 2
Come già riportato alla fine della seconda parte (sopra citata) di questi nostri didascalici appunti di storia malghiva e pascoliva dei Monti di Calleda e Duràn, le diatribe confinarie da parte dei Regolieri della Regola della Val da un versante, con gli abitanti della contermine Val di Zoldo dall’altro versante, risalivano già sicuramente al secolo XIV° , tant’è che era previsto, ma poi annullato, un sopraluogo da parte di un inviato di Belluno per cercare di redimere la questione. Di come si susseguirono i fatti che impedirono all’ inviato di Belluno abbiamo già descritto nella precedente parte. Qui ora tratteremo dei presupposti per i quali l’inviato doveva cercare di definire la questione. Nel secolo XIV° (cioè dall’anno 1300 all’anno 1399) già esisteva una proprietà della Regola della Val in quei luoghi, come già descritto nella prima parte (sopra citata) e quei luoghi erano divisi in due “Montagne” o “Monti” chiamate Calleda e Duràn, ma mentre il luogo di Calleda era già in parte in proprietà della Regola della Val (ed in parte lo avrebbe poi acquistato con atti successivi come vedremo nelle successive parti di questa didascalica trattazione), il luogo di Duràn, che ora conosciamo come Passo Duràn, era in parte pascolato o utilizzato a bosco dai Regolieri della Regola della Valle, ma , quell’utilizzo veniva rivendicato dagli abitanti della contermine Val di Zoldo. La rivendicazione Zoldana si deve probabilmente inserire nel forte sviluppo che ebbe, nel secolo XIV°, l’attività di fusione del minerale di ferro in Val Zoldana e quindi del sempre crescente bisogno di legname per i forni fusori, uno dei quali era sicuramente allocato a Dont. Gli abitanti di Zoldo erano al tempo suddivisi tra “uomini dei forni” ed “uomini dei masi”, ossia tra “ferraioli” e “masieri” vale a dire tra una parte di abitanti che utilizzavano il territorio Zoldano per “boscare” ossia trarre legname per legna da forno per le fucine di ferro della valle e legno da armatura per le miniere della valle stessa e un’altra parte di abitanti che utilizzavano il territorio per l’attività agricole e pastorali. Su questa parte di storia zoldana suggeriamo di leggere: Raffaello Vergani : Zoldo; Pietro Monego: In Val di Zoldo nel Medioevo – Appunti con rassegna antologica di documenti dal 923 al 1409. Nella raccolta di documenti trascritti dal Prof. Pellegrini e pubblicata dal 1991 al 1993 in cinque volumi dalla Biblioteca Civica del Comune di Belluno titolata : Documenti antichi trascritti da Francesco Pellegrini troviamo, nel quarto volume, la trascrizione di un manoscritto del 1383 titolato : 1383 – 19 Junii – In Monte Durani. La trascrizione viene anche riportata da Don Ferdinando Tamis nella sua Storia dell’ Agordino – Volume 1° – documento LXXXXI – pag. 318.
1383_19 junii_In monte Durani.
Compromesso fatto dalla regola di La Valle e da quelle di Goima e di Dont sul
possesso del monte Duran.
Il documento si conserva in una copia manoscritta (B.C.BL., Manoscritto 494, f. 398) ricavata da
FRANCESCO PELLEGRINI «ex membrana autentica existente apud Com. Math. et fratres Miari»,
come annota egli stesso.
