Bellunese d’adozione e per discendenza materna, il prof. Giovanni Angelini, professionista di primissimo piano in campo medico e, fra l’altro, grande appassionato della montagna (è mancato il 16 maggio 1990 all’età di 85 anni) è stato autore, come abbiamo già avuto modo di ricordare, del libro “Pelmo d’altri tempi” edito nell’ottobre 1987 da Nuovi Sentieri di Bepi Pellegrinon (altro notevole conoscitore di cose di montagna e non solo), per i tipi della bolognese Arti grafiche Tamari e con storiche immagini riprodotte dal fotografo bellunese De Santi. Sul capitolo “Rifugio ‘Venezia’ inaugurato nel 1892” ci soffermiamo per rammentare, con parole dello stesso Angelini, che: “In Ampezzo già erano sorti tre rifugi di montagna: Rifugio Nuvolao (Nuvolóu: costruito a spese del barone R. de Meerheimb di Dresda, per riconoscenza di riacquistata salute, nel 1883, poi ‘Sachsendankbütte’), Rifugio Tofana alla Forcella di Fontana Negra (1886), Rifugio Sorapis (Sorapiss: nel 1890; ‘Pfalzgau’)”. Sulle Dolomiti allora italiane, il primo rifugio fu quello progettato dalla Sezione di Venezia del Cai fondata da poco, nel 1890 ma che “dimostrò una saggia intraprendenza nel compiere nuove opere alpine: in tre lustri portò a termine 4 rifugi sulle Dolomiti”. Citando la “Rivista Mensile” del novembre 1891, Angelini richiamava quanto comunicato dalla direzione nazionale: “Rifugio al Pelmo. La direzione della sezione di Venezia ha deliberato di sottoporre alla prossima assemblea dei soci un progetto per la costruzione di una capanna alla base delle roccie del Pelmo, e precisamente presso il limite fra i Campi di Najeron e quelli di Rutorto, fra la vallata del Maè e quella del Boite. Il Pelmo (3168 m.), che per altezza è una delle più cospicue vette nelle Alpi Bellunesi, non ha rivali per la maestosa imponenza delle sue roccie, per la bellezza del panorama che si gode dalla sua cima, per l’amenità delle vie d’accesso… La capanna verrebbe costruita a circa 2100 metri di altitudine, ad una distanza presso a poco uguale da San Vito, da Borca e da Forno di Zoldo, ed a circa 4 ore dalla sommità. La Direzione si ripromette di vederla ultimata entro la stagione alpina 1892”. E così fu. Opportunamente Giovanni Angelini ricordava che: “…Fu chiesto anche consiglio – per quel che si sa – alla Sezione di Belluno, costituitasi nel 1891, la quale fu subito molto impegnata nel preparare il successivo Congresso degli alpini italiani nel 1893” evidenziando poi che “La Sezione di Venezia fu alacre nel predisporre i mezzi ma fu molto fortunata nell’affidare la costruzione del primo rifugio – e poi dei successivi – a una impresa particolarmente montanara: la Pasqualin e Vienna, con sede a Venezia (allora a Santa Marta, poi in Calle dei Guardiani), fondata da Adriano Pasqualin (1846-1931) di Zoldo, fratellastro della guida Rinaldo Pasqualin, fattosi dal nulla e poi cavaliere del lavoro, e da Paolo Vienna (nato a Termine di Cadore nel 1843, morto a Venezia nel 1922) suo cognato, entrambi montanari e cacciatori di camosci. L’impresa raggiunse una grande floridezza nei primi decenni di questo secolo ed ebbe grande importanza anche nella Val di Zoldo, per il reclutamento di mano d’opera specializzata in carpenteria per grandi opere E siamo al 20 giugno 1892 quando la Pasqualin e Vienna presentava la sua offerta per la realizzazione del rifugio alla base del Pelmo (cucina e camera da pranzo al pianoterra, due camere da 6 e 4 letti, soffitta con finestra per le guide alpine e in caso di bisogno per i viaggiatori; una piccola fontana a pochi metri che fornisce “acqua eccellente”); è datata 23 giugno l’accettazione dell’offerta da parte del Cai veneziano. L’11 settembre di quello stesso anno la cerimonia inaugurale del rifugio! La “Rivista Mensile” dello stesso mese ospitava un servizio siglato F.V. presumibilmente l’autore era Feliciano Vinanti, fondatore e primo presidente della Sezione Cai bellunese. Angelini ne cita alcuni passi: “… alle 5,30, il tempo non poteva essere più bello, la comitiva s’incamminò alla volta del rifugio dove giunse dopo circa 3 ore e mezza, passate quasi senza accorgersi perché la magnificenza dei paesaggi che si godevano lungo il tragitto, e le grandi discussioni alpinistiche sulla salita del Pelmo, che si presentava imponente, assorbivano tutta l’attenzione, né restava tempo a nessuno di badare alla fatica dell’ascesa che si andava compiendo… Ad ogni momento si vedeva spuntare sulle alture circostanti nuova gente che saliva o da Zoldo o dalla parte di Oltrechiusa. Erano anche le rappresentanze comunali e sociali dei dintorni colle loro bandiere, che veniva ad accrescere la solennità della festa. Alle 10 erano oltre 400 persone riunite lassù… Don Natale Talamini diede la benedizione… quindi la gentile signorina Olga Zecchini, scelta a madrina, spezzò la tradizionale bottiglia di champagne in mezzo agli evviva frenetici e al suono della Marcia reale. Il maestro di Zoppè fece cantare dalla numerosissima scolaresca condotta lassù, un inno scritto per l’occasione, e il dottore Müller salutò in nome di Zoldo gli alpinisti, inneggiò al fausto avvenimento, e terminò col portare anche i saluti degli Alpinisti Triestini, sollevando una salva di urrà. La brava e instancabile banda di Zoldo suonò dopo una marcia scritta appositamente anche questa per la circostanza e dedicata alla Sezione di Venezia”. Poi parlarono: il conte Tiepolo, Guido Fusinato, Feliciano Vinanti, Giuseppe D’Anna, Edoardo Coletti, il dott. Vicentini. In conclusione, l’autore di “Pelmo d’altri tempi” citando ancora Vinanti, ricordava che questi aveva scritto in chiusura del suo servizio: “Quanto al Pelmo, è nostro debito rilevare che lo stesso giorno11, mentre noi si stava inaugurando la capanna, la più valorosa delle alpiniste della nostre regione, la gentilissima signorina Irene Pagani di Colle Umberto (socia della Sezione di Agordo) inaugurava, felicissimo auspicio, la serie delle ascensioni dalla capanna medesima, in cui aveva passata la notte dal 10 all’11. Con l’usato valore essa superò le maggiori difficoltà che presentava la quantità di neve caduta il giorno innanzi…”.
NELLE FOTO (riproduzioni dal libro “Pelmo d’altri tempi” e sito “rifugiovenezia.it”): un momento della cerimonia inaugurale del Rifugio della sezione Cai di Venezia (archivio Adriano Pasqualin); alpiniste ed escursioniste intervenute nell’abbigliamento dell’epoca (Pasqualin); scorcio del “Venezia” al Pelmo (Pasqualin); il Rifugio ai primordi del secolo (Breveglieri Belluno); così il “Venezia” dopo essere stato incendiato nel 1944 durante la seconda guerra mondiale (G.A. 1945); la struttura come si presenta oggi.