Sebbene ci sia stato un lieve aumento rispetto all’anno precedente, nel 2017 (ultimo anno in cui sono disponibili i dati statistici) solo il 40,8 per cento degli automobilisti italiani ha pagato la contravvenzione inflitta dalla Polizia municipale per aver violato il Codice della Strada; 10 anni prima, la riscossione era stata del 59,1 per cento.
In buona sostanza, segnala l’Ufficio studi della CGIA, a fronte dei 2,6 miliardi di euro che nel 2017 i quasi 8 mila Comuni italiani dovevano riscuotere dai trasgressori, in realtà ne hanno incassato poco più di 1 miliardo.
Non è comunque da escludere che coloro che non lo hanno fatto 2 anni fa, ovvero entro i canonici 60 giorni dalla notifica della multa, abbiano effettuato il pagamento successivamente, usufruendo della rottamazione delle cartelle esattoriali introdotta in varie versioni negli ultimi 3 anni.
“E se rispetto a 10 anni prima l’importo complessivo in euro delle contravvenzioni pagate ai Comuni è salito del 68 per cento – segnala il coordinatore dell’Ufficio studi Paolo Zabeo – è evidente che attraverso l’utilizzo dei rilevatori elettronici di velocità, molte Amministrazioni comunali hanno fatto cassa, coprendo una parte dei mancati trasferimenti imposti per legge dallo Stato centrale. Detto ciò, è utile ricordare, soprattutto ai Sindaci, che gli automobilisti, e in particolar modo i conducenti professionali, non sono dei bancomat. Molti enti locali, pertanto, dovrebbero utilizzare gli autovelox e/o i T-red con maggiore attenzione, tenendo conto delle fasce orarie della giornata che, come si sa, registrano flussi di traffico molto differenziati”.
E se il giro di vite imposto negli ultimi anni dal legislatore ha messo in seria apprensione moltissimi automobilisti e altrettanti artigiani e partite Iva che guidano i veicoli commerciali per ragioni di lavoro (padroncini, idraulici, elettricisti, installatori impianti, falegnami, edili, dipintori, etc.), la cosa è ancor più sentita tra i conducenti professionali: autotrasportatori (alla guida di mezzi con peso superiore alle 3,5 tonnellate); taxisti e autonoleggiatori con conducente. Per queste ultime categorie, che per esercitare l’attività di trasporto di persone o merci hanno l’obbligo di conseguire la Carta di Qualificazione del Conducente (CQC), alcune infrazioni del Codice della Strada prevedono degli aggravi sanzionatori che possono accelerare, rispetto agli altri conducenti, il ritiro/sospensione della patente professionale che, contestualmente, causa l’interruzione dell’attività lavorativa.
“Indubbiamente – afferma il Segretario Renato Mason – l’ applicazione degli autovelox e degli alcol test ha persuaso molti conducenti a pigiare meno sull’acceleratore. Ricordo, infatti, che l’eccesso di velocità è la principale causa degli oltre 3 mila morti che si registrano ogni anno sulle nostre strade. Tuttavia, l’applicazione dei rilevatori elettronici di velocità fissi e mobili andrebbe coordinata meglio, intensificando la presenza di queste apparecchiature solo nelle reti viarie dove l’incidentalità è molto superiore alla media”.
Va comunque riconosciuto che il massiccio ricorso ai sistemi di rilevazione della velocità e l’applicazione nelle nuove autovetture di sistemi di sicurezza sempre più sofisticati hanno ridotto drasticamente il numero di feriti e di morti sulle nostre strade.
