Hai messo i Carabinieri sull’attenti. I tuoi giocatori hanno sfoderato quei colori bianco rossi con i quali siamo cresciuti allo stadio del ghiaccio, Alfredo. Una folla ha paralizzato Rocca Pietore, per un attimo sono ritornato agli anni Ottanta quando per tornare a casa entro un’ora decente dovevo organizzare l’uscita dallo Chalet almeno 2 ore prima, tanto ci voleva da casa nostra, lo Chalet di Pedy e Francesca, fino a Taibon, allora c’erano auto ovunque e una coda a passo d’uomo fino a Masarè e poi ancora più giù. Ieri ho rivisto la stessa cosa da Rocca Pietore a Caprile e fino più giù. Sai, ad inondare la chiesa di lacrime c’erano anche le nostre regine del celebrità, quella ventenni che tu additavi sorridendo e chiedendo a più riprese “come vala co l’intimo de carinzia”, sono cresciute sai, come noi e con loro hanno portato figli e nipoti, commossi anche loro. Secondo me te la stavi ridendo sotto i baffi, anzi sopra quel collo che Mike Tyson ti ha sempre invidiato. C’erano anche alcuni uomini, e tra loro mi pare di aver rivisto quel ragazzo bagnato che finiva in ammollo nel lago sotto alla terrazzona dello Chalet ti ripeto, quello di Pedy e Francesca. Qualcuno ci finiva da solo per annaffiare i vapori dell’alcool, qualcun’altro con una spintarella perché ti bastava poco per riportare la calma e allora la red bull era un’altra cosa per le nostre notti da Chalet. Ho sentito tra l’incenso del prete l’odore delle penne all’arrabbiata, perché il briccone ne metteva dentro di peperoncino per far inghiottire qualche barile di birra. Quello si che era divertimento e fare turismo, Pedy. A Lisa, Luisa, Sabrina, Martina, Thomas e David siamo riusciti a strappare anche qualche sorriso ricordando le tue leggende da Gargantuà, pensa quante cose avranno da raccontare alla sorellina Lucrezia quando crescerà e chiederà chi era papà… Chi è papà, perchè tu rimani vivo dentro di noi e alle lacrime presto si sostituiranno i sorrisi e fragorose risate. Scendendo da Rocca non ho potuto non guardare la Marmolada e ricordare i tempi dell’Albertone, quello che ti portava sulle piste di sci a lacrimare emozioni, che ti portavi allo Chalet per fare festa, bei tempi bocia dalla mascalzonata quotidiana. Per la prima volta ho visto el Bepin senza parole, con gli occhiali ma questa volta non per farsi più bello, ma perché gli occhi erano inondati di lacrime. Mica facile schiantare il Barone, che con lui di baronate ne hai messe in fila così tante da non riuscire a raccontarle. El Bepin, mi ha commosso, ti ho rivisto nelle sue mani che non riusciva più a controllare dal dolore per la perdita di quelli che ricorderà tra i suoi più grandi amici.
Ai tuoi figli Thomas e David ho chiesto di crescere come te, forse mi avresti volentieri dato un calcio nel di dietro… “No po così così le masa, basta la metà”. Ultimamente ci siamo trovati per caso, facciamo che la prossima volta sia uguale. “Finesela con chela radio de fame piande”, l’ultima volta mi hai detto così mentre ricordavo alcuni amici che hai già raggiunto. Dalla tua meravigliosa famiglia c’è infine un grazie a gran voce, rivolto a tutti coloro che hanno fatto sentire la loro presenza in questi tristi giorni, non sanno più come fare per abbracciare tutti e ringraziarli. Io ci provo qui, ma forse lo spazio non è sufficente. Pedy, birra in alto e “ndon avanti, che la procesion s’ingruma”. Mi mancherai, mascalzone.
mirko.