Gentile Direttore,
in relazione alla segnalazione di “un genitore…molto arrabbiato”, inerente alla gestione scolastica dell’emergenza Covid, ritengo opportuno rappresentare quanto segue:
- il Team Scuola-Covid, afferente all’Unità di Crisi del Dipartimento di Prevenzione, composto da 5 professionisti e da una squadra di operatori addetti ai tamponi sul territorio, ha preso in carico dall’inizio della seconda fase epidemica 344 classi. Attualmente sono gestite 91 classi, diffuse su tutto il territorio provinciale e caratterizzate da situazioni spesso articolate e complesse. Le decisioni gestionali vengono adottate dopo confronto con l’Autorità Scolastica, chiamata a contemperare le esigenze di sanità pubblica con le esigenze di continuità didattica;
- pur in questa situazione di grande carico di lavoro e di casistica multiforme, tutti i provvedimenti di sanità pubblica adottati in ambito scolastico fanno rigoroso riferimento al Protocollo dell’Istituto Superiore di Sanità numero 58 del 28/08/2020 “Indicazioni operative per la gestione di casi e focolai di SARS-CoV-2 nelle scuole e nei servizi educativi per l’infanzia”, integrato e modificato dall’Ordinanza del Presidente della Giunta Regionale del Veneto numero 105 del 02/11/2020.
Si respinge pertanto ogni ipotesi di “mancata applicazione di un protocollo sanitario preciso e soprattutto uniforme“. Si respinge inoltre con forza l’accusa di “disorganizzazione”, accusa generica, immotivata e priva di dati verificabili.
Ciò detto, appare opportuno ricordare i principali percorsi decisionali conseguenti all’evidenza di un caso Covid in ambito scolastico:
- se il caso si verifica in una scuola dell’infanzia o in una prima classe di scuola primaria, tutti gli alunni vengono messi in quarantena per un massimo di dieci giorni dall’ultimo contatto della classe con il caso Covid positivo (sia esso insegnante o alunno). Anche gli insegnanti vengono messi in quarantena qualora il caso positivo sia riferito ad un bambino, considerato il fatto che tra bambino e insegnante il contatto si configura quasi sempre come “stretto” (questi bambini non usano la mascherina). Qualora il caso sia riferito ad un insegnante, i colleghi di lavoro proseguono invece l’attività lavorativa, in quanto i contatti fra colleghi non possono essere definiti “stretti“ per l’evidente rispetto delle norme preventive Covid (uso della mascherina, distanziamento, lavaggio delle mani);
- se il caso si verifica dalla seconda primaria “in sù”, incluse medie e superiori, un solo caso di positività Covid di regola non interrompe l’attività didattica della classe. E’ facoltà della scuola, tuttavia, disporre a scopo precauzionale, valutata la situazione, l’attivazione della didattica a distanza, che facilita ovviamente i controlli sanitari su tutti i contatti del caso e la gestione di un eventuale caso secondario.
Nel confermare il massimo impegno mio e dei miei collaboratori per la tutela della salute pubblica in questo difficile momento e la disponibilità a valutare i casi concreti documentati, anche in via riservata, con dati anagrafici identificativi (mail di riferimento [email protected]), porgo cordiali saluti.
Dott. Sandro Cinquetti,
Direttore del Dipartimento di Prevenzione – Azienda ULSS Dolomiti
LA LETTERA, DILLO A RADIO PIU…
RICEVIAMO E VOLENTIERI PUBBLICHIAMO una lettera firmata.
