di RENATO BONA
Praticamente un reperto, prezioso, il libro “Alleghe. Storia di una comunità” che l’agordino prof. don Ferdinando Tamis ha dato alle stampe nel gennaio del 1974, vale a dire 48 anni fa, con la bellunese litotipografia Piave (che nei mesi scorsi ha purtroppo cessato l’attività). L’opera, puntualizzava l’autore, era stata finanziata con il ricavato del libro “La Cattedrale di Belluno”. Nella copertina è riprodotta un’immagine di Alleghe, opera di Luciano Piani; le fotografie sono dell’alleghese Gianfranco Riva, gli zinchi della trentina Tridentum. Dopo la presentazione, curata dal lamonese prof. Bortolo Mastel. il libro si articola in tre capitoli: La Cappella, La chiesa, L’Azione pastorale. Mastel esordisce scrivendo che “Questo vivo libro di Alleghe è un altro contributo del sacerdote prof. Ferdinando Tamis alla conoscenza scientifica della vita delle popolazioni alpine, attraverso i tempi”, quel Tamis, cultore di storia, di diritto e scrittore insigne che “riservato e modesto, rimanendo ai margini, per la sua esemplarità di sacerdote e studioso, è figura caratteristica, nota e stimata” che “camminò con i tempie portò alla luce, all’ammirazione la vita, le istituzioni comunitarie e democratiche, le tradizioni, i modi ed i comportamenti degli uomini di ieri, che possono offrire ai giovani, con i quali è sempre largo di aiuti, una possibilità di ricerca, un messaggio sicuro di esempio valido, una chiave che apre finestre di sole su questo nostro mondo”. Detto dell’autore, chi ne ha firmato la presentazione scrive anche che: “Alleghe” è “un libro di vita comunitaria, sostanziata di idee, di originale cultura e di rapporti; un paradigma pensoso e visivo, uno scorrere semplice e sano di un’affluenza di uomini miranti il terreno e il divino, ma articolato ininterrottamente nell’arco di circa dieci secoli”. Rammenta quindi che “Era l’anno 720 e già o diaconi stazionari salivano periodicamente a san Simon, per incontrare, benedire e celebrare le sacre funzioni con le genti di Alleghe e Rocca. Poi le chiese-cappelle vedono il potere degli imperatori, la potestà dei vescovi-conti, il sorgere dell’arcidiaconato, della parrocchia attuale. Passano gli Ottoni, i Berengari, i Prìncipi, i Signori, l’Austria, la Serenissima, Napoleone e la fede resta fruttuosa nelle popolazioni, unico vincolo di unione, di conservazione delle proprie tradizioni, cultura ed autenticità… Ne risulta un “codice diplomatico scientifico e glossato che, sorprendentemente riscopre e riporta anche importanti aspetti, questioni e scritture di tipografia, di filologia romanza, di linguistica, allo stato nativo”. Viene posto come modello perspicuo ed opportuno, l’Agordino, nel tempo, ma la scelta poteva essere Belluno, come Padova o Roma”. In questo servizio, grazie a Tamis possiamo proporre una interessante notizia, traendo dal capitolo che egli ha dedicato alla Cappella, dove ricorda fra l’altro che “la prima chiesa dell’Alto Agordino fu quella di san Simone del Celentone, che le cronache fanno risalire al 720 dopo Cristo: nei primi tempi servì agli abitanti dell’alto e medio Cordevole: quelli di Alleghe raggiungevano la località attraverso la Forcella di San Tommaso e quelli di Rocca Pietore attraverso la Forcella Pianezza”. E quindi, citando dalla cronaca del “Celentone”, rammenta che il vescovo Abdonio fece una visita con l’intenzione di andare solo in Agordo ma nel ritorno da Rocca Pietore visitò anche la chiesa di S. Simone e Giuda apostoli e stabilì che “tutti quelli abitanti dovessero esser soggetti alla detta Chiesa, anche quelli della Rocca di Pietore, della Val di Garés e di Alleghe e diede ordine al Diacono di Agordo che dovesse mandarvi un Cappellano per tutti i giorni festivi”. Vi si diceva ancora che “Il vescovo di Belluno non aveva alcun potere sopra questi popoli, perché erano soggetti agli imperiali, ma dopo alcuni anni essi diventarono suoi fedeli sudditi: e in realtà l’Agordino era sottomesso all’imperatore Berengario primo che, nel 923 ne faceva donazione al vescovo Aimone o Almone, il quale diede principio al vero potere temporale del Vescovato di Belluno, che la cronaca del ‘Celentone’ attribuisce invece ad Abdonio”
NELLE FOTO (riproduzioni dal libro “Alleghe. Storia di una comunità”): la copertina del prezioso volume; l’autore della pubblicazione, prof. don Ferdinando Tamis; il sacerdote agordino disegnato da Dunio; il prete, docente e storico; il pittore Luciano Piani: sua l’opera riprodotta in copertina; lo storico lamonese Bortolo Mastel che ha curato la presentazione del libro di Tamis; Alleghe e il suo lago; la chiesa e il campanile verso la piazza.