In Christi nomine amen. Anno eiusdem Domini millesimo tercentesimo octuagesimo
tercio, Indictione sexta, die decimonono mensis Junii, in monte Durani districtus Belluni
presentibus magistro Bartholomeo Enzegno de Zaudo, Marco de la Villa de Donto,
Vivencio de Goyma, Vivencio de Rubeo de Cugnago de la Valle plebatus Agurdi, testibus
rogatis et ad hoc specialiter vocatis, et aliis. De lite et super lite et controversia que
vertebatur et erat inter Antonium de Matendo de la Valle plebatus Agurdi, Innardinum de
Conagla de la Valle, Vivencium de Gaydono dicti loci et Jacobum qu. Ser Lugani de
Lantrago dicti loci, pro se et vice ac nomine omnium hominum et personarum Regulle de la
Valle plebatus Agurdi districtus Belluni, et omnium quibus tangit hoc negocium ad
damnum et ad utilitatem dicentes et petentes quod debent, possunt et volunt de jure
secundum suas sententias passculare, montegare, et affictare dictum montem de Durano, et
secundum tempore elabso fuerunt consueti: ex una parte. Et Olliverium de Donto et
Jacobum qu. Ser Antonij dicti loci pro se et vice ac nomine omnium hominum
Regulle de Donto, et Jacobum qu. Bertaci de Goyma, Paulum qu. Bartholomey de
Mezo dicti loci, et Victorem de Cordelle dicti loci, pro se et vice ac nomine omnium
hominum et personarum de Goyma, et omnium quibus tangit hoc negocium ad
dampnum et ad utilitatem dicentes contrarium quod non debent montegare neque affitare,
ex altera parte. Dicti Antonius, Innardinus, Vivencius et Jacobus ex una parte, et dicti
Olliverius, Jacobus, Paulus, Victor et Jacobus ex altera parte, compromisserunt comuniter et
concorditer in Venerabilem virum dominum presbiterum Coradum de Paredo
archidiaconum plebis Agurdi, Saraphynum de Mozago presentes, Jacobum qu. Domini
Ivani de Rocha et Marsanginum notarium de plebe Agurdi absentes, arbitrores et
arbitratores ellectos per illos predictos Regulares de la Valle ex sua parte. Et in Antonium
- Ser Vivencij de Cella plebatus Zaudi, Nicolaum notarium de Vidollino de
Zaudo, Guadagninum de Bragareza absentes, et Guadagninum de Villa Donti
presentem, arbritrores et arbritratores ellectos per predictos de Donto et de Goyma
ex sua parte: de pacto et voluntate inter partes quod si casus occureret quod unus vel plures
arbritratorium non possent vel non vellent esse, quod illa pars cui defficeret legeret unum
allium loco eius. Et predicti arbitrij et arbitratores possint et debeant terminare diffinire et
declarare inter utramque partem, vissis et auditis partibus cum suis juribus, de dicto monte
Durani usque ad unum mensem proxime venturum, illo die quo ordinatum fuerit per
predictas partes. Et predicte partes compromisserunt in predictos tanquam arbritores et
arbitratores et amicabilles compositores dispensatores et bonos viros, promittentes per se et
eorum heredes et vice ac nomine suarum Regularum et vicinorum ad invicem sibi una pars
alteri vicisim solempnibus stipulationibus hinc inde intervenientibus, et ipse ambe partes
dictis arbritrijs et arbritratoribus pro se suis heredibus et suis vicinis et Regularibus
stipulantibus, stare, parere, obedire et non contra venire de jure vel de facto aliqua ratione
vel causa omni laudo et arbitrio, diffinitioni et pronunciationi eorum qui et qualis est inter
eos, super predictos vel alliquo eorum vel predictorum occasione fuerint sui, arbritria vel
lauda dixerint pronunciaverint diffinierint aut arbritrati fuerint cum scriptura vel semel vel
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pluries diebus feriatis et non feriatis quandocumque quocumque qualitercumque ubicumque
idem factum compromissum cum juris cognitione, et omni juris solempnitate omissa
partibus presentibus et absentibus, dum tamen citatis termino predicto obstante, sub pena
ducatorum centum boni auri, ad invicem inter ipsos, et ab eis omnibus dictis arbritrijs et
arbritratoribus in singulis capitollis huius compromissi et laudi et arbitrij ferendi in
sollidum promissa: que tociens in solidum comittantur quociens contra factum fuerit, et
reffectione dampni et expensarum littis et extra et obligatione bonorum utriusque partis. Et
pena soluta vel non hoc compromissum et laudum seu arbitrium ferendum nichilominus
plena teneat firmitate. Insuper de pacto et conventione inter ipsas partes quod predicti
arbitrij et arbitratores debeant habere fictum presens dicti montis et dare illi parti cui de
eorum consciencia videretur habere meliorem rationem totum vel medium vel terciam
partem vel quartam vel quod sit melius et utilius, et ambe partes possint et vadant
passculare cum suis pecudibus in dicto monte Durani extra prata et cavendo a pratis
ubicumque volunt, donec sententia data fuerit per predictos. Ego presbiter Bartholomeus de
Rivo de Agurdo nunc plebanus in Zaudo ex imperiali auctoritate notarius hijs omnibus
interfui et rogatus scripsi.
