BELLUNO Il segretario generale della FIOM CGIL di Belluno Stefano Bona, con una lettera aperta, esprime la sua opinione sul momento che sta attraversando l’ACC di Borgo Valbelluna.
LA LETTERA
Da oltre un anno ormai, dopo lo sciagurato abbandono della storica fabbrica Acc di Borgo Valbelluna da parte dei cinesi di Wanbao dopo il drammatico licenziamento di oltre un centinaio di lavoratrici e lavoratori siamo impegnati e in lotta per il mantenimento e il rilancio di quello che è rimasto l’ultimo esempio della grande tradizione tecnologica della produzione del compressore domestico in Italia e in Europa. Grazie al lavoro e all’impegno delle organizzazioni sindacali, delle rsu di stabilimento, della regione Veneto, del commissario straordinario, del governo, del ministero dello sviluppo economico e delle lavoratrici e lavoratori la fabbrica è ancora viva, aumenta del 38% i volumi sull’anno precedente, recupera tutti i clienti e ne acquisisce di nuovi, sviluppa nuovi prodotti per il mercato della refrigerazione domestica e fatto di eccezionale importanza sociale assume numeri significativi di lavoratori esperti ma espulsi dal mercato del lavoro come scarti. Tutto questo senza aver mai ricevuto un euro di aiuto esterno!! solo con le nostre forze, intelligenze, capacità, sacrificio e spirito di dedizione. Ora siamo però ad uno snodo cruciale, la commissione Europea sembra orientata a non soccorrere Acc negando l’autorizzazione agli aiuti di stato arrivando a definire trivial products (prodotti banali) i nostri compressori, siamo invece fermamente convinti che l’indipendenza dell’intera refrigerazione europea, uno dei fattori chiave del PIL continentale e della sua competitività, dipende dall’esistenza di un produttore come Acc, non capendo i burocrati europei che dietro prodotti apparentemente banali come il compressore ci sono universi tecnologici e produttivi straordinariamente sofisticati e complessi. Il compressore è banale come il pneumatico, come il freno, come i fanali di un’auto: il compressore è quindi alta tecnologia! Guai a noi tutti se passasse l’idea che Acc fa “roba vecchia” guardiamo all’esempio della ex Embraco, che insieme ad Acc darà vita al nuovo polo del compressore europeo Italcomp, dove si è tentato di sostituire i compressori con i robot per la pulizia dei pannelli fotovoltaici (robotica green: il massimo della modernità!) ed è finita con un clamoroso flop come del resto ad Elettrolux pochi anni fa, chiusa la fabbrica a Firenze di frigoriferi per produrre pannelli fotovoltaici, essa non ha più fatto né frigoriferi né pannelli con la drammatica perdita di 700 posti di lavoro. Acc è ghisa! è old-economy, è manifattura ed è la manifattura classica che sta consentendo all’Italia di difendere il suo Pil il suo ruolo nelle catene internazionali del lavoro, la sua occupazione, la sua tenuta sociale! Ora che il governo ha scelto di fornire la garanzia pubblica (non a caso GARANZIA ITALIA) predisposta dal decreto liquidità ad Acc, sarebbe gravissimo ed inspiegabile per la nostra comunità che per un ragionamento simile a quello dei burocrati europei le banche che sono chiamate a sostenere il progetto si sottraessero con risibili pretesti, come la differenza tra il 100% della garanzia della Prodi-bis e quella del 90% del decreto liquidità. Si porrebbe un serissimo problema istituzionale, in un momento nel quale il Presidente della Repubblica chiede a tutti uno sforzo per l’unità e la salvezza nazionale con l’incarico al prof. Draghi di formare un nuovo esecutivo, le banche disconoscano lo strumento offerto dal governo per il salvataggio di una grande azienda come Acc e per garantire la nascita del polo Italcomp. Siamo ai confini della renitenza se non della diserzione, chi si renderà responsabile del sacrificio di Acc nel nome di poche decine di migliaia di euro di rischio decretando il licenziamento delle sue lavoratrici e dei suoi lavoratori ( sono banali anche le loro storie, le loro vite, le loro famiglie?) ne dovrà rispondere davanti a loro e alla nostra comunità. Chi può ragionevolmente sostenere che in questi tempi di pandemia e di crisi economica così difficili e complicati vi siano comparti come quello bancario che rifiutano di assumere rischi fisiologici a qualunque attività di impresa. Se come menano a più riprese vanto di essere vicine ai territori e alle loro genti, le banche non si ostinino a leggere “burocraticamente” i conti aziendali ma accettino con entusiasmo e fiducia la sfida culturale di far proprio insieme a tutti noi un piano industriale dotato di forza strategica e industriale. Le lavoratrici e i lavoratori di Ac c non lo dimenticheranno in un senso o nell’altro!!