di Renato Bona
Probabilmente per un errore di stampa la frazione o località Nempor di Rivamonte Agordino non compare nell’elenco delle trentotto indicate nell’introduzione del libro “Una finestra su Riva”, realizzato con la tipografia Castaldi di Agordo nell’ottobre 2013 ad iniziativa del Club Unesco Agordino presieduto da Giuliano Laveder, iniziativa che ha goduto del patrocinio di Ficlu, la Federazione italiana Club e Centri Unesco che è membro della Federazione mondiale. E’ tuttavia ben presente con alcune immagini nel pregevole lavoro che secondo quanti lo hanno pensato e realizzato con numerose, preziose collaborazioni, “dovrebbe essere uno stimolo per andare a riscoprire alcuni di questi angoli con occhi curiosi e vedere Rivamonte sotto una luce nuova”. Detto che la duplice presentazione è stata opera del giornalista Sergio Tazzer e di Marialuisa Stringa, presidente emerito della federazione italiana e componente dell’esecutivo di quella mondiale dei Club e Centri Unesco, e reso onore ad Emilia Sommariva, protagonista del coordinamento didascalico delle numerose, tutte splendide fotografie, partiamo proprio da Nempor per un’altra tappa del “viaggio” alla scoperta delle frazioni e delle località di Rivamonte Agordino. La prima fotografia proposta è di un adulto ed un ragazzino, con la semplice dicitura: “Foto inizio ‘900”; la seconda è di “Bambini in una foto dei primi anni del ‘900”. Un dato statistico: “Nel 1907 a Rivamonte si registrarono 13 matrimoni, 74 nascite e 30 decessi. La popolazione totale era di 2.254 persone”. Ed ecco un gruppetto: immagine del 1957, sotto il quale si legge: “Prima fila da sinistra: Maria Renon, Gianluigi Gnech, Luigi Fadigà e Augusto Gnech; seconda fila: Giovanni Gnech, Giacomo Gnech (Méto Fèri, che abitava in Francia) con la moglie Yvonne, Jann Laveder con la moglie Fernanda, Maria Gnech, Antonietta Gnech (Bèpo Gambacurta).ed Emilio Gnech”. Stesso anno, davanti alla casa di Bèpo Gambacurta, da sinistra: Jolanda Schena (Gócio) e Caterina Fossen (Tachi), alla finestra si intravede Andrea Gnech (Bèpo). Ancora persone: 1925, da sinistra: Andrea Gnech, Giovanni Battista Gnech e il nonno Clemente Gnech (Mincòi). 1977: Andrea Gnech. E siamo approdati a Rosson che, quanto a presenza in immagini, fa davvero la parte del leone: si parte dalla panoramica degli anni ’50 che ci mostra “Momento di vita quotidiana: donne impegnate copl bucato al lavatoio e sulla sinistra l’officina meccanica di Mario Gnech. Tra le donne in basso si riconoscono Emilia (Baldi) e la figlia”. Rosson anni ’50: “I fratelli Tòti: da sinistra Dino, Rosa, Guerrino e Sergio Gnech”. Foto panoramica con “Sullo sfondo il gruppo del San Sebastiano, anni ’60 tra Canòp e Rosson dove abitavano Maria Teresa Schena e Guerrino Gnech c’era la località Fadigà, il toponimo viene documentato già nel periodo del regno lombardo-veneto. Di seguito: i “Coscritti del 1928 davanti al ‘Circolo di Rosson’, prima fila da sinistra con Giacomo Fossen (Nini), Italo Gnech (Tonéti), Giuseppe Xaiz, Gino Gnech (Bòtol), Ettore Schena, in seconda fila: Giuseppe Gnech (Bèpi Pelito), Dante Rosson (Barba Bèl), (…), (…), Pietro Fossen (Rosina), Luigi Zanin (Macagiòli) e Carlo Fossen; dietro, il portabandiera Giuseppe Zasso. Per la cronaca: il Cral è stato gestito da Martino Gnech e dalla moglie Maria Gianna e a seguire da Caterina Benvenuta Fadigà (Pòpa Tito). Sopra il Cral era stata costruita una piattaforma dove la gente si ritrovava a ballare”. Per gli anni ’40 ecco “Casa delle Biéle, da sinistra Evelina, Elia e Marcella Pasquali (nipoti delle Biéle). Dieci anni dopo: “Si scia. Da sinistra Antonietta Rosson (del Nico) e Maria Gnech (del Clemente). Un salto indietro nel tempo ed ecco la foto “Primi anni ‘900” con la “Balia da latte Costanza Pasquali (nonna di Pietro Conedera). Siamo sempre a Rosson, metà anni ’50: “Sono arrivate le giostre! In basso: Antonio Gnech (Spaca) e Maria Teresa Mottes. Cronaca: in occasione della festa di S. Antonio del 13 giugno la frazione di Rosson veniva animata dal parco giochi, solo in un secondo momento le giostre cambiarono la loro sede e vennero trasferite in