L’Italia è un Paese sempre più spaccato a metà: se, dopo la crisi, il Nord ha ripreso a correre e con qualche difficoltà tiene il passo della locomotiva d’Europa, vale a dire la Germania, il Sud, invece, arranca e presenta una situazione socio/occupazionale addirittura peggiore della Grecia, che da oltre un decennio è stabilmente il fanalino di coda dell’Eurozona. E’ questo il risultato a cui è giunto l’Ufficio studi della CGIA dopo aver comparato una serie di indicatori economici, occupazionali e sociali della Germania con il Nord Italia e della Grecia con il nostro Mezzogiorno.
Le variabili messe a confronto dall’Ufficio studi si raggruppano in 3 grandi aree:
economia (Pil pro capite; produttività del lavoro, export/Pil e saldo commerciale/Pil);
lavoro (tasso di occupazione, tasso di occupazione femminile, tasso di disoccupazione e tasso di disoccupazione giovanile);
sociale (rischio di povertà o esclusione sociale).
“Il divario tra il Nord e il Sud del nostro Paese – commenta il segretario Renato Mason – ha radici lontane che risalgono addirittura all’unità d’Italia. Purtroppo, le politiche pubbliche di sviluppo messe in campo in questi ultimi 70 anni non hanno accorciato le distanze tra queste realtà. Anzi, per certi versi sono aumentate, poiché i livelli di crescita delle regioni settentrionali sono stati decisamente superiori a quelli registrati nel meridione, che si conferma una delle aree economiche più disagiate dell’intera Eurozona”.
E con un Paese che presenta uno squilibrio così marcato tra le principali ripartizioni geografiche che non ha eguali nel resto d’Europa, i dati statistici medi dell’Italia vanno sempre interpretati con le dovute cautele. In particolar modo per la forte presenza dell’economia non osservata che, solo per la parte del lavoro irregolare, produce nel Mezzogiorno oltre 27 miliardi di euro di valore aggiunto sommerso all’anno (vedi Tab. 1).
“Il Sud – chiarisce il coordinatore dell’Ufficio studi Paolo Zabeo – può contare su una presenza di oltre 1 milione e 300 mila lavoratori in nero che rende le statistiche ufficiali sul mercato del lavoro meno allarmanti di quanto appaiono. Detto ciò, nessuno giustifica questo fenomeno quando è controllato da organizzazioni criminali o da caporali. Tuttavia, se il sommerso è una conseguenza del mancato sviluppo economico di un territorio, al tempo stesso rappresenta un ammortizzatore che consente a migliaia e migliaia di famiglie di non scivolare nella povertà o nell’esclusione sociale”.
IN VERDE I RISULTATI DEL NORD MIGLIORI DI QUELLI TEDESCHI E DEL SUD MIGLIORI DI QUELLI GRECI
IN ROSSO I RISULTATI DEL NORD PEGGIORI DI QUELLI TEDESCHI E DEL SUD PEGGIORI DI QUELLI GRECI
(*) Come da ripartizione territoriale Istat, il Nord è costituito da Piemonte, Valle d’Aosta, Lombardia, Liguria, Trentino Alto Adige, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna.
(**) Come da ripartizione territoriale Istat, il Mezzogiorno è costituito da Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Sardegna.
(***) Indicatore nell’ambito della strategia Europa 2020 che deriva dalla combinazione di 3 elementi: 1) rischio di povertà (persone che vivono in famiglie con reddito familiare equivalente inferiore al 60% del reddito mediano dello stesso paese); 2) grave deprivazione materiale (persone che vivono in famiglie con almeno 4 sintomi di disagio tra una platea di 9 sintomi); 3) bassa intensità lavorativa (persone che vivono in famiglie i cui componenti di età 18-59 lavorano meno di un quinto del loro tempo). Il rischio di povertà o di esclusione sociale si verifica quando sussiste almeno una delle tre condizioni descritte. Per i 2 indicatori sulla povertà, il Nord è stato calcolato come media semplice dei 2 indicatori relativi al Nord Ovest e al Nord Est.