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VENEZIA Il loro numero è in costante e progressivo aumento rispetto a una popolazione in continua diminuzione. Eppure, a parte le dichiarazioni di circostanza e misure pressoché irrisorie (come la prestazione universale per i non autosufficienti), le esigenze degli over 80 sembrano non rientrare fra le priorità della politica. L’analisi del sindacato dei pensionati (Spi) della Cgil regionale, che ha elaborato su base comunale i dati Istat, non lascia spazio a interpretazioni neanche nel nostro territorio. In Veneto gli ultra80enni sono 382.906 (61% donne, per lo più vedove), il 7,6% della popolazione. Erano 306.202 dieci anni prima, nel 2014, il 5,7% dei residenti. Nella nostra regione, insomma, vivono 76 mila e 700 ottuagenari in più rispetto a un decennio fa, mentre nello stesso arco di tempo la popolazione complessiva ha perso 53 mila e 500 abitanti. Ma cosa comporta tutto questo? «Come diciamo sempre – commenta Massimo Cestaro, componente della segretaria dello Spi Cgil del Veneto – l’allungamento dell’aspettativa di vita è un fattore evidentemente positivo. Ma il fenomeno deve essere gestito. In primo luogo, per quanto concerne la sanità territoriale, che vorrebbe essere il fiore all’occhiello della Regione ma ha evidenziato varie criticità e una chiara mancanza di programmazione, soprattutto dopo il Covid. Invecchiare è positivo appunto, ma è importante invecchiare “bene”. C’è poi il fondamentale tema dell’assistenza, visto che il 40% degli ultra80enni è in parte o del tutto non autosufficiente. Aggiungiamo il pericolo isolamento, molto insidioso soprattutto nelle aree più ostiche come quelle del Bellunese e del Rodigino ma anche nelle grandi città, che hanno visto scomparire, fra l’altro, un numero cospicuo di negozi di vicinato, veri e propri presidi e punti di riferimento per i più anziani. Riteniamo altresì fondamentali i progetti legati all’invecchiamento attivo che necessitano di risorse importanti e di un confronto costante fra Regione e realtà di rappresentanza come la nostra. È essenziale, infine, governare una transizione tecnologica che per molti versi sta tagliando fuori e mettendo all’angolo proprio le persone più anziane». Lo Spi Cgil ha monitorato la presenza degli over 80 nei singoli comuni, facendo emergere realtà molto diverse fra loro. La provincia di Belluno guida la classifica con 17.753 grandi anziani, quasi il 9% della popolazione, con un incremento del 14% rispetto a dieci anni prima. Al secondo posto Venezia (8,6%) dove però l’aumento degli ultimi dieci anni è molto rilevante: il numero di over 80 è passato infatti da 56.277 a 70.166 unità (+27%). Rovigo è terza, con una quota dell’8,5% anche se rispetto al 2014 il trend è molto contenuto: +3,8%. Le quattro province rimanenti ospitano simili percentuali di ottuagenari, registrando comunque un vero e proprio boom rispetto a dieci anni prima, che tocca il proprio apice con il +31% del Vicentino. In tale contesto quella Bellunese è ovviamente la provincia con i comuni più “vecchi” della regione. In testa, Cibiana di Cadore, dove gli ultra80enni rappresentano il 15,3% dei residenti, anche se parliamo di una realtà con un numero ridotto di abitanti. Segue nel vicentino Pedemonte (13,4%) ma “tallonato” da altri due comuni dolomitici: Lamon (13%) e Voltago Agordino (12,4%). Fra Vicenza e Padova, invece, si dividono i comuni più giovani. Si va dall’4,42% di Zermeghedo (Vicenza) al 4,35% di Massanzago (Padova) fino ad arrivare al 4% di Gambugliano (Vicenza) che è fanalino di coda della graduatoria, ma anche comune con soli 845 abitanti.
MASSIMO CESTARO, SEGRETARIO SPI CGIL VENETO
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