Ricorre oggi, lunedì 5 agosto 2019, l’anniversario numero 311 della dedicazione (1708) della chiesa parrocchiale di La Valle Agordina dove proprio in questi giorni si registra l’avvicendamento dell’amministratore parrocchiale don Adalberto Rzeminski che, come don Giorgio Lise, arcidiacono di Agordo e don Mario Zanon, parroco di Taibon Agordino, cede il testimone a don Cesare Larese De Pol, finora parroco di Bribano, Sedico e Roe. Larese De Pol avrà quale vicario parrocchiale don Francesco Silvestri, già pro-rettore del Seminario. I mandati di ministero, disposti dal vescovo Renato Marangoni, sono stati decisi dopo la consultazione dei Consigli pastorali delle varie parrocchie. Va aggiunto che don Zanon continuerà la sua presenza-attività nella Casa di riposo di Taibon mentre don Rzeminski opererà nella diocesi di Lugano. Per quanto riguarda don Lise, che mantiene l’incarico di vicario giudiziale e l’impegno nel Tribunale ecclesiastico triveneto, è stato nominato Rettore del seminario gregoriano di Belluno ed avrà altri compiti di rappresentanza diocesana. Infine per Bribano, Sedico e Roe, la cura delle parrocchie verrà affidata “in solido” ai parroci Sandro Gabrieli finora parroco di Falcade, come moderatore e Mirko Pozzobon, già vicario parrocchiale delle stesse comunità, il quale continuerà il servizio di insegnante di esegesi all’Issr di Treviso e nella facoltà teologica di Padova. Le decisioni del vescovo Marangoni riguardano anche le due comunità parrocchiali di Nebbiù e Tai di Cadore. Don Giuseppe Genovese ha rinunciato per motivi di salute alle due parrocchie che don Diego Soravia ha retto come amministratore parrocchiale mentre altri preti hanno garantito le celebrazioni festive. Le comunità verranno affidate a don Mariano Baldovin, finora parroco di Canale d’Agordo e di Vallada Agordina. Tornando alle dedicazioni ( in questa settimana sono sette): riguardano oltre a La Valle Agordina, Tai di Cadore mercoledì 7 (dedicazione del 1745), Pieve di Cadore, parroco mons. Diego Soravia, collaboratore parrocchiale don Pierluigi Larese (1837) venerdì 9, Cencenighe, amministratore parrocchiale don Gabrieli, collaboratore pastorale don Luigi Canal (1732, Forno di Zoldo, parroco mons. Paolo Arnoldo, vicari parrocchiali: don Elio Del Favero e don Francesco Giovanni Slongo (1619) e Lamosano d’Alpago, parroco don Alvise Costa (1641) tutte e tte sabato 10; infine Frassenè Agordino, parroco don Fabiano Del Favero (1968) domenica 11. Le date sono riportate sull’ultimo numero del settimanale della Diocesi di Belluno-Feltre “Domenica” diretto dal vescovo emerito Giuseppe Andrich. Ci limitiamo nella circostanza a fornire qualche dettaglio sulle chiese di San Michele Arcangelo di La Valle Agordina e di Sant’Antonio Abate di Cencenighe avendo già trattato delle altre in precedenza. All’interno della prima, a navata unica, restaurata dal Segusini nella seconda metà del secolo 19. Vi sono diverse opere artistiche di particolare interesse. L’altar maggiore dello scultore Valentino Panciera Besarel, realizzato nella seconda metà del secolo 19., con inserito un tabernacolo del Brustolon appartenente all’altar maggiore della vecchia Chiesa distrutta da una frana nel 1701. A tergo dell’altare è posta una pala del Fossa (1706) in una cornice sempre del Besarel, rappresentante San Michele Arcangelo. Negli altri quattro altari, vi sono una statua di San Giuseppe realizzata da Besarel padre, una del Lazzarini del 1708 raffigurante San Antonio Abate e San Francesco, una del Ridolfi del 1708 con San Domenico Guzman, una del Fossa del 1706, commissionata all’autore da Pietro Mamani “per sua divotione”, ora posizionata sull’altare delle Anime o dei “Careghete” (seggiolai) appartenente al vecchio altare di San Gregorio Magno. I dipinti dell’abside sono stati eseguiti dal Licini nel 1942. La grande volta centrale della Chiesa realizzata dal Foppa nel 1712 aveva destato qualche perplessità di stabilità da parte dello stesso, tanto che la tradizione paesana vuole che si fosse allontanato senza ricevere il compenso per la paura che la volta cedesse; ritornò 5 anni dopo, forse tranquillizzato, per la realizzazione della possente torre campanaria, alta 35 metri i cui muri alla base hanno uno spessore di 1,20 metri. Della seconda chiesa il sito Infodolomiti spiega che: “… sorge ai piedi del “Col de pase”, laddove venne edificato il primo edificio sacro intitolato al Santo nel XIII secolo. Nel corso dei secoli il tempio subì rifacimenti e restauri. La necessità di creare uno spazio più ampio per accogliere i fedeli fece scegliere di edificare un nuovo edificio sui sedimenti dell’antico tempio, il cui completamento risale alla prima metà del ‘700. Sant’Antonio fu un taumaturgo nato in Egitto nel 251 e patriarca del monachesimo anacoretico, riconosciuto dai fedeli anche come “guaritore” delle malattie epidemiche come la peste e il ‘fuoco di Sant’Antonio’. Se l’antico tempio era di piccole dimensioni e costituito da un’aula, una sagrestia e il campanile, l’attuale comprende certamente una superficie più ampia e contempla tre ampie navate, una spaziosa cantoria, un alto campanile a bulbo nella parte terminale. L’altare maggiore, in pino cembro, è stato progettato scolpito e policromato da Giovanni Manfroi di Cencenighe in collaborazione con Antonio Costa da Taibon. Si tratta di opera monumentale di particolare rilevanza architettonica e composta da sei colonne di facciata, un baldacchino, una struttura solenne con intagli, bassorilievi e statue. Purtroppo alcune parti scolpite del tempio sono state danneggiate e rubate nel 1988. Notevole il dipinto su tela, attribuito a Svaldo Gorbenutto, di Sant’Antonio Abate, con San Rocco e San Sebastiano. A destra del presbiterio, l’altare ligneo di Giovanni Battista Manfroi, ospita un dipinto di Luigi Cima da Mel eseguito nel 1921 raffigurante il guaritore San Gottardo, opera che andò a sostituire una pala di Valentino Rovisi rubata nel furto del 1988. Infodolomiti conclude così: “Sempre di realizzazione della famiglia Manfroi è l’altare minore, questa volta scolpito da Giuseppe, che rivela uno stile rococò ma, considerando la ricerca alle soluzioni geometriche attuata, anche neoclassico. La pala di questo altare, dipinta da Domenico Zeni, illustra la vicenda della morte di San Giuseppe assistito dalla Vergine e da Gesù, il cui stile è probabilmente ispirato alle opere del veneziano Gianantonio Guardi”.
FOTO (Dario Fontanive, siti della diocesi di Belluno-Feltre e del Comune di la Valle Agordina): la chiesa di La Valle Agordina: esterno ed interni; quella, d’epoca, di Cencenighe, e come appare oggi; il dipinto “Morte di San Giuseppe” di Domenico Zeni; don Giorgio Lise e don Mario Zanon.