Tornando alle statistiche di questa elaborazione, la percentuale di riscossione delle contravvenzioni inflitte dai Vigili urbani dei Comuni del Sud si è attestata del 32 per cento. Al Centro, invece, la media è salita al 33 per cento, nel Nordovest al 45,9 per cento e nel Nordest ha raggiunto il 58,9 per cento. Le Amministrazioni comunali più virtuose sono state quelle del Friuli Venezia Giulia col 63,4 per cento delle riscossioni. Subito dopo si rilevano la Valle d’Aosta con il 62,6 per cento e la Basilicata con il 61,7 per cento. Tra le realtà maggiormente in difficoltà, invece, vi sono i Comuni del Lazio con il 26,3 per cento, della Campania con il 24,3 per cento e della Sicilia con il 20,3 per cento.
Come in ogni anno dispari, anche lo scorso 1° gennaio è scattato l’adeguamento biennale all’inflazione degli importi delle multe stradali (+2,2 per cento). Un aggiornamento al costo della vita relativamente contenuto, ma non tale da far restare invariati gli importi per la maggior parte delle violazioni. Per questa tornata di aumenti, pertanto, sono state escluse solo poche violazioni penali previste dal Codice della strada e quelle introdotte di recente (posteggiatori abusivi e “furbetti” delle targhe straniere).
Gli importi aggiornati sono stati oltre 160. Ma nella pratica la situazione è diversa: bisogna considerare che l’importo comprende i massimi (che difficilmente vengono applicati), ma lascia fuori le casistiche particolari (come lo sconto del 30 per cento per chi paga entro cinque giorni o l’aggravio di un terzo che scatta per alcune infrazioni quando sono commesse in orario notturno che, ricordiamo, inizia alle 22:00 e termina alle 7:00 del giorno dopo).
Dal 10 giugno scorso, inoltre, le multe stradali hanno subito un ulteriore rincaro, solo nei casi in cui la notifica sia consegnata al trasgressione da Poste italiane. Tutto questo è avvenuto perché le Poste hanno aumentato le tariffe per la spedizione, dopo le recenti modifiche di legge che hanno re-introdotto la cosiddetta Can, vale a dire la Comunicazione di avvenuta notifica. Per la spedizione più diffusa, quella di lettere/plichi di peso fino a 20 grammi, il costo è salito da 6,80 a 9,80 euro. Un incremento boom del 44 per cento.
L’Ufficio studi della CGIA, infine, ha riportato nell’ultima tabella anche gli importi in euro (in vigore dal 1° gennaio 2019) di alcune tra le infrazioni più diffuse al Codice della Strada.
COSA SUCCEDE SE NON SI PAGA UNA MULTA STRADALE ?
Quando si commette una violazione al Codice della Strada, la multa è l’inizio di un complesso procedimento sanzionatorio che in estrema sintesi può essere riassunto come segue.
Entro 5 giorni dal ricevimento della contravvenzione è possibile pagare la sanzione nella misura minima, usufruendo di uno sconto del 30 per cento. Decorso tale termine e sino al 60° giorno successivo, la sanzione è dovuta in misura piena (senza sconti).
In caso di mancato pagamento, presso la residenza del proprietario del veicolo verrà notificato un “verbale” contro il quale è possibile ricorrere al Giudice di Pace nel termine di 30 giorni o al Prefetto entro 60 giorni.
Se si continua a non pagare, si riceverà una cartella di pagamento (nell’ipotesi in cui l’ente locale si avvale del concessionario della riscossione, ad esempio, l’ Agenzia delle Entrate-Riscossione). Decorsi 60 giorni dalla notifica di quest’ultima, persistendo la morosità, l’ente della riscossione attiverà le procedure cautelari ed esecutive. Nel caso di debiti fino a 1.000 euro, prima di procedere, il concessionario dovrà inviare al contribuente per posta ordinaria un’ulteriore comunicazione di sollecito.
Tra le procedure cautelari, vi può essere il fermo amministrativo dei veicoli intestati al debitore. Prima di procedere, anche in questo caso il contribuente riceverà una comunicazione di preavviso con la quale viene invitato a mettersi in regola.
Infine, vengono attuate le procedure esecutive vere e proprie che in questi casi consistono nel pignoramento di somme del contribuente presso terzi, ad esempio dal conto corrente o dallo stipendio.