TRADUZIONE:
Nel nome di Cristo, amen. Nell’anno del Signore 1383, indizione sesta, il giorno
diciannove del mese di giugno, nella località del monte Duran del distretto di Belluno, alla
presenza del magister Bartolomeo Enzegno, da Zoldo, di Marco della villa di Dont,
di Vivenzio da Goima, di Vivenzio di Rosso da Cugnago di La Valle del pievanato di
Agordo, testimoni sotto giuramento ed a questo scopo in particolare convocati, e di altri.
Circa la lite e intorno alla stessa e alla controversia che intercorreva e sussisteva tra
Antonio di Maten di La Valle del pievanato di Agordo, Innardino di Conagla di La Valle,
Vivenzio di Gaydono di quella località e Giacomo del fu signor Lugano da Lantrago del
medesimo luogo, che agiscono in nome proprio ed a nome e per conto di tutti gli uomini ed i
consorti della Regola di La Valle del pievanato di Agordo del distretto di Belluno, e di tutti
quelli interessati a questo processo finalizzato a stabilire il danno e l’interesse e che
asseriscono e chiedono di essere messi nella condizione di poter e voler legalmente, a loro
insindacabile giudizio, pascolare, tagliar legna, e disporre del citato monte di Duran, e
questo in sintonia con quanto erano abituati a fare nei tempi passati: da una parte. E
Oliviero da Dont e Giacomo del fu signor Antonio della stessa località, a nome
loro e a nome e per conto di tutti gli uomini della regola di Dont, e Giacomo del fu
Bertacco di Goima, Paolo del fu Bartolomeo da Mezzo del medesimo luogo e
Vittore da Cordella della stessa località, a nome loro ed in nome e per conto di
tutti i capi-famiglia e le persone di Goima e di tutti coloro che sono interessati a questo
processo finalizzato a stabilire torti e ragioni, i quali asseriscono al contrario, quale
controparte, che non devono monticare né potere disporre del predetto monte, per l’altra
parte. I predetti Antonio, Innardino, Vivenzio e Giacomo da una parte, ed i summenzionati
Oliviero, Giacomo, Paolo, Vittore e Giacomo dall’altra, si sono rimessi di comune accordo
all’arbitrato del venerabile signore, il sacerdote don Corrado Paredo, arcidiacono della Pieve
di Agordo, di Serafino da Mozago, presenti, di Giacomo del fu signor Ivano della Rocca e di
Marsangino, notaio del pievanato di Agordo, assenti, giudici conciliatori scelti dai citati
regolieri di La Valle da una parte. E all’arbitrato di Antonio del fu signor Vivenzio di
Zoldo, di Guadagnino di Bragarezza assenti, e di Guadagnino della villa di Dont
presente, giudici conciliatori scelti dai su ricordati uomini di Dont e di Goima per
parte loro: con l’intesa ed il consenso delle parti che se dovesse accadere che uno o più
arbitri siano impediti o non intendano presenziare, che quella parte cui costui viene a
mancare possa nominare un altro al suo posto. E che i suddetti giudici conciliatori possano
e siano messi nella condizione di determinare, stabilire e portar a conoscenza di entrambe
le parti contendenti, dopo aver preso conoscenza delle ragioni di ciascuna di esse, le
decisioni assunte relativamente al contenzioso che riguarda il monte Duran entro la fine del
prossimo mese venturo, nel giorno che verrà stabilito di comune accordo tra le parti.
E le parti citate si sono affidate all’arbitrato dei summenzionati, quali giudici conciliatori,
amichevoli compositori, regolatori e galantuomini, dando vicendevolmente una parte
all’altra, assicurazione per se stessa e per i propri eredi e in nome e per conto delle proprie
regole e vicinie con patto solenne che da questo momento di conseguenza si stabilisce, e che
di fatto entrambi i contendenti di fronte ai citati giudici conciliatori a proprio nome, a nome
dei propri eredi vicini e regolieri assumono, di attenersi, uniformarsi e sottostare e di non
contravvenire né di diritto né di fatto a qualsivoglia conclusione del lodo arbitrale, alle
determinazioni ed alla sentenza dei giudici di qualunque natura e tipo essa sia
relativamente ai contendenti sopra nominati, sia che gli arbitri, in accoglimento parziale o
totale delle predette richieste, abbiano determinato, pronunciato, stabilito e sentenziato per
iscritto conclusioni arbitrali in una sola o in più tornate, in giorni festivi e non, in
qualunque momento, luogo, modo, dovunque abbiano stabilito questo compromesso sulla
base del diritto, prescindendo da ogni formalità di legge per le parti presenti e assenti,
purché tuttavia convocata nel rispetto del predetto termine, sotto pena di cento ducati d’oro
buono dagli uni e dagli altri vicendevolmente promessa, con l’impegno da parte di entrambi
i ricorrenti di consegnarli in solido ai precitati giudici conciliatori a garanzia delle singole
clausole di questo compromesso e del giudizio arbitrale, somma che sarà corrisposta in
solido ogni volta che si sarà verificata una trasgressione, e con rifusione del danno, delle
spese di lite e di quant’altro, unitamente all’ipoteca dei beni di entrambe le parti
contendenti.
