BELLUNO La quarta sezione penale della Corte di Cassazione ha giudicato infondato il ricorso del dirigente dell’area tecnica e il capo compartimento dell’ANAS, già condannati in primo e secondo grado a 4 mesi di reclusione per l’omicidio colposo di Martina Bonavera. I tempi della giustizia italiana hanno però, nel frattempo, determinato la prescrizione del reato. Un’amara vittoria giudiziaria per i famigliari nella triste vicenda della morte di Martina, travolta e uccisa da un furgone il 9 marzo del 2013 mentre, a pochi passi da casa, lungo la statale 50 a Giamosa, raggiungeva come tutte le mattine la fermata dell’autobus diretto verso la scuola. Nonostante la “scure” della prescrizione si sia abbattuta sul processo, i giudici della Suprema Corte, nelle motivazioni riportate in sentenza, hanno confermato la correttezza delle sentenze di condanna di primo e secondo grado, “smontando” uno ad uno i motivi del ricorso presentato dai dirigenti di ANAS. I due imputati avevano l’obbligo giuridico di impedire l’evento-incidente su di una strada di proprietà dell’ANAS e dallo stesso ente gestita, essendo stati informati a più riprese, anche da soggetti qualificati, della urgente necessità di interventi di messa in sicurezza volti alla eliminazione o alla riduzione dell’obiettivo rischio proprio nel tratto in cui sarebbe poi stata investita Martina, e che, ciononostante, “Sono rimasti colpevolmente inerti”. Linda e Francesco Bonavera, i genitori di Martina, dopo aver presenziato nel corso degli anni a tutte le udienze di ogni grado di giudizio, non sono ovviamente voluti mancare all’epilogo giudiziario nel palazzo della Corte di Cassazione a Roma, affiancati dall’avvocato Chiara Tartari, fiduciario di Giesse Risarcimento Danni. “Nessuno dei due imputati, purtroppo, ha mai ammesso di avere sbagliato, né ha mai neppure provato ad avanzare uno straccio di scuse – l’amaro commento al termine dell’udienza – Eppure sono anche loro i responsabili della morte di Martina, anche se a causa dei tempi della Giustizia sono purtroppo rimasti impuniti. L’unica nostra speranza è che quanto orribilmente accaduto a nostra figlia, messo ora nero su bianco in ben tre diverse sentenze giudiziarie, possa portare a una doverosa, maggior attenzione chi ricopre ruoli tanto importanti come quelli deputati al controllo della sicurezza nostra e dei nostri figli. Fatti tanto orribili non dovrebbero ripetersi mai, mai più”. I coniugi Bonavera, pur di fare massima chiarezza e ottenere piena giustizia, hanno rinunciato nel corso dell’iter giudiziario a una cospicua offerta risarcitoria, che li avrebbe di fatto esclusi dal processo penale e che avrebbe determinato anche uno sconto di pena agli imputati. “Essere stati al fianco di Linda e Francesco in questi nove anni ci ha trasmesso un enorme senso di dignità, forza e perseveranza – sottolinea Nicola Barchet, presidente di Giesse Risarcimento Danni – Fin dal primo giorno hanno sempre e solo cercato giustizia, non giustizialismo. Dopo aver vissuto una simile tragedia, dati anche i tempi che corrono, non è affatto scontato”.
***