di RENATO BONA
Ci congediamo dal libro del prof. Flavio Vizzutti “Le Chiese dell’antica Pieve di Cadola” che ha proposto fra l’altro documenti di storia e d’arte di alto contenuto. Lo facciamo “rileggendo” il capitolo che il valente autore ha riservato alle “Chiese scomparse” e partendo dalla fine, cioè con quella di San Paolo a la Secca (tempio già appartenente alla Pieve di Cadola), l’unica per la quale è stato possibile riprodurre un’immagine. Prima, peraltro, onore al merito di Vizzutti stesso, della Diocesi di Belluno-Feltre nonché dei parroci don Pietro Bez, di Quantin; don Paolo Cavallini di Polpet-Ponte nelle Alpi; don Natale Trevisan, di Col di Cugnan; don Cesare Vazza arciprete di Cadola, che hanno voluto e sostenuto la pubblicazione (foto di Giancarlo De Santi Belluno, stampa e copertina tipografia Piave Belluno). Il tempio di la Secca, scrive Vizzutti, dedicato all’apostolo Paolo è innalzato tra il 1878 ed il 1884 dai frazionisti di Casarmata-Cornolade che avevano ottenuto il beneplacito del vescovo Salvatore Bolognesi purché se ne assumessero, poi, anche gli oneri della manutenzione; impegno prontamente sottoscritto dai ‘capi di casa’, come si autodefiniscono nella loro petizione”. L’arciprete di Cadola don Michele Palla ottiene dall’Ordinario la facoltà di benedirlo ed aprirlo con cerimonia del 26 gennaio 1885. Ventisette anni dopo, il 19 gennaio 1912 il vescovo Giuseppe Foschiani benedice la campana, ma… Con la realtà rappresentata dalla nuova parrocchiale di Sitran-Bastia (29 giugno 1951) la chiesina con Cornolade e la frazione La Secca passa da Cadola al nuovo comprensorio parrocchiale. Negli anni 1965-66 è totalmente restaurata dai fedeli del posto e così il 29 giugno 1966 viene benedetta e riaperta al culto. Chiesa di Sant’Osvaldo del Rai: edificata dal pievano Tommaso Persio attorno al 1660 sulla strada sotto Cadola verso Soccher, vicino al torrente Rai la chiesina fudedicata al taumaturgo contro la peste. Persio sostiene a titolo personale ogni onere e la fornisce di un “fondo dotale” il 15 aprile 1665. Con la sua scomparsa sorgono questioni di carattere economico per la manutenzione. Nel 1719 i vetri delle finestre sono rotti, il muro è fessurato vistosamente e le condizioni conservative sono destinate ad aggravarsi; nel 1852 “le storiche vestigia sono travolte da una piena violenta del Rai”. Chiesa di san Giorgio al castello di Soccher: nel 1570 si accenna all’esistenza della chiesa castellana detta “sagrada”. A fronte del maniero in totale rovina, il tempietto risulta “abbastanza ben tenuto” ma… “le esigue entrate non permettono di promuovere alcuna sostanziale innovazione così il 26 agosto 1637 il vescovo Giovanni Tommaso Malloni prende atto che la chiesa “è in tutto indecente e rovinata” e la interdice. Nel 1663 l’abbandono è totale. Tuttavia sino al 1873 la chiesuola castellana è sempre aperta al culto ma da quella data non è più nominata “perché crollata durante il sisma di quell’anno”. Quanto alla chiesa dei santi Matteo e Mattia di Quantin in base a dati del 1512 e del 1526 la fondazione sarebbe del secolo precedente. Anche per questa realtà la carenza di mezzi rende difficile procedere nel tempo ai necessari restauri. Nel settembre 1708 l’edificio sacro “conosce attenzioni conservative” tanto che nel secolo successivo è ripristinato ma nel 1888 “si ritiene necessario costruirne uno nuovo”; l’iniziativa è del mansionario don Gianfrancesco Talamini. L’antica filiale di Quantin viene demolita attorno al 1955. E siamo alla chiesa di San Floriano di Col, chiesta dai regolieri nel 1647 al vescovo Malloni. Al Visitatore delegato”, canonico Pietro Persicini, la chiesa nel 1745 appare trascurata. Dal 1959 alla Curia veniva chiesto di procedere alla demolizione per allargare l’accesso al paese sicché nei primi anni ‘60 è di fatto abbandonata e tutte le funzioni si svolgono nella sala parrocchiale in attesa del nuovo tempio. Soliti problemi anche per la chiesa di San Bartolomeo di Pises con il Prelato visitatore che nel 1598 deplora le pessime condizioni in cui si trova l’edificio. Importanti lavori nel 1609. Purtroppo dal terremoto del 1873 si salva solo il campanile di 15 metri. La rassegna delle chiese scomparse si conclude con quelle di San Felice e di San Nicolò, entrambe a Polpet. Dell’8 maggio 1519 la consacrazione dell’altare della prima, del 1570 quella della seconda. San Nicolò subisce il dramma del terremoto “le cui ferite vengono gradualmente rimarginate; altre offese con gli avvenimenti bellici del 1945. Alcuni anni dopo, funzionante solo per cerimonie funebri è abbandonata perché pericolante, chiusa al culto e infine demolita. San Nicolò nel 1754 è in condizioni conservative generali buone ma manca quanto indispensabile per la messa e l’edificio pur parzialmente ripristinato viene demolito nel 1950.
NELLE FOTO (riproduzioni dal libro di Flavio Vizzutti “Le Chiese dell’antica Pieve di Cadola): due documenti relativi alla realtà della chiesa di San Giorgio di Soccher; pagina del “libro dei conti” della chiesa di San Felice di Polpet; la chiesa di San Paolo a La Secca.