E assolta o meno l’obbligazione nondimeno questo compromesso e lodo o decisione degli
arbitri esplichi piena efficacia.
Inoltre con accordo e contratto tra le parti si stabilisce che i precitati giudici conciliatori
debbano trattenere l’attuale affitto del monte suddetto e assegnare, poi, a quella parte che
sembrerà loro, secondo coscienza, avere più motivazioni a proprio vantaggio
completamente, per metà, per un terzo o quarto o per la quota che risulterà più conveniente
e utile e che entrambe le parti abbiano l’opportunità di andar a pascolare con le proprie
greggi dovunque vogliano nel citato monte Duran, al di fuori dei prati e badando ad evitarli,
finché non sarà pronunciata la sentenza degli arbitri predetti.
Io, Bartolomeo, sacerdote da Riva di Agordo, ora pievano in Zoldo, notaio per investitura
imperiale, fui presente assieme a tutti costoro e, richiesto, ho scritto.
Documento e traduzione tratti da :
In Val di Zoldo nel Medioevo di Pietro Monego
Appunti con rassegna antologica dal 923 al 1409
Centro Culturale Amicizia e Libertà
Presentazione di Raffaello Vergani
Traduzioni dal latino : Armando Favaretto
Questo “Compromesso” riporta le modalità di scelta degli Arbitri, le condizioni ed il metodo che si sarebbero dovuti utilizzare definire il confine sull’ attuale Passo Duràn e porre un confine definitivo tra la Regola della Val e le Regole di Dont e Goima. Non avendo potuto eseguirsi l’ Arbitrato del 1400, si avrà una convenzione nel 1550 tra il proprietario del forno di Dont, Alvise Fontana, che stabilirà i confini per il taglio di legname per il forno (pergamena n 10 in “Le pergamene della Pieve di San Floriano di Zoldo” a cura di O.Ceiner ed S.Miscellaneo). Il confine verrà poi posto , nel 1603, più di due secoli dopo il compromesso del 1383 e corrisponde, per le zone pascolive, totalmente al confine attuale. L’antica ed ancora attuale confinazione del 1603 è stata già da noi descritta su Radio Più al link : https://www.radiopiu.net/wordpress/propieta-e-confinazioni-antiche-sul-passo-duran-di-tiziano-de-col/ Un approfondimento sulla convenzione del 1550 e sulla confinazione del 1603 e sui successivi sopraluoghi e verifiche del 1881 in particolare, scriveremo in successivi articoli. Leggendo il documento del 1383 ,oggetto di trattazione in questa nostra parte, possiamo rilevare che, scrivendo delle persone che rappresentano la Regola della Val si parla di ,” pro se et vice ac nomine omnium hominum et personarum Regulle de la Valle plebatus Agurdi districtus Belluni” ossia “agiscono in nome proprio ed a nome e per conto di tutti gli uomini ed i consorti della Regola di La Valle del pievanato di Agordo del distretto di Belluno “, segno che nel 1383 la Regola della Valle era già ben strutturata essendo sicuramente già in tale condizione dal 1354 e sicuramente precedentemente stando a quanto citato nel manoscritto “ …. et omnium quibus tangit hoc negocium ad damnum et ad utilitatem dicentes et petentes quod debent, possunt et volunt de jure secundum suas sententias passculare, montegare, et affictare dictum montem de Durano, et secundum tempore elabso fuerunt consueti “ traducendo “ ….questo processo finalizzato a stabilire il danno e l’interesse e che asseriscono e chiedono di essere messi nella condizione di poter e voler legalmente, a loro insindacabile giudizio, pascolare, tagliar legna, e disporre del citato monte di Duran, e questo in sintonia con quanto erano abituati a fare nei tempi passati”.
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