di RENATO BONA
Siamo sinceramente grati ad Alberto Broglio, Carlo Mondini ed Aldo Villabruna per aver squarciato il velo della nostra personale ignoranza (ma crediamo di essere in buona compagnia…) avendo proposto il capitolo “I più antichi abitatori del Bellunese: il paleolitico medio” del libro-catalogo “Immagini dal tempo. 40.000 anni di storia nella Provincia di Belluno” che il Comune capoluogo ha realizzato nel luglio 1992 presso Grafiche Antiga di Cornuda, in occasione della mostra sullo stesso tema che – lo ricordava il sindaco dell’epoca, Gianclaudio Bressa – era stata promossa con la collaborazione degli studiosi della Soprintendenza ai Beni archeologici del Veneto e dell’Università di Ferrara con gli esperti intenditori degli “Amici del Museo” di Belluno – per presentare, illustrare ed interpretare i luoghi in cui l’uomo è vissuto, gli oggetti che ha creato, le esperienze di attività, di lavoro, di rapporti sociali, di credenze che, dal passato più remoto, hanno preparato il mondo di oggi. I tre autori esordiscono così: “Le ricerche condotte nei lembi di territorio che non erano stati ricoperti dai ghiacci attorno a 20.000-18.000 anni fa, cioè nelle zone di media altitudine montana, hanno portato a scoperte di estremo interesse” e quindi ricordano che: “La sommità pianeggiante di Monte Avena, situata ad una quota di 1454 metri, anche nei momenti di massimo sviluppo glaciale (II Pleniglaciale wü rniano) restava come un’isola al di fuori delle masse glaciali che l’attanagliavano fino a quota tra 1.100-900 metri): il ghiacciaio del Cismon a nord e a ovest e il ghiacciaio del Piave nella sua parte meridionale”. E precisano: “L’Uomo raggiunse più volte nel corso della preistoria la sommità del monte Avena, abbandonandovi i propri strumenti in pietra, riportati alla luce in questi ultimi anni per mezzo di attente ricerche di superficie (Mondini-Villabruna) e in seguito con l’ausilio di scientifiche ed articolate campagne archeologiche di scavo (Broglio-Lanzinger). I manufatti più antichi della Provincia di Belluno provengono dai livelli più profondi dello scavo archeologico eseguito presso il Campon di Monte Avena, ad una quota di 1.430 metri. Quattro campagne di scavo effettuate negli anni 1984-87 in collaborazione tra l’Istituto di geologia dell’Università di Ferrara, il Museo civico di Belluno e l’Associazione Amici del Museo di Belluno con l’appoggio della Soprintendenza archeologica del Veneto ed il finanziamento della Cassa di Risparmio di Verona, Vicenza e Belluno, hanno permesso di riconoscere sul Campon vari episodi di frequentazione umana”. Di seguito illustrano lo scavo, realizzato alla testata di una vallecola “dove erano stati reperiti, in superficie, alcuni manufatti di tipologia paleolitica. La ricerca venne estesa su una superficie di 72 metri tra l’asse della vallecola ed una paretina rocciosa composta da calcare marnoso della “scaglia rossa” contenente noduli di selce. Nell’occasione si sono accertati quattro momenti diversi di frequentazione umana nell’arco temporale di circa 50.000 anni. Viene quindi precisato che: “Un primo gruppo di manufatti, trovati nella parte più profonda del deposito va riferito al Paleolitico medio: si tratta di pochi pezzi, preziosi comunque per documentare la presenza dell’uomo di tale età. I manufatti presentano infatti “le caratteristiche Müsteriano, complesso che si sviluppa durante la fase iniziale della glaciazione di würm, il I Pleniglaciale e l’Interpleniglaciale, fino a circa 40.000 anni fa…”. La conclusione del capitolo. Il ritrovamento di Monte Avena è uno dei più elevati del Paleolitico medio noti nella regione alpina. Altri ritrovamenti analoghi sono stati fatti sul Monte Baldo, alle Viotte del Bondone, sui monte Lessini e sull’Altopiano di Asiago. E’ probabile che la frequentazione di questi siti sia stata determinata dalla necessità di cacciare leprede; sul Monte Avena è tuttavia ben documentata anche l’attività di lavorazione della selce locale”.
NELLE FOTO (riproduzioni dal libro”Immagini dal tempo”): sullo sfondo, il Monte Avena: anche durante i momenti di massimo sviluppo glaciale, la sommità fuoriusciva dalle masse glaciali, conservando intatte le tracce delle antiche genti preistoriche che l’avevano frequentato; ricostruzione grafica del Monte Avena durante il Pleniglaciale würmiano; ancora l’Avena: fu interessato in periodo preistorico da episodi di frequentazione umana; la sommità del Monte dove sono stati rinvenuti numerosi manufatti litici attribuibili a diverse culture preistoriche; Campon di Monte Avena, area degli scavi; manufatti attribuibili al Paleolitico medio; particolare di un settore dell’officina litica dell’Avena; altri momenti della campagna di scavi; schegge riconnesse.