Gentile Direttore,
mi rivolgo a Lei per condividere alcune considerazioni e molti dubbi di genitore, nella gestione “scolastica” dell’emergenza COVID. Ho due figli in età scolastica, uno alle superiori e uno alle medie, e ho, per conoscenza indiretta, nozione di quanto accade alle scuole elementari di Agordo. Ovviamente per privacy non citerò altri dettagli per tutelare me e la mia famiglia oltre che prevenire eventuali tentativi di comprendere l’origine di questo scritto, certo della sua discrezione. Non posso che restare stupito dalla gestione dei controlli, nonché dalla loro incongruenza e disomogeneità, su situazioni dubbie e accertate di positività al COVID in ambiente scolastico. E ne darò un esempio concreto. Mio figlio alle superiori di Agordo circa un mese fa, a causa di un contatto di un suo insegnante con un soggetto COVID positivo, in attesa di verifica, è stato messo in Didattica a distanza; dopo qualche giorno la classe è stata convocata per un tampone rapido e, nonostante le accertate negatività, la stessa è stata tenuta lontana dalla scuola per altri 10 giorni. Nel mentre l’insegnante risultava negativo al COVID. Le attività scolastiche in presenza sono però state riattivate solo dopo un secondo tampone rapido negativo ai ragazzi. Mi è parso un comportamento estremamente protettivo. Ai ragazzi e alle famiglie non sono stati dati comunque consigli per il comportamento a domicilio, come mi sarei aspettato. Pochi giorni dopo l’altro figlio ci fa sapere che un suo insegnante alla Medie è risultato positivo al COVID (che è cosa ben peggiore di avere avuto un contatto). Ci attendevamo un tampone immediato e una messa in quarantena per tutti gli alunni. Niente di tutto ciò, nessuna indicazione per i genitori e di tampone nemmeno l’ombra. I ragazzi continuano ad andare a scuola a tutt’oggi senza sapere se qualcuno di loro sia positivo e quindi potenzialmente infettante. Contemporaneamente una situazione simile si è creata in un’altra classe delle Medie, ma in questa occasione pare che i ragazzi siano stati immediatamente lasciati a casa per qualche giorno e quindi riammessi previo tampone rapido negativo. Giunge voce abbastanza circostanziata di una situazione difficoltosa alle scuole elementari dove vi sono insegnanti e molti alunni positivi. In alcune classi i piccoli sono stati lasciati a casa prontamente; i tamponi invece sono stati eseguiti con grande ritardo e la relativa risposta non è stata immediata. In altre più recentemente ancora una volta i tamponi rapidi pare siano stati eseguiti con un ritardo di quasi una settimana, essendo comunque i bambini a casa in via cautelativa, ma la risposta non è prevista prima di 2 o 3 giorni. Nessuna indicazione precauzionale pare sia stata data ai genitori. Peccato che, in attesa dell’esecuzione o della risposta ai primi tamponi (risultati poi positivi), molti bambini sarebbero stati liberi di divenire fonte di possibile contagio in famiglia, per i fratellini o fuori di casa, senza isolamento, rendendo quindi il contagio potenzialmente diffusivo. Per concludere, pur comprendendo che non sia facile gestire situazioni di tale emergenza, mi pare di notare un’assoluta disorganizzazione in assenza o in mancata applicazione di un protocollo sanitario preciso e soprattutto uniforme nelle diverse scuole. A farne le conseguenze i focolai familiari attuali e che verranno? Mi chiedo: esiste un protocollo certo dalle autorità sanitarie o tutto è stato delegato all’arguzie dei dirigenti? Dovrebbe essere chiaro chi va tamponato e in quanto tempo, cosa fare nell’attesa, chi deve restare a casa, anche se non positivo, e quando si può rientrare, ma se esiste una regola certo questa non ha un riscontro pratico! Cosa ce ne facciamo del diritto allo studio tanto “sbandierato” (forse anche un po’ per comodo), se poi i nostri poveri figli diventano essi stessi involontariamente degli untori? Perché almeno il tanto decantato tampone rapido non viene eseguito con immediatezza, visto che il tampone molecolare è un miraggio? Visto che evidentemente le scuole si stanno dimostrando la vera fonte di contagio diffuso e subdolo non è il caso di chiuderle “punto e basta”?
Un genitore… molto arrabbiato
AL GENITORE ARRABBIATO RISPONDE IL DIRIGENTE SCOLASTICO
Sento il dovere di rispondere anch’io, come Dirigente Scolastico dell’IC Agordo al “genitore arrabbiato”… Ringrazio prima di tutto il dottor Cinquetti per la chiara risposta e tutto il team scuola dell’AULSS1 Dolomiti, per il prezioso supporto h24 che sta offrendo alle scuole in un momento così difficile. Ringrazio poi le famiglie che con senso di responsabilità stanno collaborando, per il bene comune. Chiedo invece di mettere da parte analisi superficiali, assicurando che alle famiglie sono messe a disposizione le informazioni che riguardano le classi dei figli, in modo adeguato alla situazione e non eccedente allo scopo. Se un insegnante positivo non ha incontrato una certa classe dopo una precisa data individuata secondo il protocollo, non ha senso mettere in allarme e indurre a intasare di richieste di tamponi i drive-in (provocando poi anche un rallentamento a catena dei laboratori, in caso di tamponi molecolari). In questo senso un caso apparentemente simile può essere in realtà completamente diverso, non per capriccio del dirigente, ma per una precisa valutazione. In tutti i casi poi sono state fornite ai genitori le indicazioni, valide anche per i comportamenti al di fuori della scuola…