località Chiesa. Nel 1931 fece la sua comparsa a Rivamonte la prima giostra del signor Oscar Magnenat, questa attrazione fu posizionata sul piazzale della chiesa”. Di nuovo anni ’50 con il “Bar Posta, da Stesso periodo, stesso locale: “Felice Gnech (dalla Posta) con la moglie Luigia Angoletta sinistra:Maria Angoletta (Macagiòli) e i fratelli Andrea e Dolce Da Ronch il bar è stato gestito da Rosa e Sesto Soppelsa sino al 2003 per 27 anni”. Cronaca: “Il nome della località deve le sue origini proprio al fatto che in questo edificio si trovava l’ufficio postale: a sinistra si entrava nell’osteria mentre a destra nell’ufficio postale. Precedentemente l’ufficio si trovava a Villagrande di fronte all’attuale panificio; nel 1927 fu fatta richiesta di trasferimento della sede”. Siamo giunti a Val del Prèe, anni ’40: “figlie di Felice Gnech (dalla Posta), da sinistra: Giacomina, Ines, Caterina (Ina) e Ginetta Gnech”. Anno 1954: da sinistra: Giuliano ed Ermanno Laveder. Anni 40: “Angelo Gnech (Carèl) sugli sci”. Anni ’50:Quando il cinema Zamperla arrivava a Rivamonte… Caterina (Ina) Gnech”. Stessi anni: “Da sinistra: Martino Gnech (Tòti) con i figli Rosa e Sergio”. Giunti a Biòt, osserviamo la foto, anni ’40 di cui si spiega: “Da sinistra, sullo slittino Giacomo Rosson (Méto), Maria Rosson, Caterina Rosson (Tina dei Casenóve), in piedi Cesare Rosson e Gianni Rosson (Nico), dietro, da sinistra: Elsa Rosson, il bambino Giovanni Del Tin e Angela Rosson (Tata Picola). La cronaca: “nel 1934 nove famiglie dell’area dei Biòt, parfte alta di Rosson. Chiedono al Comune la concessione per la costruzione di una fontana ‘un po’ più comoda, stante la cattiva strada che l’inverno si presenta’, gli abitanti si rendono disponibili a costruire gratuitamente la fontana, se il Comune fornirà il materiale”. E’ il momento dell’immagine sui costumi tipici di Rivamonte negli anni ’50 per la quale c’è questa dicitura: “Sulla destra Caterina Rosson (Tina dei Casenóve, detta anche Tata) net nel 1888 e morta nel 1968) con le tre nipoti. Tina ha portato i tradizionali costumi locali sino alla fine della sua vita, grazie a lei si sono conservati molti dei costumi che hanno permesso al gruppo dio Rivamonte di ottenere dei riconoscimenti in occasione di alcune manifestazioni folcloristiche tenutesi ad Agordo a metà degli anni ‘70”. Seguono due gruppetti familiari, rispettivamente degli anni ’40 e ‘690. Sotto il primo si legge: “Famiglia Nello Del T con la moglie Angela e i figli Mario e Gianni; cronaca: in questi anni gli abitanti di Rosson erano 176 suddivisi in 46 famiglie”. Del secondo è scritto: “Riva dei Biòt anni ’60, da sinistra Silvano e Renata Laveder con lo zio Pasquale Laveder”. Ancora gli anni ’60 ecco la foto-ricordo “davanti al bar Posta da sinistra; Ines e Caterina (Ina) Gnech e dietro la madre Luigia Angoletta.Tornando indietro nel tempo: Rosson, anni ’30: si riconoscono; Angela Rosson (madre di Mario Del Tin) e Luigia Pasquali (Giséta), madre di don Giuseppe Pedandola. Per i primi anni ’40 il ricordo è rappresentato dal gruppo di gentili signore, da sinistra: Bettina Laveder (Pòlda), Mari Rosson, Teresa Pedandola (sorella di Arturina), Maria, (…) e Caterina Gnech (Lugài) da Postran. Di nuovo davanti al bar Posta, stavolta coi coscritti del ’41: da sinistra il vicesindaco (Nuto),Valentino Laveder, Carlo Schena, Renato Gnech (Gal), Giovanni De Bernard, Antonio Rosson (Tòni Municipio). Concludiamo con le ultime tre immagini: quella del 1966, osteria “Al Colombo” con dicitura: “da sinistra Maria Luisa Fossen, Giovanni Mottes (Gianéti) e Angelo Mottes (Baga). Cronaca: l’Osteria è stata chiusa nel 1974. Segue la foto dell’anno 1926 che ci mostra la piccola Pia Gnech; ultima quella di Rosson anni ’50 per la quale è scritto: “Fontana davanti al bar Posta di cui ormai resta solo il ricordo”. Cronaca: “Spesso per la riparazione delle strade comunali e vicinali veniva ordinato un ‘piodego’, in tali occasioni nessuna famiglia poteva esentarsi e in mancanza di uomini anche le donne venivano accettate. Nel 1934 l’importo da pagare al Comune per chi non partecipava era stato fissato a lire 8”.